Quanta spazzatura c’è nei mari italiani? La raccapricciante indagine sui rifiuti nel Mediterraneo (VIDEO)

Goletta Verde di Legambiente presenta i risultati dell’indagine sul marine litter: dei 2597 rifiuti galleggianti avvistati il 95% è plastica

Il “marine litter” minaccia il Mar Mediterraneo. Un’infinità di plastica e spazzatura di ogni sorta, rifiuti galleggianti, adagiati su spiagge e fondali o diventati tanti minuscoli frammenti, sporcano e infradiciano e ne fanno pattume uno degli ecosistemi più preziosi e delicati che abbiamo.

Dei 2597 rifiuti galleggianti monitorati da Goletta Verde di Legambiente ben il 95% è costituito da plastica, soprattutto teli (39%) e buste di plastica, intere e frammentante (17%), concentrate soprattutto nel Mar Adriatico (dove se ne contano 5 ogni chilometro quadrato). Ci sono poi cassette di polistirolo e frammenti (7%), bottiglie di plastica (6%), reti e lenze (5%), stoviglie di plastica (2%).

Il restante 5% dei rifiuti marini è costituito da carta (54%), legno manufatto (21%), metalli (12%), gomma (6%), tessili (4%) e vetro (3%). In questa immensa distesa di spazzatura, il mare più denso di rifiuti galleggianti è il Tirreno centrale con 51 rifiuti/kmq, seguito dal mar Adriatico meridionale con 34 e dallo Ionio con 33.

È questo in sintesi il quadro che emerge dall’indagine realizzata da Goletta Verde di Legambiente (i risultati li trovate sulla mappa navigabile) sulla presenza dei rifiuti nei mari italiani, una ricerca durata per due estati (2014-2015) e frutto di 2.600 Km di navigazione, 120 kmq di mare monitorato, 205 ore di osservazione diretta di rifiuti e 8 transetti che hanno riguardato la presenza di microplastiche in mare e presentata a Roma, al Museo Civico di Zoologia, nell’ambito del convegno “Plastic Free Sea” di Legambiente.

Inoltre, grazie a un protocollo d’intesa tra Ispra e Legambiente, è stato condotto, nell’estate 2015, anche il primo studio preliminare sulla presenza di microplastiche negli arcipelaghi italiani: sei le isole campionate. Il picco massimo è stato registrato a largo dell’isola di Ischia, dove sono state rilevate ben 528 microparticelle di plastica per 1000 metri cubi di acqua.

È preoccupante constatare una presenza così massiccia di plastica, il rifiuto più persistente nell’ambiente ma anche quello più dannoso per l’ecosistema e la fauna marina dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente. L’ingestione del marine litter, infatti, è stata documentata in oltre 180 specie marine. Un fenomeno che arreca a questi organismi, in particolare tartarughe e cetacei, gravi danni, spesso letali”.

E il problema scaturisce non soltanto da rifiuti galleggianti, ma anche e soprattutto da tutto ciò che non è visibile, dalle tonnellate di rifiuti che giacciono sui fondali e dalle microparticelle di plastica, tutti frammenti che, una volta ingeriti dai pesci, finiscono sulle nostre tavole, contaminando di fatto l’intera catena alimentare. Per questo che Zampetti rivolge un appello, affinché anche l’Italia faccia la sua parte e “raccolga la sfida all’ambizioso e necessario obiettivo che impone la direttiva Marine Strategy ai paesi membri: raggiungere il buono stato ecologico per i nostri mari entro il 2020”.

LO STUDIO

Dati macrolitter e rifiuti galleggianti. Il monitoraggio ha applicato il protocollo scientifico di Ispra e tiene conto di tutti i rifiuti galleggianti di una dimensione maggiore di 2,5 centimetri. Dall’indagine di Goletta Verde risulta una densità media nazionale di 32 rifiuti per chilometro quadrato. Le zone più dense di rifiuti sono risultate quelle antistanti la costa tra Mondragone, in provincia di Caserta, e Acciaroli, in provincia di Salerno, dove sono stati contati 75 rifiuti/Kmq, tra Palermo – Sant’Agata di Militello e le Isole Eolie con 55 rifiuti al Kmq e tra Cesenatico e Ancona, dove sono stati rilevati 42 rifiuti per kmq.

