Il disciplinare per produrre vino sostenibile ammette ancora glifosato e altri pesticidi

Approvato in via definitiva il disciplinare di certificazione nazionale della sostenibilità nella filiera vitivinicola. Rispetto alla sola certificazione delle pratiche sostenibili nel vigneto, si indica anche un percorso di buone pratiche. Ma qualcosa lascia perplessi

Il Ministero delle Politiche agricole approva il disciplinare di sostenibilità della filiera del vino ed è subito dubbio: cosa ci fa il glifosato tra i pesticidi ammessi? Arriva, insomma, il decreto che era particolarmente atteso dagli operatori del settore e che mette a sistema le buone pratiche e le esperienze in materia di sostenibilità nel settore vitivinicolo. Ma sorgono delle domande.

Per l’annualità 2022 la certificazione della sostenibilità vitivinicola verrà avviata utilizzando le procedure e gli standard previsti dal Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata (SQNPI), in attesa del completamento del processo di integrazione dei diversi sistemi, da portare a termine nell’annualità 2023, si legge nel disciplinare che il Mipaaf ha appena approvato.

Con l’approvazione del disciplinare di certificazione nazionale della sostenibilità della filiera vitivinicola da parte del Ministero delle Politiche Agricole, l’Italia è il primo Paese a dotarsi di un sistema all’avanguardia e al passo con i tempi. Attraverso un logo distintivo, i vini italiani potranno certificare e comunicare di essere realizzati seguendo specifiche regole di produzione che diano importanza e attenzione ai relativi impatti ambientali, sostiene Filippo Gallinella (M5S), presidente della commissione Agricoltura e primo firmatario dell’emendamento che ha istituito il sistema unitario di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola.

Ma non è esattamente così roseo il quadro.

Il disciplinare e la sostenibilità ambientale

Il disciplinare alla base del sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola […] riporta l’insieme delle regole produttive e di buone pratiche finalizzate a garantire il rispetto dell’ambiente, la qualità e sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e dei cittadini, un adeguato reddito agricolo, si legge nella premessa.

Distinguendo tra “fase agricola” e “fase post raccolta e trasformazione”, il documento analizza vari punti riguardanti anche la sostenibilità ambientale:

  • l’operatore deve identificare, caratterizzare e gestire le aree semi-naturali non coltivate presenti sul territorio e prevedere azioni volte a conservarne la biodiversità
  • deve monitorare e gestire la produzione dei reflui dell’impianto di trasformazione e/o di condizionamento
  • deve registrare il consumo di acqua dolce prelevata da corpo idrico superficiale o di falda e utilizzata nell’impianto di trasformazione e/o condizionamento
  • l’azienda definisce e applica un programma di monitoraggio e gestione delle risorse idriche impiegate presso le installazioni incluse nei propri confini organizzativi ed esteso alle sole operazioni legate al settore vitivinicolo
  • l’operatore deve disporre di informazioni relative a: – peso medio della bottiglia di vetro; – consumi energetici della cantina per litro di vino prodotto
  • l’operatore monitora: – il consumo e la produzione o l’acquisto di energia da fonti rinnovabili certificate; – il peso medio della bottiglia di vetro utilizzata; – l’uso di materiali di confezionamento riciclabili o riciclati

QUI tutti i documenti:

Ok, ma i pesticidi?

Il disciplinare e la certificazione di sostenibilità del vino italiano sono stati ben accolti da tutto il settore vitivinicolo. L’Italia è da oggi il capofila europeo del vino sostenibile, ha detto gli uvicoltori.

L’Unione italiana vini (Uiv) si dice per esempio convinta che entro 2-3 anni la stragrande maggioranza delle imprese del vino aderirà a un protocollo con stringenti norme di carattere ambientale.

Ma c’è chi non la vede così e in molti sostengono che chi vuole ottenere i contributi della Politica agricola comune deve adottare alcune tecniche integrate e adesso potrà esibire il marchio di sostenibilità. E quegli standard per la produzione integrata consentono l’uso del glifosato.

Come tra l’altro avevamo già denunciato qui: La nuova Pac “è un disastro”: continua a finanziare agricoltura e allevamenti intensivi (#WithdrawTheCAP)

E il problema riguarda non solo il glifosato, ma anche tutta una serie di altri fitofarmaci ammessi, come il folpet, il metiram oppure il dimetomorf, ammessi sicuramente nel 2022, ma nel 2023 potrebbero anche essere confermati. Si fa fatica a considerare molto sostenibile un prodotto per ottenere il quale si sono immesse nell’ambiente

Il ruolo della viticultura convenzionale nello spargimento a piene mani di fungicidi e pesticidi, insomma, potrebbe non avere una fine e questo disciplinare tramutarsi solo in uno specchietto per le allodole e i consumatori finali comunque non esserne contenti.

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Fonti: Mipaaf

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