Inverno vegan e cruelty-free/4: ecco perché dire no alla pelliccia

Uno di quegli argomenti che sembra dividere le coscienze è l'argomento pelliccia. In voga negli anni '70 e poi di nuovo negli '80 e '90 sembrava ormai archiviata come forma di manifestazione di ricchezza e lusso- perché di questo si è sempre trattato - poco importava se per averla decine di animali dovevano essere resi in schiavitù, uccisi e scuoiati e non sempre in quest'ordine.

Uno di quegli argomenti che sembra dividere le coscienze è l’argomento pelliccia. In voga negli anni ’70 e poi di nuovo negli ’80 e ’90 sembrava ormai archiviata come forma di manifestazione di ricchezza e lusso– perché di questo si è sempre trattato – poco importava se per averla decine di animali dovevano essere resi in schiavitù, uccisi e scuoiati e non sempre in quest’ordine.

Da piccini tutti noi ci siamo schierati dalla parte dei 101 e non di Crudelia, ma si sa’ crescendo le cose cambiano e le persone diventano sempre meno attente ai risvolti nascosti- anche se in questo caso ben poco nascosti – delle cose e delle scelte che fanno soprattutto quando si tratta di mostrare al resto della società il proprio status e il proprio successo.

Sì perché fin dagli anni ’70, avere una pelliccia per una donna o una giacca di “montone” significava far sapere al mondo su quale gradino sociale ci si trovasse.

Certo piano piano la mentalità cambiò e negli anni ’90 molte persone iniziarono ad interrogarsi su una moda che proponeva canoni così cruenti; questo perché grazie agli attivisti sempre più presenti nel mondo della contro-informazione e grazie anche allo sviluppo di internet, i video e le immagini di sfruttamento e agonia anche più cruente facevano il giro del mondo e interrogavano la gente sulla vera natura di un oggetto così assolutamente inutile e manifestante la mera crudeltà umana.

Sì perché se l’industria della carne può ancora nascondersi dietro alla scusa “è necessaria per vivere” quella della pelliccia sembra proprio non poterlo fare.

Tutti noi attorno alla metà degli anni ’90 ci ricordiamo delle prime immagini diffuse in mondovisione delle uccisioni barbariche ed agghiaccianti dei piccoli cuccioli candidi di foca sul ghiaccio ad opera di aguzzini spietati, ma la vera domanda non doveva essere perché, ma per-chi!

Ebbene sì: spesso ci dimentichiamo infatti che la legge del mercato si fonda sulla domanda e offerta.

Quindi se animali in libertà vengono trucidati oppure allevati, rinchiusi per tutta la loro assurda esistenza ed uccisi, non è certo per vezzo, ma per richiesta di mercato. Un mercato che si regge sulla continua richiesta di case dimora che propongono un canone estetico crudele e vile.

Quando ci troviamo a scegliere una giacca chiediamoci che cosa stiamo facendo davvero: forse stiamo scegliendo se far vivere o morire decine di animali innocenti, forse stiamo scegliendo se supportare un mercato così crudele come quello delle pellicce che dovrebbe invece terminare oggi stesso.

Si tratta sempre di scelte.

Dopo le foche, i visoni,le volpi, gli ermellini, insomma tutti animali che per i più sono prontamente associati all’industria delle pellicce fu’ la volta delle pellicce di cane e gatto.

Perché sì, forse a molti non importerà, ma a quanto pare la maggior parte della gente fin tanto che si tratta di animali non da compagnia non sembrano minimamente presi né sensibili, mentre se si tratta della specie con cui dividono la vita, allora le cose cambiano: tutti ad alzarsi in piedi come la santa inquisizione anche quelli che riponevano in armadio una “bella pelliccia di visone”…

La comunità europea si attivò per leggi che impedivano l’importazione e la vendita di queste pellicce e in linea di massima fu’ rispettata da tutti…ma nel frattempo la moda tornò e poveri lapin -ossia poveri conigli- ermellini, visoni, volpi, …vennero riproposti dall’industria della moda sotto forma di inserti.

Gli inserti: meno riconoscibili, rintracciabili, meno costosi ma pur sempre presenti.

Secondo Lav si stima che ogni anno nel mondo almeno 70 milioni di animali sono allevati per l’industria delle pellicce da aggiungere altri 10 milioni catturati in natura.

La stessa Lav ha creato il sito dedicato all’argomento nonlosapevo.com dove è possibile avere una carrellata di notizie sull’argomento.

Ma ancora il network AgireOra con il suo sito dedicato permette la visione a 360° sull’argomento attraverso la possibilità di vedere filmati e gallerie fotografiche su Come vivono e muoiono gli animali “da pelliccia” , acquisire materiale da diffondere e dove è possibile trovare informazioni utili circa lo sfruttamento e le campagne attive.

Inoltre è possibile fare scelte consapevoli grazie alla lista cruelty-free proposta da la voce dei conigli o alla lista lav delle aziende che non usano pellicce.

Ma ancora grazie a collettivo animalista è possibile non solo analizzarne ogni aspetto ma scaricare il pdf realizzato in collaborazione con agireora.org, ad-international.org e furstop.com circa lo studio sull’industria intensiva di animali da pelliccia” pubblicato nel 2010.

Ma cosa puoi fare direttamente?

Ovviamente non comprare mai capi di vestiario decorati in pelliccia, evitare i negozi che vendono questi prodotti scegliendo catene o marchi che si sono proclamati fur-free e se qualcuno che conosci- mamma, parenti, amici- ancora acquista capi in pelliccia sensibilizzarlo sull’argomento.

La conoscenza è il passo precedente necessario alla scelta consapevole.

Kia – Carmela Giambrone

Inverno vegan e cruelty free 1/No alla lana

Inverno vegan e cruelty free 2/Piumini d’oca addio!

Inverno vegan e cruelty free 3/Perché non indossare la pelle

 

 

 

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