Dieta a zona: come funziona, esempi, cosa mangiare e CONTROINDICAZIONI

La dieta a zona è un regime alimentare ideato dal biochimico americano Barry Sears, diventato molto famoso negli anni ’90 ma ancora oggi seguito e apprezzato. Ma come funziona questa dieta, cosa è possibile mangiare e quali le eventuali controindicazioni?

La dieta a zona è un regime alimentare ideato dal biochimico americano Barry Sears, diventato molto famoso negli anni ’90 ma ancora oggi seguito e apprezzato. Ma come funziona questa dieta, cosa è possibile mangiare e quali le eventuali controindicazioni?

La dieta a zona è un sistema per dimagrire abbastanza complesso che si basa sulle teorie biochimiche di Sears che puntava inizialmente a trattare casi di diabete tipo 2 o pazienti cardiopatici ma che poi ha notato come i benefici di questa dieta potessero aiutare anche la perdita di peso e l’aumento dell’energia. Come? Agendo a livello ormonale con un’alimentazione pensata ad hoc.

Si tratta di un programma alimentare consigliato a chi vuole aumentare le proprie performance fisiche ma allo stesso tempo (secondo l’ideatore di questa dieta da cui molti si discostano) adatto anche a chi vuole prendersi cura della propria salute mangiando sano.

Scopriamo adesso i principi su cui si basa la dieta a zona.

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COME FUNZIONA LA DIETA A ZONA

La prima cosa da sapere riguardo alla dieta a zona è cosa Sears intende con “zona”. Questo termne potrebbe erroneamente far pensare ad un tipo di dieta che miri a far perdere peso in una zona specifica del corpo. In realtà questo non c’entra nulla, la “zona” in termini farmacologici è il quantitativo di medicinale giusto e necessario per essere efficace. Secondo Sears il farmaco per eccellenza che abbiamo a disposizione è il cibo e questo dobbiamo utilizzare al pari di un medicinale dosando tipologie, quantità e tempi di “somministrazione” con lo scopo di ottenere il massimo della salute a livello psicofisico. La “zona” è dunque la condizione ottimale in cui il nostro organismo può lavorare al massimo della sua efficienza.

Si tratta di una dieta alla quale non interessa valutare le calorie ma che piuttosto considera importante regolare la produzione di ormoni. Nello specifico con il giusto cibo si vuole andare a stimolare la produzione degli eicosanoidi, ormoni che migliorano il metabolismo e le funzionalità del corpo.

Questo regime alimentare individua un preciso rapporto nell’assunzione quotidiana dei macronutrienti ovvero carboidrati, proteine e grassi da suddividere rispettivamente ad ogni pasto nelle percentuali di: 40% carboidrati, 30% proteine, 30% grassi.

Fondamentale poi conoscere gli alimenti che stimolano l’insulina e ridurre il loro consumo. Sears segnala i cibi dividendoli in favorevoli, sfavorevoli o da limitare proprio in base all’indice glicemico che hanno. Nello specifico il metodo ideato da Sears permette di mantenere la produzione di insulina in un range ottimale per fare in modo che il metabolismo corporeo sia sfruttato al massimo. Per quanto riguarda i carboidrati questa è la suddivisione:

Carboidrati favorevoli

• tutte le verdure eccetto patate, zucca, carota cotta, barbabietole

• tutta la frutta eccetto le banane, il mango, la papaia, l’anguria, il caco, uva secca, i datteri secchi e i fichi secchi

• avena decorticata

• vino rosso (con moderazione)

Carboidrati da limitare

• cereali e derivati (pane, pasta, riso ecc.)

• succhi di frutta

• la frutta e le verdure precedentemente escluse

Carboidrati da evitare

• dolci industriali

• bevande alcoliche

• bevande zuccherate

Nel corso della giornata per tenere stabile la produzione ormonale il cibo va suddiviso nei classici 3 pasti principali, più 2 spuntini (anche essi devono rispettare la proporzione tra nutrienti) di cui uno, in maniera insolita, va fatto circa mezzora prima di andare a dormire. Fondamentale anche non lasciare mai passare più di 5 ore senza mangiare.