marine litter1

In generale, è emerso che il 54% dei rifiuti ha una presunta origine urbana e domestica, risultato di cattiva gestione e dell’abbandono consapevole dei singoli. Il 32% è, invece, derivante da attività produttive e industriali, come ad esempio dal settore pesca, i cui rifiuti costituiscono il 12% del totale di tutti i detriti monitorati. In particolare, la presenza più massiccia dei rifiuti provenienti dalla pesca (il 55%) è stata registrata nel Mar Adriatico, dove Goletta Verde ha incontrato il più alto numero di cassette di polistirolo, intere e frammentate, reti e lenze.

Dati microlitter e microplastiche. Per effetto di onde, correnti, irradiazioni UV e altri fattori, i rifiuti marini sono destinati a frammentarsi in milioni di microparticelle che si disperdono negli oceani. A mare, inoltre, possono finire anche rifiuti che sono già molto piccoli, spesso non visibili ad occhio nudo (come possono essere i granuli industriali di plastica vergine o le particelle presenti nei cosmetici come esfolianti, creme, dentifrici o nei vestiti, attraverso gli scarichi e quindi i fiumi).

Per lo studio, sono state campionate 6 isole (San Domino – Isole Tremiti; Isola di Lipari; Isola d’Ischia; Isola di Ventotene; Isola dell’Asinara; Isola d’Elba) e due foci, indagate come aree di confronto, quelle del Po e del Tevere. L’Isola d’Ischia con 528 microparticelle di plastica per 1000 metri cubi di acqua è l’isola dove sono state contate più microplastiche. A seguire l’Isola d’Elba (324 microplastiche/1000mqacqua), l’isola dell’Asinara (222), San Domino-Isole Tremiti (186), Isola di Lipari (102) e, infine, Ventotene con 60 microparticelle di plastica in mille metri cubi di acqua. Passando ai campionamenti alle foci dei fiumi, quella del Po ha fatto registrare 1087 microplastiche per 1000 metri cubi di acqua, contro le 366 microplastiche per 1000 metri cubi di acqua del Tevere. Entrambi i fiumi, nel periodo di campionamento attraversavano un periodo di secca, quindi i risultati sono da considerarsi come un minimo.

marine litter

Benefici economici – Secondo uno studio commissionato dall’Unione Europea, la marine litter costa all’Ue ben 476,8 milioni di euro l’anno (valore medio / Elaborazione Legambiente da dati Arcadis, Final Report “Marine litter study to support the establishment of an initial quantitative headline“).

Si tratta di una cifra che prende in considerazione solo i settori di turismo e pesca, dal momento che non è possibile quantificare l’impatto su tutti i settori economici. In particolare il costo il costo totale stimato per la pulizia di tutte le spiagge dell’Unione Europea pari a 411,75 milioni di Euro. Invece il costo totale dell’impatto per il settore della pesca è stimato intorno ai 61,7 milioni di euro all’anno.

COSA FARE? Politiche di prevenzione ad hoc per la riduzione dei rifiuti in mare, adozione di un unico standard di valutazione, aumento del riciclaggio dei rifiuti e del packaging, riduzione ed eliminazione delle discariche. L’Unione europea, inoltre, insiste Legambinete, dovrebbe agire sul problema come un soggetto unico, adottando gli standard dei migliori 3 Stati Membri, per ottenere la massima riduzione del marine litter (-35,45%) e un ricavo sui costi di 168,45 milioni di euro l’anno. In particolare se si aumentasse nei comuni il riciclaggio dei rifiuti, ci sarebbe una riduzione dei rifiuti marini del 7,4% e un ricavo sui costi di 35,16 milioni di euro l’anno.

Pensate, infine, che solo l’aumento del riciclaggio del packaging (tra l’80% e il 90%) permetterebbe di diminuire il marine litter del 18,41%. Le soluzioni ci sono e, molte, sono già tra le nostre mani.

Germana Carillo

LEGGI anche:

Rifiuti in mare: nel Tirreno l’80% è plastica

Fibre sintetiche: gli abiti inquinano mari e oceani ogni volta che facciamo il bucato

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook