La Francia dice stop alla distruzione dei vestiti rimasti invenduti

Forse non lo sapete, ma vi è una pratica davvero poco etica che riguarda il mondo della moda. Si tratta della possibilità che hanno le aziende (e che purtroppo spesso sfruttano) di distruggere vestiti e abiti rimasti invenduti. Adesso la Francia si accinge a vietare tutto questo spreco

Forse non lo sapete, ma vi è una pratica davvero poco etica che riguarda il mondo della moda. Si tratta della possibilità che hanno le aziende (e che purtroppo spesso sfruttano) di distruggere vestiti e abiti rimasti invenduti. Adesso la Francia si accinge a vietare tutto questo spreco.

Il governo francese si sta impegnando a redigere una legge, attesa entro la fine dell’anno, per limitare le pratiche non etiche in uso nel settore della moda. L’industria di abiti, pantaloni, magliette, ecc. è molto inquinante (si trova al secondo posto solo dopo le compagnie petrolifere) e per questo molti marchi stanno cercando di rendere il ciclo di produzione più efficiente pulito.

Ma questo non basta e non si può certo lasciare tutto il lavoro alle aziende che ovviamente seguono i propri interessi. Anche i governi devono dare il loro contributo per evitare gli sprechi. È il caso della Francia che appunto vuole vietare la pratica di distruggere la merce rimasta invenduta.

E’ in particolare Brune Poirson, Segretario di Stato presso il Ministro per la transizione ecologica ed inclusiva, a lavorare su questa legge, l’ultimo passo di uno sforzo annunciato lo scorso anno quando il primo ministro francese Edouard Philippe ha presentato 50 proposte finalizzate allo sviluppo dell’economia circolare del Paese. La “Roadmap per l’economia circolare” in 50 punti è stata pubblicata nell’aprile 2018 e mira a migliorare i metodi di produzione, i comportamenti di consumo, promuovere il riciclaggio dei rifiuti e garantire il coinvolgimento più ampio possibile delle diverse parti interessate.

Tra i 50 punti vi è anche quello grazie al quale, entro il 2019, il governo francese garantirà che i materiali invenduti nel settore della moda non vengano gettati via o distrutti. Ma come mai vi è tanto spreco di tessuti e abiti nuovi?

L’industria della moda di lusso vive del concetto di esclusività. I capi in surplus, dunque, che in caso sarebbero da vendere a prezzi stracciati o addirittura regalare, non sono visti di buon occhio. È per questo che alcune case di moda decidono di sbarazzarsi delle eccedenze con pratiche non etiche come appunto quella di bruciare vestiti e accessori.

Nel 2018, ad esempio, Burberry aveva bruciato la propria eccedenza per un valore di oltre 32 milioni di euro (di cui 11 milioni erano profumi). Fortunatamente da settembre l’azienda ha deciso di eliminare questa pratica.

Anche H&M, nonostante non sia azienda di lusso, non è da meno. Sempre nel 2018 il noto marchio aveva accumulato una quantità di merce dal valore totale di oltre 3milioni di euro, una parte della quale era finita bruciata. Secondo un rapporto del portale Business of Fashion, l’industria della moda scarta 500.000 milioni di euro di vestiti ogni anno.

La Francia è il primo paese europeo a proporre una legge per evitare degli sprechi così consistenti e decisamente non etici ma l’Ue nel “The European Clothing Action Plan (ECAP)”, piano di azione sull’abbigliamento che risale al 2015, si propone di migliorare le pratiche di produzione della moda nell’intero ciclo e di puntare sul riciclaggio.

Speriamo che presto l’Europa intera si unisca per fermare delle pratiche così scorrette.

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Francesca Biagioli

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