Alla dieta va associato poi l’utilizzo di integratori di Omega 3, dell’attività fisica e un controllo quotidiano dello stress (utile a ridurre il cortisolo).

dieta dukan

IL SISTEMA DEI BLOCCHI

La cosa più difficile sono i calcoli da fare per poter capire come strutturare la propria dieta a zona che è personalizzata in base alla massa magra dell’individuo e al suo essere più o meno movimentato o sedentario. Il fabbisogno alimentare di ciascuna persona si determina a partire dal calcolo delle proteine quotidiane ma si devono tenere in considerazione ovviamente anche gli altri nutrienti secondo lo schema dei cosiddetti “blocchi” ideato da Sears.

Ogni blocco è costituito da 3 miniblocchi che rappresentano i 3 macronutrienti (proteine, carboidrati e grassi). Il mini blocco delle proteine è stimato in 7 grammi quello dei carboidrati in 9 grammi mentre per i grassi si calcolano 3 grammi.

Mentre gli spuntini sono costituiti da un solo blocco, i pasti principali si compongono invece a seconda delle caratteristiche della persona che segue la dieta, con diversi blocchi. Le proteine necessarie si calcolano secondo lo schema: massa magra in kg x indice di attività fisica. In questo modo si arriva a sapere la quantità di proteine in grammi. Questa si divide poi per 7 (ogni blocchetto di proteine è infatti uguale a 7 g) ottenendo così il numero di blocchi necessari ogni giorno. Non si può scendere mai sotto 11 blocchi per evitare che la dieta sia troppo ipocalorica.

Un sistema un po’ macchinoso e non proprio di immediata comprensione e facilità per una normale persona che si mette a dieta, è sempre meglio quindi affidarsi ad un professionista in caso si voglia provare a dimagrire con la dieta a zona. In alternativa vi è il più semplice calcolo dei nutrienti con il sistema del palmo della mano: ad ogni pasto vanno consumati alimenti che contengono proteine di dimensione del palmo della propria mano, carboidrati corrispondenti a due volte quelli delle proteine se del gruppo dei favorevoli o in uguali quantità se sfavorevoli.

Ricapitolando i fondamenti della dieta a zona sono:

• Suddivisione di ogni pasto in 40% carboidrati, 30% proteine, 30% grassi

• Consumare 3 pasti principali e 2 spuntini (di cui uno mezz’ora prima di andare a letto)

Non lasciare mai passare più di 5 ore senza mangiare

• Fare colazione entro mezz’ora dal riveglio

Scegliere alimenti a basso indice glicemico

Ridurre i grassi saturi

• Imparare a gestire lo stress

• Fare moderata attività fisica

Integrare Omega 3 con un rapporto EPA:DHA di 2:1.

DIETA A ZONA: COSA MANGIARE

La dieta a zona consente di mangiare diversi alimenti, un’importanza fondamentale assumono frutta e verdura che devono essere consumate in grandi quantità per fare in modo che l’insulina venga stimolata in maniera graduale senza incorrere in picchi e cadute. Molto importante anche l’apporto proteico che deve venire soprattutto da carni bianche, pesce, uova e legumi.

I carboidrati invece sono fortemente limitati per via del loro indice glicemico mentre per quanto riguarda i grassi sono da preferire quelli di origine vegetale come l’olio extravergine di oliva, le noci o l’avocado.

Alcuni alimenti sono vietati o da limitare fortemente nella dieta a zona. Si parla in particolare di dolci, cereali e altri prodotti ad alto indice glicemico come pasta, riso, pane, cereali raffinati ma anche grassi saturi, caffeina e alcool.

dieta zona low carb

Ricapitolando dunque alimenti consigliati sono:

• Verdura (ad eccezione di patate, carote e barbabietole)

• Frutta (ad eccezione di quella dolce come banane, fichi, uva)

• Carne bianca

• Pesce

• Uova

• Legumi

• Olio extravergine d’oliva

• Noci, nocciole, pinoli

• Avocado

• olio di pesce

Alimenti sconsigliati o da limitare fortemente sono:

