Perché a settembre (e non solo) dovresti smettere di comprare nuovi vestiti

Torna anche quest'anno la campagna Second Hand September di Oxfam, che ci invita a riflettere sull'impatto dei nostri acquisti e a comprare abiti usati anziché nuovi

Per produrre un paio di jeans e una t-shirt servono migliaia di litri di acqua, una quantità a quella che una persona beve nell’arco di 13 anni. Una cifra impressionante, che assume dimensioni ancora maggiori se consideriamo quanti capi di abbigliamento possiede ognuno di noi nel proprio armadio.

Abiti che magari non indossiamo nemmeno più e che finiranno in discarica insieme agli 13 milioni di vestiti che vengono gettati ogni settimana solo nel Regno Unito. Bastano questi numeri a comprendere quanto la fast fashion – nota anche come moda usa e getta – sia insostenibile per il Pianeta.

La campagna “Second Hand September” lanciata dalla l’organizzazione benefica globale Oxfam, in collaborazione con l’attrice britannica, Felicity Jones, ha proprio l’obiettivo di ridurre l’impatto che la fast fashion ha sull’ambiente, e chiede tutti noi di non acquistare capi di abbigliamento nuovi per almeno un mese e di donare quelli che non si usano più.

A settembre, complici i saldi e il cambio di stagione, gli acquisti di abbigliamento aumentano: c’è chi pensa a rinnovare il guardaroba in vista della stagione fredda e chi approfitta degli sconti per accumulare vestiti per la prossima estate.

Una campagna per combattere il modello della fast fashion

Felicity Jones e Oxfam invitano quindi i consumatori a evitare acquisti compulsivi, a chiedersi di cosa si ha davvero bisogno e fare shopping nei negozi dell’usato, anziché nelle grandi catene che propongono abbigliamento a basso prezzo e di scarsa qualità. La fast fashion infatti consente sì di riempire il proprio armadio con abiti alla moda a prezzi bassi, ma rappresenta una minaccia il nostro Pianeta.

L’impatto ambientale enorme della moda usa e getta deriva dalla filosofia che sta alla base di questo tipo di mercato: offrire abbigliamento economico e di bassa qualità, che segue i dettami della moda, così che i consumatori si trovino costretti entro poco tempo a comprare abiti nuovi, gettando via quelli acquistati solo pochi mesi prima perché non più attuali o eccessivamente usurati.

In questo modo l’industria della fast fashion produce ininterrottamente abbigliamento poco durevole sprecando un’infinità di risorse e i consumatori sono costretti a rinnovare continuamente il proprio guardaroba, generando tonnellate di rifiuti. È un circolo vizioso senza fine, che garantisce alti profitti a chi opera nel settore dell’abbigliamento e che provoca un enorme spreco di risorse, nonché lo sfruttamento di migliaia di lavoratori.

La campagna “Second Hand September” ci invita a riflettere sull’impatto dei nostri acquisti e a uscire da questo meccanismo, scegliendo abiti di seconda mano anziché nuovi. optando per una delle tante associazioni benefiche.

La speranza è quella di convincere quante più persone possibile a modificare le proprie abitudini di acquisto, a ponderare le proprie scelte e a optare per il mercato dell’usato per il bene dell’ambiente e non solo: rivolgersi ai negozi di seconda mano consente anche di risparmiare, poiché non è per nulla raro trovare occasioni imperdibili e acquistare a prezzi stracciati abiti sartoriali di ottima qualità, insensibili al passare del tempo. La caccia all’affare può rivelarsi un’esperienza molto divertente oltre che sostenibile!

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Fonte: Oxfam

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