Fashion revolution week: è tempo di domandarci da dove vengono i nostri vestiti

Fashion Revolution chiede maggiore trasparenza al mondo della moda, dove milioni di persone lavorano in condizioni indignitose

In occasione della Fashion Revolution Week 2021 (19-25 aprile), Fashion Revolution ha lanciato una campagna pubblica per chiedere maggiore trasparenza al mondo della moda, dove milioni di persone in tutto il mondo lavorano spesso in condizioni poco dignitose per creare i vestiti che indossiamo

Attraverso l’hashtag #WhoMadeMyFabric? Fashion Revolution incoraggia i consumatori a interrogare più di 60 grandi marchi di abbigliamento per svelare pubblicamente le figure coinvolte nel processo produttivo delle loro catene produttive a livello globale. I consumatori possono essere coinvolti nella campagna in vari modi:

  • Contattando direttamente i brand, con una mail o attraverso i moduli di contatto presenti sui loro siti Internet
  • Taggando i brand in post sui social media, utilizzando l’hashtag #WhoMadeMyFabric
  • Lasciando una recensione sulle pagine dei prodotti dei brand (i brand sono particolarmente sensibili alle recensioni, e questo potrebbe essere un ottimo modo per attirare la loro attenzione)

(Leggi: In tutto il mondo la fast fashion non paga i lavoratori delle fabbriche (e fa scontare loro la crisi del Covid-19))

La mancanza di visibilità sui processi produttivi può lasciare alle aziende produttrici un buon margine per sfruttamento dei lavoratori, scarsa sicurezza e danni ambientali. Per molti anni ci sono stati numerosi report su sfruttamento e abuso dei diritti umani nelle aziende tessili, dei laboratori clandestini, nelle concerie, ma anche nelle piantagioni e negli allevamenti intensivi di tutto il mondo che forniscono materie prime alla grande industria della moda.

La diffusione pubblica di queste informazioni è utile perché permette ai sostenitori dei diritti dei lavoratori di identificare e diffondere eventuali abusi e di porvi rimedio collaborando con i brand e con i fornitori di materie prime. Questa maggiore visibilità all’interno della catena produttiva è utile anche ai brand e ai negozi, perché permette di gestire meglio i rischi sociali e ambientali che potrebbero danneggiare la loro attività. Infine, fa bene ai consumatori, perché permette loro di trovare una risposta alla domanda chi ha fatto i miei vestiti? e di scegliere consapevolmente cosa indossare.

fashion revolution

@ AthinaKourda/fashionrevolution.org

Fashion Revolution è un’associazione fondata all’indomani del disastro di Rana Plaza (Bangladesh) del 2013, considerato il più grande incidente mortale connesso all’industria tessile della storia umana. 1129 persone morirono nel crollo di un palazzo che ospitava varie fabbriche di abbigliamento, dopo che l’avviso di sgomberare l’area per evidenti segni di cedimento strutturale era stato ignorato dai proprietari delle industrie.

In breve tempo Fashion Revolution è diventato il più grande movimento di attivismo nell’industria della moda, mobilitando cittadini, industrie e mondo politico attraverso ricerche, campagne di sensibilizzazione e lavoro attivo in tutela dei diritti dei lavoratori.

Siamo coloro che indossano i vestiti, ma siamo anche coloro che li fanno, questo è il motto del movimento.

Fonte: Fashion Revolution / Fashion Revolution Campaign 

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