Jeans a confronto, formaldeide ed elastan non riciclabile. Diesel il marchio peggiore del test francese

Chi nell’armadio non ha almeno un paio di jeans? Ma avete mai pensato all’impatto di questo capo sull’ambiente e a cosa si nasconde davvero dietro la sua realizzazione? Un confronto interessante tra diverse marche di jeans in commercio è stato realizzato da 60 Millions de Consommateurs.

La rivista francese dei consumatori ha messo alla prova 20 modelli di jeans slim (da uomo e da donna) di marchi noti, misurando la loro resistenza all’attrito, alla trazione, al lavaggio ma anche andando alla ricerca di sostanze tossiche nel tessuto e microfibre nell’acqua di lavaggio.

60 Millions de Consommateurs non può che sottolineare come prima cosa l’impatto ambientale dei jeans che, spesso realizzati dall’altra parte del mondo, si compongono di circa 600 grammi di cotone, elastan (in percentuale variabile) e poliestere.

Parlando ad esempio del cotone, la sua coltivazione su larga scala causa pesanti emissioni di gas serra, per coltivarlo si utilizzano spesso fertilizzanti e pesticidi e ci si serve di macchine agricole inquinanti. Per non parlare poi dei componenti sintetici con cui i jeans sono realizzati, inquinanti e spesso non riciclabili.

Non solo la produzione, poi, ma anche il trasporto e persino la manutenzione di questi capi, incide pesantemente sull’ambiente. La rivista consiglia dunque  di scegliere quantomeno dei modelli resistenti all’usura in modo da sfruttarli il più a lungo possibile o, ancora meglio , di optare per jeans con certificazione “green” (vedi sotto).

I risultati

Relativamente alla robustezza dei jeans, i modelli di Zara, Jules, Bonobo, H&M e Replay sono risultati i più “pesanti”. Nonostante siano leggermente meno confortevoli hanno sicuramente il vantaggio di durare a lungo, al contrario di quelli fatti di tessuto più leggero come nel caso dei modelli C&A o 1083, sicuramente più comodi (soprattutto in estate) ma anche più fragili.

Come hanno resistito i jeans dopo il lavaggio? In media abbastanza bene ma, come evidenziato dalla rivista, tutti rilasciavano microplastiche anche se in differenti quantità da marchio e marchio.

In quanto a sostanze tossiche presenti nella composizione dei jeans, 60 Millions de Consommateurs specifica che la maggior parte delle sostanze preoccupanti che rischiano di “inquinare” il tessuto e irritare la pelle non sono state trovate. Un discorso a parte va fatto però per la formaldeide che tutti i jeans contenevano, anche se generalmente in quantità molto basse (meno di 10 mg / kg di tessuto).

Il test ha penalizzato di più quei jeans che ne contenevano quantità maggiori, è il caso dei jeans Celio, Zara e C&A.

Tutti i marchi di jeans devono indicare obbligatoriamente in etichetta la composizione del capo, con la percentuale delle diverse fibre tessili. Oltre al cotone, l’elastan si trova molto spesso, soprattutto nei modelli slim, ma la rivista francese sottolinea di stare molto attenti alla proporzione indicata. Infatti, se vi è più del 5% di questo materiale sintetico, i jeans non possono essere riciclati.

Alcuni jeans avevano però proporzioni di elastan molto superiori a quelle indicate dal produttore. È il caso dei jeans Celio ma anche degli Hollister e Diesel che, oltre a questo tessuto sintetico, contengono anche elastomultiestere, un altro materiale sintetico non indicato in etichetta.

Complessivamente, considerando tutti i parametri, il miglior paio di jeans è risultato essere quello a marchio Replay (da uomo). Mentre per le donne il Jeans Gémo.

In fondo alla classifica, segnalato come rosso, vi è invece il jeans Diesel (da donna). Per gli uomini in ultima posizione troviamo invece il jeans Celio.

Nelle seguenti tabelle i risultati del test.

jeans test

©60 Millions de Consommateurs

jeans donna test

©60 Millions de Consommateurs

Come scegliere i jeans

La rivista francese offre infine alcuni consigli a chi deve acquistare un paio di jeans e vuole fare una scelta attenta alla sostenibilità.

Molti jeans riportano in etichetta indicazioni di sostenibilità come “Eco wash”, “Wiser wash”, “Eco friendly” o anche “Better cotton Initiative” ma meglio non farsi abbindolare da tali slogan. Gli esperti della rivista suggeriscono di affidarsi ad etichette indipendenti controllate da enti autonomi come:

  • Ecolabel europeo che garantisce processi di produzione più puliti, alta qualità dei tessuti e durata. Limita l’uso di sostanze nocive nelle fibre tessili.
  • Ecocert Textile, certificazione che garantisce almeno il 70% di fibre naturali o da materiali rinnovabili o riciclati, la riduzione dei consumi di acqua ed energia ma anche l’utilizzo di coloranti, agenti tessili e processi di lavorazione più rispettosi dell’ambiente e della salute del consumatore.
  • Etichetta internazionale GOTS (Global Organic Textile Standard) che garantisce l’origine organica delle fibre e vieta le sostanze tossiche nella produzione o nella stampa di tessuti assicurando infine il rispetto fondamentale di condizioni di lavoro dignitose.
  • Etichetta Swiss BioRe che certifica che il cotone proviene da agricoltura biologica e che per la tintura non vengono utilizzati prodotti chimici. Assicura inoltre condizioni di lavoro eque per dipendenti e produttori.
  • Certificazione Oeko-Tex Standard 100 che garantisce che i tessuti etichettati – biologici e non – rispettino la soglia normativa per le sostanze inquinanti, cancerogene e allergeniche.
  • Il marchio Bluesign ha lo scopo di garantire che la produzione di abbigliamento, in fibre naturali o sintetiche, rispetti l’ambiente (divieti e restrizioni di sostanze pericolose per la salute, riduzione dei consumi di acqua ed energia, soglie per le emissioni in aria e in acqua).

Altre indicazioni utili sono le seguenti:

  • Leggere la composizione dei jeans,  evitando quelli con oltre il 5% di elastan che dunque non possono essere riciclati.
  • Scegliere jeans con il minor numero di “punti duri” come rivetti, bottoni e altri accessori. Questi creano problemi per il riciclaggio (e possono anche rovinare le magliette e altri capi in fase di lavaggio).
  • Privilegiare l’acquisto di jeans con un tessuto piuttosto spesso e solido. In questo caso la vita del capo sarà più lunga e di conseguenza minore sarà l’impatto ambientale associato alla produzione.

Infine, anche se l’etichetta consiglia di lavare i jeans ad alta temperatura, è sufficiente un lavaggio a 30° C. Si evita così un consumo eccessivo di acqua ed energia.

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