Pitoni: la moda europea ne uccide mezzo milione ogni anno per la pelle

Quasi mezzo milione di pelli di pitone vengono esportate ogni anno dal Sudest asiatico. Gli importatori principali sono, udite udite, le case di moda europee. È quanto ha scoperto uno studio condotto dall'International Trade Centre (ITC), in collaborazione con Traffic e l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN)

Quasi mezzo milione di pelli di pitone vengono esportate ogni anno dal Sudest asiatico. Gli importatori principali sono, udite udite, le case di moda europee. È quanto ha scoperto uno studio condotto dall’International Trade Centre (ITC), in collaborazione con Traffic e l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).

Secondo il dossier il commercio di pelli di pitone ha un valore stimato attorno ad un miliardo di dollari all’anno. Indonesia, Malesia e Vietnam sono le fonti principali delle esportazioni di pelli di pitone. E tra i principali importatori troviamo i paesi dell’Unione europea, ed in particolare Italia, Germania e Francia. Circa il 70% di tutte le pelli di pitone vengano riesportate via Singapore. Il rapporto ha mostrato inoltre che le falle nei sistemi di controllo dei paesi di partenza oltre a favorirne il commercio illegale, facilitano anche il riciclaggio di pelli.

Ma non solo. La macabra uccisione dei pitoni per ottenerne le pelli ha due aspetti. Intanto, occorre dire che il 20% di quelle esportate dal Sud Est asiatico sono dichiarate come provenienti da animali in cattività. Che teoricamente dovrebbe essere un fatto positivo visto che non vengono toccati animali che vivono in natura e che potrebbero rischiare l’estinzione. Ma è pur sempre l’uccisione di un essere vivente, a prescindere dal luogo in cui vive. A tal proposito, e qui viene il secondo aspetto, il dossier ha sollevato dei dubbi sul fatto che questo 20% provenga realmente da animali in cattività. Secondo il rapporto i costi di allevamento sostenuti affinché i rettili possano raggiungere la taglia adatta per essere uccisi sono di gran lunga più elevati rispetto a quanto viene venduta una pelle sul mercato. Chi venderebbe per non ricevere alcun guadagno? Ecco svelata la bugia.

Ma i guai non sono ancora finiti. Un ulteriore problema riguarda il fatto che un gran numero di pitoni selvatici vengono macellati prima di raggiungere la fase riproduttiva, con una riduzione a lungo andare del numero di specie, ed in primis quella del pitone reticulatus asiatico. Ad orrore si aggiunge altro orrore se si pensa ai metodi di macellazione utilizzati.

pelle pitone

Una pelle di pitone reticulatus di 2,5 metrispiega Massimiliano Rocco, responsabile specie, Traffic e foreste del Wwf Italia – che sul mercato in Indonesia costa circa 125 dollari, dopo la lavorazione può trasformarsi in cinque portafogli, due borse e due paia di scarpe, rendendo anche oltre diecimila euro“.

Tomas Waller, il presidente del Boa e Specialist Group Python (BPSG) della IUCN ha aggiunto che “a quanto pare una parte sostanziale delle pelli in commercio provengono illegalmente da animali selvatici, al di là delle quote concordate, e si utilizzano permessi falsi per riciclare i resti”.

Vi è un forte incentivo finanziario per il commercio illegale di pelli di pitone e una portata considerevole per gli operatori che rilasciano permessi falsi“, ha dichiarato Olivier Caillabet, Responsabile del Programma Traffico nel Sud-Est asiatico, e co-autore del rapporto.

Che fare? i divieti commerciali non sono un modo efficace o quantomeno sufficiente per affrontare tutti questi aspetti. Secondo il dossier, nell’industria della moda dovrebbe essere implementato un sistema di tracciabilità in grado di dimostrare ai consumatori che il suo approvvigionamento è legale e sostenibile. Il sistema dovrebbe integrare l’attuale sistema di autorizzazione CITES, per consentire l’individuazione di pelli per tutta la lunghezza della catena di approvvigionamento.

Ma è proprio necessario avere un portafogli o una borsa di pitone?

Francesca Mancuso

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