Etiopia: le mani operaie di HM, Guess e Calvin Klein guadagnano appena 26 dollari al mese

I lavoratori etiopi del settore dell'abbigliamento sono i meno pagati del mondo. Essi lavorano per marchi come Guess, H&M e Calvin Klein ma guadagnano 26 dollari al mese. È quanto ha rivelato un nuovo inquietante rapporto Usa

I lavoratori etiopi del settore dell’abbigliamento sono i meno pagati del mondo. Essi lavorano per marchi come Guess, H&M e Calvin Klein ma guadagnano 26 dollari al mese. È quanto ha rivelato un nuovo inquietante rapporto Usa.

Se i colleghi delle fabbriche del Bangladesh finora sembravano i più sfruttati, gli operai dell’industria tessile etiope lavorano in condizioni da fame.

Colpa anche del governo. L’Etiopia, che mira a diventare il principale centro manifatturiero del continente, ha sedotto gli investitori sottolineando la volontà dei dipendenti di lavorare per meno di un terzo degli stipendi dei lavoratori del Bangladesh.

Lo studio, riportato da Le Monde e condotto dallo Stern Center for Business and Industry della New York University, ha messo a confronto le condizioni e i salari degli operai del mondo scoprendo che quelli del Bangladesh, notoriamente mal pagati, guadagnano 95 dollari al mese, quelli del Kenya $ 207 e quelli cinesi 326. Gli etiopi appena 26 dollari.

Sufficienti in base al costo della vita? Tutt’altro se si considera che un etiope ha bisogno di circa 110 dollari al mese per sopravvivere.

Secondo il rapporto, i lavoratori del settore tessile, molti dei quali donne, operano in condizioni pessime. Lo studio ha esaminato l’Hawassa Industrial Park, uno dei cinque centri industriali inaugurati dal governo dal 2014, che impiega 25.000 persone e produce abbigliamento per marchi distribuiti in tutto il mondo. A lungo termine, lì dovrebbero lavorare circa 60.000 persone. Aziende cinesi, indiane e cingalesi hanno aperto fabbriche in questo parco.

Il governo prevede che le esportazioni di abbigliamento, che attualmente valgono 145 milioni di dollari all’anno, salgano addirittura a circa $ 30 miliardi. Un obiettivo che “sembra irrealistico”, secondo il rapporto, se non altro perché i bassi salari hanno già portato a una scarsa produttività, a ripetuti scioperi e ad un elevato turn over. Basti pensare che le fabbriche sostituiscono in media tutti i loro dipendenti ogni 12 mesi.

“Il piano etiopico di diventare una grande nazione esportatrice di indumenti si fonda in gran parte sul presupposto che i lavoratori accetteranno la paga di base estremamente bassa di $ 26 al mese, che non è abbastanza per sopravvivere, anche in Etiopia. Invece della manodopera a basso costo e rispettosa promossa in Etiopia, i fornitori con sede all’estero hanno incontrato dipendenti insoddisfatti del loro compenso e delle condizioni di vita e sempre più disposti a protestare fermando il lavoro o addirittura lasciandolo” ha detto uno degli autori dello studio, Paul Barrett dello Stern Center for Business and Industry.

L’Etiopia è il secondo paese più popoloso dell’Africa, con circa 105 milioni di persone che vivono ancora in gran parte di agricoltura e che affrontano gravi problemi come la siccità e la povertà.

grafico etiopia

Per questo lo Stern Center ha chiesto al governo etiopico di introdurre un salario minimo e sviluppare un piano economico a lungo termine per rafforzare l’industria dell’abbigliamento.

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Francesca Mancuso

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