• Pasta

• Pane

• Riso

• Cereali raffinati

• Zucchero

• Dolci

• Succhi di frutta

• Bibite gassate

• Alcool

• Caffeina

• Formaggi grassi

• Carni rosse

ESEMPI

Come abbiamo detto la dieta a zona è un tipo di regime alimentare da personalizzare in base alle caratteristiche individuali e alla vita più o meno movimentata o sedentaria che si conduce e da pianificare attraverso lo schema dei “blocchi”. Vi riportiamo comunque un esempio di giornata in cui si segue questo regime alimentare:

Colazione: yogurt, frutta fresca o secca

Spuntino: frutta fresca tra quelle consentite o secca più yogurt, uova sode, bresaola, fesa di tacchino o ricotta fresca.

Pranzo: petto di pollo con verdure miste o insalata condita con olio e aceto

Cena: pesce ed insalata oppure legumi, tofu o frittata con altre verdure. Si può aggiungere un po’ di cereali come farro, orzo, ecc.

Spuntino (mezz’ora prima di dormire): frutta fresca tra quelle consentite o secca più yogurt, uova sode, bresaola, fesa di tacchino o ricotta fresca.

dieta zona mangiare

CONTROINDICAZIONI

La dieta a zona è eccessivamente iperproteica e dunque può portare con sé, soprattutto se protratta per lungo tempo, tutti gli svantaggi di un regime alimentare troppo sbilanciato a favore delle proteine, in particolare il sovraccarico di reni e fegato con conseguenti problemi. La maggior parte dei nutrizionisti poi concorda nel ritenere questa dieta oltre che scorretta dal punto di vista nutrizionale anche poco efficace, non tutti infatti ritengono fondate le teorie ormonali del dottor Sears.

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IL PARERE DELLA NUTRIZIONISTA

Abbiamo chiesto ad Lavinia Triberio, biologo nutrizionista esperta in Alimentazione e Nutrizione Umana, cosa ne pensa della Dieta a Zona. Ecco cosa ci ha detto:

“La dieta a zona considera il cibo come il più potente farmaco a disposizione. Per tanto, per chi segue tale metodo, è indispensabile rispettare le quantità e i momenti alimentari predefiniti. Tale considerazione non si discosta molto da una visione più semplicistica di dieta equilibrata alla quale dovremmo fare riferimento per una corretta vita in salute. Ma ciò che ha reso davvero molto famosa la dieta a zona è la sua grande efficacia nel contrastare il sovrappeso, ponendo degli obiettivi a ciascun soggetto”

Analizzando i vari obiettivi vediamo cosa può essere considerato un vantaggio e cosa no. Gli obiettivi della dieta a zona, fondata dal biochimico Barry Sears, portano a:

• valutare tale dieta come terapia nutrizionale a garantire un buono stato di salute

moderare la glicemia nel sangue

• ottimizzare il rapporto insulina-glucagone

garantire il giusto rapporto eicosanoidi infiammatori e antiinfiammatori.

“Analizzando uno ad uno gli obiettivi finali, si può dedurre una volontà da parte dell’ideatore di utilizzare il cibo esattamente allo stesso modo in cui lo utilizzano la maggior parte degli esperti in nutrizione. Ma andando ad esaminare la metodologia con la quale si vogliono raggiugere tali risultati, troviamo qualche punto di criticità”.

Quali sono dunque gli svantaggi di questa dieta?

