Come glifosato e chlorpyrifos vengono assorbiti dall’organismo: lo studio sugli agricoltori emiliani

Quattro agricoltori della provincia di Reggio Emilia sono stati monitorati per diversi mesi, per valutare la contaminazione ai pesticidi

Chi lavora la terra è continuamente esposto ai pesticidi usati in agricoltura e questo potrebbe avere importanti ripercussioni per la salute degli agricoltori.

Una ricerca condotta dall’associazione Prevenzione Tumori Onlus di Guastalla ha portato avanti lo “Screening RE.P.-CO.B.RA – Residui di Pesticidi nei Coltivatori della Bassa Reggiana”, per calcolare il livello di contaminazione ai fitofarmaci nelle persone maggiormente interessate e, a questo scopo, ha monitorato una famiglia di quattro agricoltori.

La famiglia, composta da padre, madre e due figlie, coltiva circa sette ettari di frutteto nella provincia di Reggio Emilia. I quattro componenti sono stati monitorati per alcuni mesi durante il 2018, sottoponendosi volontariamente a esami di laboratorio per ricercare nelle urine residui di cinque pesticidi o loro metaboliti: tre insetticidi – imidachloprid, chlorpyrifos, permetrina – e due diserbanti, l’Mcpa e il glifosato.
I test sono stati effettuati prima dei trattamenti sul frutteto e a distanza di 12 e 24 ore dopo i trattamenti.

Per quanto riguarda chlorpyrifos, l’unico ad aver effettuato trattamenti con questo insetticida è stato il padre. Sebbene l’uomo abbia indossato le protezioni previste, dallo screening sono emersi valori molto elevati di tricloridrossipiridinolo, principale metabolita del chlorpyrifos, fino a 14 volte oltre il limite considerato sicuro, pari a 11,3 μg/.

Dai risultati degli esami, il tricloridrossipiridinolo ha dimostrato inoltre di persistere per tempi considerevoli nell’organismo: il valore è rimasto infatti stabile per una settimana e, a distanza di oltre quattro mesi, era ancora pari al doppio rispetto ai limiti.

L’uomo è affetto da alcune patologie tra cui l’artrite reumatoide e la degenerazione maculare della retina, che secondo numerosi studi scientifici, sono correlate proprio con l’uso di pesticidi organofosforici come il chlorpyrifos.

Anche il glifosato ha dimostrato di essere assorbito dall’organismo, ma in questo caso  i valori del diserbante sono risultati entro i limiti per tutti e quattro i componenti. Il padre presentava comunque  livelli superiori rispetto alla moglie e alle figlie.

Le differenze riscontrate potrebbero essere dovute al metodo di applicazione dei due pesticidi: il glifosato viene infatti irrorato, mentre il il chlorpyrifos è distribuito sulle colture per atomizzazione.

L’atomizzazione comporta l’uso di maggiori quantità di prodotto che può depositarsi anche all’interno della cabina dei mezzi utilizzati nei campi, esponendo gli agricoltori alla sostanza per diversi mesi anche dopo i trattamenti.

Sebbene lo studio sia stato effettuato solo su quattro persone – un numero decisamente basso – i risultati dell’indagine dimostrano la necessità di sensibilizzare gli agricoltori e le autorità perché siano previste ulteriori protezioni per chi lavora nel settore.

Spesso gli agricoltori sono poco informati, ignorano il fatto che i pesticidi utilizzati possano essere assorbiti dal loro organismo e non conoscono i rischi legati all’esposizione ai pesticidi.

Per garantire la sicurezza dei lavoratori e prevenire l’insorgenza di malattie legate all’uso di pesticidi, sarebbe opportuno prevedere controlli periodici per gli agricoltori e aumentare l’equipaggiamento protettivo per legge.

L’ideale sarebbe diminuire l’utilizzo di pesticidi che hanno ampiamente dimostrato la loro pericolosità per la salute di lavoratori, ambiente e consumatori finali.

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