La guerra da dentro, vista dagli occhi di un ex “bambino di Chernobyl”

Sasha è uno degli ex "bambini di Chernobyl". E ci racconta in diretta cosa significa vivere nel cuore di una guerra

“Ora hanno iniziato a sparare. se possibile ti chiamo più tardi”. Finisce così la chiamata con Sasha, 36 anni, di Kiev. Lui, “fortunatamente” è riuscito a fuggire in un villaggio a 40 km dalla città, si chiama Zdvizhevka. Qui vive sua nonna, di 81 anni, e si trova ancora cibo e carburante.

Ma la paura è tanta. Sasha è visibilmente provato, la sua voce trema. Mentre parla con noi si sentono colpi ed esplosioni. “Rientro in casa, devo ripararmi”. Ci racconta che hanno fatto saltare tutti i ponti della città, per non far avanzare l’esercito russo. Hanno continuato a sparare tutta la notte e si aspetta da un momento all’altro di essere chiamato alle armi, “ci avvisano con un SMS sui cellulari, anche se per il momento l’arruolamento è su base volontaria”.

Guarda il video: 

Sasha conosce bene l’Italia e l’italiano perché è uno degli ex “bambini di Chernobyl”. Negli anni 90, diverse famiglie italiane decisero di allargarsi accogliendo i piccoli emigrati stagionali che vivevano nei giorni e nei luoghi dell’incidente nucleare. Tecnicamente questi erano “soggiorni di risanamento”, cioè periodi di convivenza presso famiglie disposte a ospitare temporaneamente i minori provenienti dalle zone contaminate per far loro cambiare letteralmente aria, dando anche supporto psicologico. Questo legame è rimasto vivo nel tempo e ora tutta la sua famiglia italiana, come è facile immaginare, è in forte apprensione.

Si cerca di rimanere in contatto via social, ma anche Internet rischia di saltare da un momento all’altro. La notte l’ha passata vicino a sua nonna, a luci spente, nel disperato tentativo di rendersi invisibili agli aerei e agli elicotteri.

Ci racconta anche che sono stati attivati dei corridoi umanitari, via Polonia, ma solo per donne, anziani e bambini. Loro rimangono ad aspettare il da farsi, con la nonnina al fianco, gli spari delle bombe nelle orecchie, la paura di non poter più riabbracciare i propri cari. E l’Italia nel cuore.

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