Niente IMU su rigassificatori e piattaforme petrolifere, il nuovo regalo alle lobby fossili

Niente Imu per rigassificatori e piattaforme petrolifere. O meglio, Imu ridotta drasticamente. E' quanto prevede il controverso emendamento al ddl Bilancio 2018, approvato nel cuore della notte, che mette ancora una volta l'interesse di pochi contro quello dei cittadini.

Niente Imu per rigassificatori e piattaforme petrolifere. O meglio, Imu ridotta drasticamente. È quanto prevede il controverso emendamento al ddl Bilancio 2018, approvato nel cuore della notte, che mette ancora una volta l’interesse di pochi contro quello dei cittadini.

Mentre si continuano a tassare gli appartamenti, viene di fatto largamente limitata l’imposizione tributaria alle lobby fossili. Così recita l’art. 63 comma 4:

“(…) per i manufatti ubicati nel mare territoriale destinati all’esercizio dell’attività di rigassificazione del gas (…) aventi autonomia funzionale e reddituale che non dipende dallo sfruttamento del sottofondo marino, rientra nella nozione di fabbricato assoggettabile ad imposizione la sola porzione del manufatto destinata ad uso abitativo e di servizi civili”.

In pratica, l’Imu viene limitata alla parte di abitazione o di fabbricato per chi lavora sopra alle piattaforme.

Dura la reazione di Legambiente, che parla di ennesimo regalo alle compagnie petrolifere, a partire da Eni e Edison. E ricorda anche che la nuova norma si somma ai vantaggi fiscali di cui già beneficiano piattaforme di petrolio e gas e i sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili, stimati dallo stesso Ministero dell’Ambiente in oltre 11 miliardi all’anno.

“Si tratta di esoneri dall’accisa, sconti, finanziamenti per opere ecc, che le lobby del petrolio già prendono e che sono stati confermati anche nella legge di stabilità. Tutto ciò – dichiara Edoardo Zanchini, Vicepresidente di Legambiente – è davvero assurdo. Per questo chiediamo al Presidente del consiglio Paolo Gentiloni e al Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda di fermare questo emendamento e di dare continuità a quanto previsto dalla Sen, puntando su innovazione energetica e incentivando il settore delle rinnovabili che rappresenta la giusta strada da percorrere anche per salvare il clima”.

Legambiente ricorda che oggi in Italia per estrarre petrolio e gas le aziende pagano solo il 10% di royalties per le trivellazioni su terra ferma e il 7% per quelle marine. Royalties troppo basse che le imprese pagano alle Regioni, se paragonate con quelle di altri Paesi europei, e che oltretutto possono dedurre dalle tasse che pagano allo Stato. Per questo il Cigno Verde, tra le proposte per una finanziaria green, ha chiesto che a partire dal 1° gennaio 2018 le royalties per le estrazioni di petrolio e gas siano pari al 20%, sia a terra che in mare, e che siano abrogate le esenzioni sotto soglia. A partire dalla stessa data sia, inoltre, cancellata per le imprese la deducibilità delle royalties versate alle Regioni.

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“Se vogliamo fermare i cambiamenti climatici – conclude Zanchini – è fondamentale cancellare tutti i sussidi, diretti e indiretti, alle fonti fossili, accelerare il processo di decarbonizzazione delle economie e spostare le risorse verso l’innovazione ambientale e l’efficienza energetica con vantaggi per i cittadini, le imprese oltre che per l’ambiente”.

Per ora però dovremo ingoiare l’ennesimo taglio indiretto per le entrate degli enti locali. Soldi che non entrano, che fanno male all’ambiente e alle tasche pubbliche.

Roberta Ragni

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