“Uno dei principi fondamentali su cui si basa la dieta a zona sostiene che equilibrando i tre macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) si può raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale. L’assunzione di proteine e carboidrati, porta infatti ad un rilascio dell’ormone glucagone, il quale contrasta l’ascesa dei livelli nel sangue di insulina. Tale visione non è utilizzata solo in questa metodologia dietoterapica, ma adoperata da molti specialisti in nutrizione, poiché L’insulina si tende a mantenere bassa per evitare un aumento del deposito dei grassi, e la produzione di eicosanoidi infiammatori, i quali aumentano il rischio di patologie aterosclerotiche. L’assunzione, invece, di grassi, principalmente insaturi, viene considerata indispensabile per contrastare le dislipidemie. Tale affermazione è sicuramente validata ampiamente dalla letteratura. La criticità dell’equilibrio dei macronutrienti è proprio dal punto di vista energetico. Secondo tale dieta infatti, in ogni pasto si dovrebbero assumere le giuste porzioni di macronutrienti, e il loro rapporto deve essere 40% carboidrati, 30% proteine, 30% grassi. Rispettando tale regola, l’apporto energetico di tale dieta risulta sempre troppo basso, anche rispetto ad una dieta Mediterranea ipocalorica. Tale svantaggio si amplifica ulteriormente in soggetti che effettuano sport ad alta intensità e prolungato, provocando in alcuni casi una diminuzione della massa muscolare. Quindi non facendo un’analisi del metabolismo basale e del fabbisogno energetico di ogni individuo, risulta sempre scarsamente equilibrata, e poco soggettiva. Inoltre bisogna ricordare che il rilascio insulinemico è dato anche dagli amminoacidi delle proteine e dagli acidi grassi dei lipidi, e non solo dai carboidrati. Assumendo tutto ciò con la dieta a zona, fa pensare che la diminuzione dei livelli di insulina non è imputabile all’equilibrio dei macronutrienti, ma piuttosto dalla moderazione delle porzioni. Altra criticità è data dall’apporto doppio delle proteine, rispetto a quelle indicate nei LARN. Ciò non permette di predisporre tale dieta alla nutrizione clinica in casi di nefropatie o epatopatie. Inoltre, in caso di diabete mellito di tipo 2, l’elevato apporto di proteine è un fattore di rischio aggiuntivo per l degenerazione della funzionalità renale correlata ad iperglicemia cronica. La dieta a zona inoltre per raggiungere i suoi obiettivi indica anche il consumo di fibre, vitamine e Sali minerali in abbondanza. Tale consumo predilige, ovviamente, frutta e verdura a basso indice glicemico per stimolare gradatamente l’insulina. Sulla scelta di alimenti a basso indice glicemico e con grande quantitativo di fibre, è inutile sottolineare il grande potere protettivo che può dare per contrastare varie patologie, e la funzione prebiotica della fibra che previene l’insorgenza di tumore al colon. Sulla quantità non definita di frutta e verdura invece, si basa la seconda criticità della dieta. Un’assunzione poco controllata di frutta e verdura, porta ad un apporto di fibre e molecole anti-nutrizionali spesso eccessivo; nonostante i molti benefici che si possono trarre dall’abbondanza di frutta e ortaggi, l’eccesso delle suddette molecole può comportare effetti collaterali quali: diarrea e riduzione dell’assorbimento di certi sali minerali molto importanti per l’organismo. Tale dieta inoltre, prevede che tra un pasto e l’altro non devono trascorrere più di 5 ore. Se intercorre un tempo superiore, bisogna fare uno spuntino. In questo modo la giornata si compone di almeno 3 pasti principali e 2 spuntini. Tale metodologia può avere due effetti opposti. Il primo è che tale frequenza può determinare un abbandono della dieta più rapido, poiché non si riesce a cambiare lo stile di vita in seguito ad un impegno tanto importante; il secondo effetto può invece determinare un cambiamento netto delle abitudini quotidiane del soggetto, che lo porterà anche in seguito alla dieta a mantenere tali regole. Naturalmente il secondo effetto è quello che ci auspichiamo”.

È dunque una dieta consigliabile o meno?

La dieta a zona per i “non addetti ai lavori” risulta molto complessa, e per tale motivo è molto semplice incorrere in errori, i quali potrebbero essere molto dannosi per la salute. Per tale motivo, nel caso in cui si volesse seguire la dieta a zona, consiglio sempre di rivolgersi ad un professionista della nutrizione, per evitare errori e ottenere le giuste integrazioni e gli accorgimenti da apporre in base alle proprie esigenze nutrizionali”.

Francesca Biagioli

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