Cop 21: taglio emissioni settore energetico del 60% per la Cina. Ma non basta

Proseguono i lavoro a Le Bourget, il quartier generale della conferenza Onu sui cambiamenti climatici. Al momento tutti gli occhi sono puntati sulla Cina che ieri alla Cop21 ha fatto una storica promessa: il taglio delle emissioni di gas serra provenienti del settore energetico del 60% entro il 2020

Cop21: la Cina taglierà le emissioni. L’obiettivo è più vicino?

Proseguono i lavoro a Le Bourget, il quartier generale della conferenza Onu sui cambiamenti climatici. Al momento tutti gli occhi sono puntati sulla Cina che ieri alla Cop21 ha fatto una storica promessa: il taglio delle emissioni di gas serra provenienti del settore energetico del 60% entro il 2020.

Un passo non da poco, forse dettato più dalle conseguenze economiche che lo smog sta producendo in Cina e che si ripercuotono sulla salute della popolazione. Mentre a Parigi si discuteva del futuro del clima, una spessa nube di smog avvolgeva (ma non è una novità!) la città di Pechino. Quasi a ricordare quanto sia importante, per la Cina, correre ai ripari.

La capitale, proprio questa settimana, ha dovuto fare i conti con livelli di inquinamento da record, innescando un allarme “arancione”, il secondo livello più alto. Le autorità cittadine hanno disposto blocchi del traffico e la sospensione di alcune attività industriali, invitando anche i residenti a rimanere a casa.

Tagliando del 60% le emissioni del settore energetico, il paese eviterà di immettere nell’atmosfera 180 milioni di tonnellate di gas serra. Ridurre l’uso del carbone e promuovere forme di energia più pulita è ciò su cui la Cina vuole puntare per ridurre i gas serra. E il paese rincara anche la dose. Il Delegato della Cina presente a Parigi, Su Wei, ha notato con preoccupazione una mancanza di impegno da parte dei paesi più ricchi a fare profondi tagli delle emissioni di gas serra e aiutare i paesi in via di sviluppo con nuovi finanziamenti.

legambiente clima

Un nuovo studio appena reso noto da Oxfam ha inoltre contribuito a sfatare il mito secondo cui i principali responsabili dei cambiamenti climatici siano i paesi emergenti. Secondo la ricerca, il 10% della popolazione più ricca del pianeta è responsabile del 50% delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera. Dall’altra parte, la metà più povera della popolazione mondiale – circa 3,5 miliardi di persone – produce appena il 10% delle emissioni, senza contare che deve fare anche i conti con una maggiore frequenza di eventi meteo estremi come alluvioni, siccità e altri fenomeni legati agli effetti dei cambiamenti climatici.

Per approfondire: CAMBIAMENTI CLIMATICI: LA MAPPA DELLE ZONE PIÙ COLPITE E SURRISCALDATE DEL MONDO

Pur non negando che vi sia un crescente aumento del livello delle emissioni nei paesi emergenti, ciò è in gran parte attribuibile alla produzione di beni consumati in altri paesi.

“I cambiamenti climatici e la disuguaglianza economica sono indissolubilmente legati tra loro, e insieme rappresentano una delle maggiori sfide del 21° secolo – spiega Elisa Bacciotti, direttrice del dipartimento Campagne di Oxfam Italia. – Parigi deve essere il punto di partenza per costruire un’economia più inclusiva e giusta, che tenga in considerazione non solo la parte più ricca della popolazione mondiale – responsabile della maggior parte delle emissioni in atmosfera – ma anche i 3,5 miliardi più poveri che, pur avendo minori responsabilità, sono i più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici”.

Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha posto l’accento sul ruolo che l’Africa avrà durante la Cop21, per il raggiungimento di un accordo globale sul clima.

“L’Africa è particolarmente vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici”, ha detto Ban Ki-moon. “La maggior parte della sua economia dipende da una base di risorse naturali clima-sensibili, tra cui l’agricoltura di sussistenza. I disagi per il cibo o la fornitura di acqua rappresentano un grave rischio non solo per le vostre economie, ma anche per la stabilità politica, in particolare negli Stati fragili.”

La giornata di martedì invece è stata dominata dal problema della deforestazione, con ministri, imprese e organizzazioni non governative che hanno presentato i loro impegni per la riforestazione globale.

Intanto, 14 regioni italiane, su richiesta del WWF, hanno inviato un messaggio chiaro al nostro Governo in questi giorni, chiedendo azioni concrete per ottenere impegni stringenti e più ambiziosi sulla riduzione dei gas serra.

I consigli regionali di Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria hanno, infatti, votato la risoluzione proposta dal WWF ed oggi si aggiungerà il consiglio della Calabria. Secondo quanto previsto dalla risoluzione, alla Cop21 l’Italia dovrà presentare la proposta di ridurre entro il 2030 del 50%, invece che solo del 40% (come concordato su scala europea), le emissioni di gas che provocano l’effetto serra, rispetto ai valori del 1990 e sollecitare il varo di un accordo globale efficace, legalmente vincolante ed equo.

Francesca Mancuso

LEGGI anche:

IL 1° GIORNO DELLA COP21 RACCONTATO COI TWEET

ULTIMA CHANCE PER IL CLIMA: 6 COSE CHE (FORSE) NON SAPPIAMO SULLA COP21

LE MANI DELLE LOBBY DEI GRANDI INQUINATORI SULLA COP21: LA DENUNCIA DELLA STREET ART DI BRANDALISM

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook