Diossina, cos’è e quali sono i pericoli nella “zona rossa” dopo l’incendio nell’impianto di rifiuti a Roma Malagrotta

Si riaccende l’allarme diossina dopo che l’incendio all’ex discarica di Roma di Malagrotta ha interessato anche una vasca di stoccaggio combustile solido, uno degli impianti dove vengano trattati i rifiuti della Capitale

Asili nido e centri estivi chiusi nel raggio di almeno 6 km. Divieto di consumo degli alimenti di origine animale e vegetale prodotti nell’area individuata, divieto di pascolo e razzolamento degli animali da cortile, divieto di utilizzo dei foraggi e cereali destinati agli animali raccolti.

L’incendio divampato ieri nel Tmb di Malagrotta non può non riaprire anche il capitolo diossina. Ma cos’è e cosa sappiamo su questa famiglie di sostanze tossiche?

Quel che è certo è che le diossine sono inquinanti ambientali, appartenenti alla cosiddetta “dozzina sporca“, un gruppo di sostanze chimiche pericolose note come inquinanti organici persistenti (POP), e che la soglia massima di tollerabilità fissata dall’Organizzazione mondiale della Sanità è di in un trilionesimo.

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Ieri sera, con lo scoppio dell’incendio, il cielo è stato oscurato nel giro di qualche minuto dalla nube nera e l’aria è diventata irrespirabile e a destare grande preoccupazione è proprio il pericolo diossine rilasciate nell’atmosfera.

Cos’è la diossina?

Come spiega l’Iss, le diossine sono un gruppo di sostanze con caratteristiche chimiche, fisiche e tossicologiche tra loro molto simili noti come POP (dall’inglese persistent organic pollutants),e che derivano da processi naturali di combustione (come gli incendi di foreste o le emissioni di gas dei vulcani) oppure da attività umane quali l’incenerimento di rifiuti o i processi di produzione industriale.

I policlorobifenili (PCB), prodotti industriali ormai vietati da anni a livello mondiale, in passato hanno avuto vasto impiego e ad oggi la loro presenza nell’ambiente è dovuta soprattutto al rilascio da parte di vecchi prodotti o apparecchi non correttamente eliminati o da “compartimenti ambientali” (come i sedimenti) dove si sono accumulati nel corso degli anni.

Ciò è potuto avvenire poiché le diossine difficilmente si degradano, si sciolgono con poca facilità nell’acqua e, avendo caratteristiche simili alle sostanze grasse, riescono a rimanere per tempi piuttosto lunghi sia nell’ambiente che all’interno degli organismi, compreso il corpo umano, dove si localizzano principalmente nel tessuto grasso: per eliminare il 50% di una dose di diossine ci vogliono più di 10 anni. Queste sostanze chimiche, inoltre, sono in grado di diffondersi facilmente nell’ambiente, raggiungendo distanze anche molto lontane

Come dicevamo, la soglia massima di tollerabilità è stata infatti fissata dall’OMS in un trilionesimo di grammo al giorno per kg di peso: 8 milionesimi di g per kg causano malformazioni ai reni e al palato nei feti. La diossina, in alte dosi, provoca anche cloracne, una malattia della pelle con pustole su tutto il corpo.

Cosa provoca la diossina

L’esposizione ad alti livelli di diossine può causare anche gravi effetti, come:

  • malattie della pelle
  • alterazioni delle funzioni del fegato
  • difficoltà nel metabolismo del glucosio

L’esposizione a dosi più basse di diossine, ma per periodi di tempo più lunghi, può:

  • provocare danni al sistema immunitario e a quello endocrino
  • avere un’azione da interferenti endocrini
  • determinare effetti sullo sviluppo del feto, quando l’esposizione avviene durante la gravidanza o nelle fasi immediatamente successive alla nascita (esposizione postnatale

Alcune nella famiglia delle diossina sono considerate cancerogene per l’uomo, per questo la IARC classifica alcune diossine nel gruppo 1 tra gli elementi cancerogeni per l’uomo.

Tornando al rogo di Malagrotta, per avere dati sulle conseguenze e sulla qualità dell’aria, bisognerà i risultati del monitoraggio dell’Arpa, che ha fatto sapere che ha provveduto ad installare anche un campionatore e ha raccomandato di tenere le finestre chiuse.

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Fonti: WHO / ISS

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