Tacchini, gli animali d’allevamento dimenticati da tutti! I ministri chiedono alla UE maggiori tutele per il loro benessere

Il tacchino è il terzo animale più macellato nell’Unione europea, dopo polli e maiali, ma manca ancora una legislazione a livello europeo a tutela del benessere di queste specie. Per questo i ministri dell’Agricoltura dell’Ue hanno chiesto a gran voce l’introduzione di standard minimi europei per gli allevamenti di tacchini. Sono, infatti, oltre 190 milioni gli esemplari macellati ogni anno sul territorio dell’Unione e la loro triste sorte sembra non interessare quasi a nessuno, motivo per cui il tacchino è stato ribattezzato “l’animale da allevamento dimenticato”. 

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La richiesta avanzata da alcuni Stati membri Ue

Al momento non esistono norme europee che tutelino questo animale, anche se alcuni Stati membri – tra cui la Svezia e l’Austria – si sono attivati per migliorare il benessere di questa specie d’allevamento. Durante lo scorso Consiglio Agrifish, che si è tenuto qualche giorno fa, l’Austria, la Germania, il Belgio, il Lussemburgo, la Slovacchia e Cipro, hanno acceso i riflettori sulla questione, chiedendo l’introduzione di standard minimi in tutti gli allevamenti europei. E la proposta è stata accolta da diversi Paesi membri, tra cui l’Italia.

Sulla vicenda è intervenuto anche Michele Quaroni, vice rappresentante permanente del nostro Paese, evidenziando che gli standard minimi dovrebbero andare “oltre la definizione dei livelli massimi di concentrazione per gli animali negli allevamenti, e includere anche tutti i fattori e le tecniche che possono contribuire a migliorare il benessere dei tacchini”.

Ancora in troppi Stati europei i tacchini (che possono raggiungere anche i 60 chili) sono costretti a vivere stipati in piccole e anguste gabbie, dove possono muoversi a malapena. E spesso e volentieri vengono imbottiti di antibiotici. 

Questo è inimmaginabile, e non c’è fine a questo incubo – denuncia  Sarah Wiener, l’eurodeputata dei Verdi e attivista per il benessere degli animali – Abbiamo le prove scientifiche che possiamo cambiare e dobbiamo cambiare questo sistema. Non si tratta di sentimenti. Si tratta di fatti concreti e scientifici.

La battaglia per la tutela dei tacchini è ancora lunga 

Nonostante la presa di coscienza da parte di diversi Paesi dell’Unione, la battaglia per la tutela dei tacchini è soltanto agli inizi e già si presentano i presentano i primi ostacoli. La proposta legislativa potrebbe slittare infatti al 2024. Inoltre, l’associazione degli agricoltori dell’UE COPA-COGECA ha sottolineato che i legislatori non devono dimenticare la complessità degli investimenti e degli sforzi che stanno dietro a questo tipo di proposte. 

Andare troppo veloce significherà semplicemente dare il via libera alle importazioni da tutte le parti e rendere l’Europa il primo blocco commerciale a creare un effetto di ‘fuga dal benessere degli animali’ – osserva un portavoce – Gli allevatori di tacchini europei sono pronti ad aumentare ulteriormente gli standard secondo un approccio guidato dal mercato. Tuttavia, il dibattito deve essere basato sulla scienza e deve riconoscere gli sforzi e le iniziative già esistenti sul campo”, chiedendo una valutazione d’impatto completa prima di intraprendere qualsiasi azione.

Queste preoccupazioni sono state condivise da alcuni Stati membri che hanno sottolineato che le implicazioni economiche di tali misure devono essere prese in considerazione. A condividere queste perplessità anche alcuni Paesi europei, a partire dalla Croazia. 

Secondo la ministra dell’agricoltura croata Marija Vuković i nuovi standard “metterebbero a repentaglio la produzione e avrebbe effetti negativi”

“Ecco perché abbiamo riserve su questa proposta perché ridurrebbe il volume di produzione di carne di tacchino rispetto a quello che abbiamo attualmente” ha aggiunto. 

Ma tale argomentazione non regge, come fatto notare dall’eurodeputata austriaca Sarah Wiener. L’Austria ha infatti già dimostrato che gli allevatori di tacchini possono sopravvivere economicamente anche con l’introduzione di nuovi standard sul benessere animali. Cosa aspettano, quindi, gli altri Paesi (a partire dall’Italia) ad agire? 

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Fonte: Euractiv

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