Omicidio Caceres: a richio anche l’ambientalista Gustavo Castro Soto

A una settimana dal brutale omicidio di Berta Caceres, che ha causato un’ondata di indignazione in tutto il mondo, le indagini ufficiali sembrano concentrarsi solo sulla cerchia di collaboratori e amici dell’attivista, mentre all’unico testimone, rimasto ferito nell’agguato, viene impedito di lasciare l'Honduras. Una situazione che ha spinto i quattro figli della donna assassinata a chiedere una commissione di inchiesta internazionale e imparziale.

A una settimana dal brutale omicidio di Berta Caceres, che ha causato un’ondata di indignazione in tutto il mondo, le indagini ufficiali sembrano concentrarsi solo sulla cerchia di collaboratori e amici dell’attivista, mentre all’unico testimone, rimasto ferito nell’agguato, viene impedito di lasciare l’Honduras. Una situazione che ha spinto i quattro figli della donna assassinata a chiedere una commissione di inchiesta internazionale e imparziale.

Caceres è stata uccisa con quattro colpi d’arma da fuoco tra il 2 e il 3 marzo scorsi, nella sua casa di La Esperanza. La notte dell’omicidio era ospite nella sua casa Gustavo Castro Soto, un attivista messicano e fondatore dell’organizzazione Otros Mundos Chiapas, con cui il COPINH, l’organizzazione fondata da Caceres negli anni Novanta, aveva stabilito da anni una solida partnership. Castro Soto era in Honduras per partecipare ad un convegno sulle energie alternative, a cui era stato invitato proprio dal COPINH.

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Durante l’aggressione che è costata la vita all’attivista honduregna, Castro Soto è stato raggiunto da due colpi di arma da fuoco ad una mano e ad un orecchio, ma è riuscito a salvarsi fingendosi morto.

Nelle ore seguenti, è stato più volte interrogato dalla polizia e, almeno inizialmente, secondo quanto riferito da membri del COPINH, non ha potuto né ricevere cure mediche, né cambiarsi gli abiti insanguinati, né tantomeno dormire, ricevendo un trattamento non solo inumano, visto che si sta parlando della vittima di un’aggressione a mano armata, ma anche contrario ai più basilari principi di diritto.

E, nonostante sia già stato interrogato per tre giorni e non sia in alcun modo indagato, non può lasciare l’Honduras: domenica 6 marzo è stato infatti bloccato dalle autorità honduregne presso l’aeroporto di Tegucicalpa, mentre stava per imbarcarsi su un volo per il Messico, e da quel momento ha trovato protezione presso l’Ambasciata del suo Paese. La Commissione interamericana per i diritti umani ha invitato il Governo honduregno a garantire la sua sicurezza, esprimendo preoccupazione per la situazione.

In un memoriale pubblico, Castro Soto ha dichiarato che la scena del crimine è stata modificata nei momenti immediatamente successivi all’aggressione e che, nel corso dei suoi interrogatori in Procura, gli unici volti che gli sono stati mostrati per il riconoscimento degli assassini di Berta Caceres erano quelli di membri del COPINH o di altri partecipanti alle manifestazioni organizzate dalle comunità indigene.

Nel frattempo, la Procura ha interrogato tutte le persone che hanno avuto contatti con Caceres nei giorni immediatamente precedenti l’omicidio e ha fermato un militante del COPINH, che al momento risulta essere l’unico indagato.

berta caceres funerale 01

Per questo, dopo il funerale dell’attivista, che si è tenuto lo scorso 5 marzo e che ha visto una grandissima partecipazione popolare, i suoi quattro figli – Olivia, Berta, Laura e Salvador – hanno manifestato il timore che si voglia distorcere la verità, cercando di far passare un crimine politico per qualcosa di diverso, e hanno sollecitato il Governo affinché l’inchiesta giudiziaria venga portata avanti da una commissione internazionale imparziale.

“Non si può distorcere la verità sul crimine che ha posto fine alla vita di nostra madre.” – si dice nel comunicato letto dalla figlia maggiore di Caceres, Olivia – “Sappiamo con certezza infallibile che le ragioni del suo vile omicidio sono da ricollegare alla sua resistenza e alla sua lotta contro lo sfruttamento dei beni comuni della natura e in difesa del popolo Lenca.”

I figli hanno anche promesso si faranno carico dell’eredità dell’attivista e che continueranno a lottare contro i megaprogetti idroelettrici e contro le attività estrattive nei territori indigeni.

E due giorni fa, nel giorno della Festa della donna, numerosi indigeni e attivisti hanno marciato insieme a Tegucicalpa per ricordare Berta Caceres e la sua lotta coraggiosa: a riprova che le persone possono anche morire, ma nulla può spegnere le loro idee.

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