Ultima chance per il clima: 6 cose che (forse) non sappiamo sulla Cop21

Lunedì 30 novembre Parigi diventerà il palcoscenico in cui i grandi della Terra dovranno esibire le loro motivazioni e in cui si dovrà assolutamente raggiungere un accordo globale contro i cambiamenti climatici. Fino all'11 dicembre, nella capitale francese la Cop21 la farà da padrona

Lunedì 30 novembre Parigi diventerà il palcoscenico in cui i grandi della Terra dovranno esibire le loro motivazioni e in cui si dovrà assolutamente raggiungere un accordo globale contro i cambiamenti climatici. Fino all’11 dicembre, nella capitale francese la Cop21 la farà da padrona.

Finita sotto i riflettori per gli attentati che due settimane fa l’hanno colpita, Parigi toglierà l’abito nero per indossarne uno verde, con la speranza che il Summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici possa soddisfare le aspettative del mondo intero.

Quello che ci si aspetta dalla conferenza sul clima dell’Onu è un accordo giuridicamente vincolante, grazie al quale si riuscirà a contenere l’aumento globale delle temperature entro i 2° C. Finora sono stati 146 i paesi che hanno presentato gli Intended Nationally Determined Contributions, ossia gli impegni e le azioni dei governi per la riduzione delle emissioni globali dopo il 2020.

Ecco alcune cose da sapere e da tenere presente in vista della Cop21 di Parigi.

Petrolio, cambiamenti climatici e minaccia terrorismo

I due camminano a braccetto, considerando che l’Isis si finanzia soprattutto con l’oro nero. Ma non è solo questo. Una serie di studi ha dimostrato che anche l’instabilità e la crisi dei rifugiati in Siria sono strettamente collegate all’aumento globale delle temperature.

Per approfondire: Rifugiati: la crisi dei migranti è (anche) colpa dei cambiamenti climatici

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E il terrorismo non è affatto lontano dai protagonisti della Cop21. Pochi giorni prima degli attentati, alcuni aerei francesi avevano attaccato raffinerie di petrolio e gas nell’area di Deir ez-Zor, infrastrutture cruciali per l’Isis. Non è azzardato ipotizzare che la scelta di colpire proprio la Francia sia legata a questione energetiche, e perché no, a creare un clima di terrore a pochi giorni da uno dei più importanti eventi a livello mondiale.

Per approfondire: Parigi: la Cop21 sui cambiamenti climatici ci sarà. Il legame tra global warming, guerra civile e migrazioni

Ultima chance per salvare il clima

Non si tratta dell’ennesima ipotesi catastrofista. Siamo davvero quasi fuori tempo massimo. Ogni anno le temperature registrate a livello globale superano le precedenti e la Terra si trova ad avere 0,85 gradi Celsius in più rispetto ai livelli pre-industriali. Se domani potessimo azzerare le emissioni di gas serra, il pianeta subirebbe comunque un riscaldamento di altro 0,6 C nei prossimi 40 anni, a causa delle emissioni passate.

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L’IPCC ha spiegato che 2°C sono la soglia oltre la quale i grandi effetti come lo scioglimento della calotta polare, incrementeranno ancor più il riscaldamento, rendendo il global waming incontrollabile.

Per approfondire: Il 2015 sarà l’anno più caldo di sempre: a ottobre nuovo record delle temperature

Alimentazione, assenti e presenti alla Cop21

CIWF International ha denunciato l’assenza dell’allevamento e delle abitudini alimentari nei negoziati sui cambiamenti climatici di Parigi, lanciando una petizione internazionale affinché entrino a far parte dell’agenda di COP21 come importanti settori produttori di gas serra. Inoltre, secondpo CIWF, occorre anche un obiettivo che punti alla riduzione del consumo di carne del 50% entro il 2030 nei paesi sviluppati.

L’allevamento contribuisce per il 14,5% alle emissioni totali di gas serra globali, secondo i dati della FAO. Una percentuale importante, ma durante la Cop21 non ci saranno negoziazioni relative all’allevamento e neanche allo stile alimentare.

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Tra le presenze invece c’è quella dell’agricoltura biologica. A parlare del rapporto tra cibo e clima, per l’Italia sarà il Ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti. Il capo della delegazione italiana alla XXI Conferenza Onu sui cambiamenti climatici ha infatti firmato l’appello di Slow Food Non mangiamoci il clima.

“Soltanto attraverso un radicale cambiamento di paradigma nell’attuale sistema di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo di cibo si riuscirà a mitigare il cambiamento climatico” ha detto Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia.

Per approfondire: Mangiare meno carne l’unico modo per combattere veramente il cambiamento climatico. il nuovo studio dell’Ipsos

I cambiamenti climatici pesano sui paesi poveri

Un nuovo rapporto di Oxfam ha calcolato che con un aumento delle temperature di 3° C i paesi in via di sviluppo si ritroverebbero sulle spalle costi pari a 790 miliardi di dollari, per adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici di qui al 2050. Una cifra a cui si aggiungono le perdite che le economie dei paesi poveri accumuleranno ogni anno, stimate in ben 1.700 miliardi di dollari.

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Una cifra enorme: il 50% in più rispetto alla spesa preventivata in caso di aumento di 2°C delle temperature (circa 520 miliardi di dollari), quattro volte i fondi stanziati lo scorso anno dai paesi ricchi in aiuto allo sviluppo.

Per approfondire: Tsunami e terremoti, colpa della deforestazione. i disastri in una mappa

Popoli indigeni ridotti al silenzio

In diversi angoli del mondo, le popolazioni indigene vivono ogni giorno sulla propria pelle le conseguenze di fenomeni quali la deforestazione e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, adoperandosi con tutti i mezzi di cui dispongono per difendere i propri territori. Per questo, svolgono un ruolo fondamentale nella conservazione della natura e della biodiversità nelle regioni in cui vivono: basti pensare ai molteplici sforzi compiuti dalle diverse tribù amazzoniche per proteggere la foresta da chi vorrebbe abbattere gli alberi indiscriminatamente.

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Il tutto nel silenzio troppo spesso complice delle autorità locali e nazionali, che chiudono più di un occhio di fronte ai taglialegna illegali. Ma la op21 rischia di non tenere conto dei diritti e delle lotte delle popolazioni indigene.

Per approfondire: Popolazioni indigene: in prima linea contro i cambiamenti climatici, ma per loro niente spazio alla cop21

I cambiamenti climatici in un murale

Anche la street art ha a cuore le sorti del clima. Un artista italiano, Andreco, ha lanciato un progetto artistico internazionale, che comprende diversi opere pubbliche sul cambiamento climatico. Uno dei suoi disegni è un murale di grandi dimensioni che raffigura la sua interpretazione dei cambiamenti climatici di origine antropica e le conseguenze.

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L’opera d’arte è stata realizzata sulla facciata della Richomme Elementary School a “La Goutte-d’Or”, il 18 ° distretto, nel cuore del quartiere storico e multietnico di Parigi.

Francesca Mancuso

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