Sversamento da 10 mila litri di petrolio nell’oceano, il disastro ambientale australiano nascosto da tutti

Per due mesi da un pozzo offshore in Australia è fuoriuscito petrolio in maniera continua ed è finito dritto nell’oceano senza che nessuno si curasse di quei 10 mila litri e, soprattutto, di quel pozzo di cui mai si è reso noto nulla.

Per due mesi da un pozzo offshore in Australia è fuoriuscito petrolio in maniera continua ed è finito dritto nell’oceano senza che nessuno si curasse di quei 10 mila litri e, soprattutto, di quel pozzo di cui mai si è reso noto nulla.

UN SEGRETO NASCOSTO PER MESI. Sono, secondo le stime, 10.500 i litri di petrolio finiti nell’oceano. Il dettaglio più inquietante è che soltanto in un report annuale sulle performance offshore della National Offshore Petroleum Safety and Environmental Management Authority si parla di questo incidente. Ma si forniscono informazioni davvero minime, niente che si potesse identificare durante una visita ispettiva di routine. Ciò che riportiamo è frutto di un’inchiesta del Guardian.

L’AMMISSIONE DI COLPA. Dopo l’inchiesta, Nopsema ha ammesso che il problema è durato 2 mesi e che ogni giorno erano circa 175 i litri di petrolio che si riversavano inesorabilmente in acqua. Mentre la piattaforma era in manutenzione nessuno ha evidenziato la fuoriuscita di petrolio, scoperta soltanto in seguito.

I DETTAGLI DEL DISASTRO AMBIENTALE

Un portavoce di Nopsema ha dichiarato che il problema è dovuto ad un sigillo deterioratosi, ma le indagini hanno dimostrato che l’opratore aveva già ricevuto l’ordine di verificare lo stato dei sigilli prima di disconnettere la piattaforma.

LEGGI anche:

A Nopsema è stato anche chiesto di rivelare il punto esatto della fuoriuscita e di dichiarare di chi fosse la colpa, ma si è rifiutata, dichiarando soltanto che la zona era quella della North West Shelf.

SVERSAMENTO DI PETROLIO IN AUSTRALIA, LA POSIZIONE DEGLI ESPERTI

Gli esperti del settore oil safety come Andrew Hopkins sono chiari su questo atteggiamento: “Dovrebbero riferire il nome delle aziende coinvolte perché l’approccio ‘naming and shaming’, cioè il nominare i responsabili, fa sì che siamo meno inclini a tenere atteggiamenti simili in futuro”.

Da Greenpeace Australia Pacific concordano: “Gli australiani, specialmente quelli che contano sull’oceano per vivere dovrebbero essere molto preoccupati dal fatto che i report abbiano minimizzato un disastro del genere per almeno un anno. E non esiste giustificazione al fatto che si tenga ancora segreto il nome del luogo esatto dello sversamento o delle società responsabili. Qualsiasi riversamento è inaccettabili, ma l’industria Usa del petrolio ne ha causati 3 da 8 mila litri nel 2016 anche se produce 30 volte il petrolio che si produce in Australia”.

Da parte sua, Nopsema sottolinea che non ci sono stati incidenti nel 2016 e che la percentuale è comunque calata. Tutto questo contraddicendo il report già citato in cui invece si afferma che gli incidenti sono saliti del 28% rispetto all’anno precedente, nonostante le attività del comparto invece siano diminuite del 40%.

Anna Tita Gallo

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook