Nuova Zelanda: continua la lotta contro la marea nera mentre la Rena sta affondando

Si complicano le operazioni per fermare la marea nera che fuoriesce dalla Rena, incagliatasi il 5 ottobre su una stupenda barriera corallina al largo delle coste settentrionali della Nuova Zelanda. Sono passati ben 10 giorni dal tragico incidente e la nave ha già perso oltre 390 tonnellate di gasolio delle 1700 tonnellate di carburante presenti nella sua pancia, che si sono irrimediabilmente riversate in mare provocando uno dei peggiori disastri ambientali mai avvenuti nel Paese.

Si complicano le operazioni per fermare la marea nera che fuoriesce dalla Rena, al largo delle coste settentrionali della Nuova Zelanda. Sono passati ben 10 giorni dal tragico incidente e la nave ha già perso oltre 390 tonnellate di gasolio delle 1700 tonnellate di carburante presenti nella sua pancia, che si sono irrimediabilmente riversate in mare provocando .

L’ondata di greggio si è assottigliata, ma il suo fronte si è ampliato e minaccia anche la località di Whakatane, a 90 chilometri da Tauranga, mentre su alcune spiagge si sono riversati anche altri materiali tossici e pericolosi fuoriusciti dai 90 container caduti in mare, tra cui il ferrosilicone, un composto che emette gas infiammabile.

La posizione del cargo, con metà della prua fermamente incastrata nei banchi della barriera corallina e con la poppa sommersa a più di 90 metri di profondità, e la sua forte inclinazione, arrivata a 22 gradi, rendono sempre più difficili le operazioni. Lo scafo della nave, lunga 236 metri e pesante 47 mila tonnellate, è attraversato da una preoccupante crepa larga in alcuni punti fino a un metro, che fa pensare a una possibile rottura, anche se “non imminente”, come spiegano le Autorità. Ma, prima o poi, il peggio sarà inevitabile, anche perché “la nave è tenuta insieme solo dalle sue componenti interne”, ha spiegato il portavoce della Marina neozelandese, Andrew Berry, in un incontro coi residenti.

Calati da un elicottero sul ponte della portacontainer, i soccorritori stanno portando avanti in queste ore una rischiosa operazione per valutare se e come si possano pompare via le oltre mille tonnellate di petrolio ancora nei suoi serbatoi, prima che la scafo si spacchi del tutto. Si pensa di installare attrezzature e piattaforme sulla parte alta della poppa della nave per ricavare una superficie pianeggiante su cui lavorare. “C’è qualche speranza… potrebbero riuscire a iniziare a pompare carburante domani, ma non possiamo dare dei tempi, quella nave è davvero molto pericolosa”, ha detto Matthew Watson della società di salvataggio Svitzer.

Intanto, a terra, squadre di soccorritori muniti di tute bianche sono all’opera per ripulire le coste nella zona di Bay of Plenty, famosa per lo straordinario quanto fragile ecosistema, dalle dense bolle nere e per salvare uccelli e altri animali appesantiti dalla melma nera, mentre migliaia di altri esemplari continuano a morire inesorabilmente.

Quanto alle cause di questa ennesima tragedia ambientale, il governo fa sapere che intende indagare a fondo. Vuole capire soprattutto come sia stato possibile che la nave si sia incagliata in una barriera corallina ben indicata sulle carte nautiche e, soprattutto, con condizione meteo favorevoli. Perché quel tragico 5 Ottobre il mare era calmo e la visibilità ottima.

Intanto il comandante e il secondo ufficiale sono stati arrestati e incriminati secondo la legge marittima che copre attività pericolosa che coinvolga navi o altri prodotti marittimi. Ora rischiano fino a 12 mesi di carcere e una multa pari a 5.700 euro, pena che potrebbe apparire davvero esigua rispetto ai danni causati. I 25 membri dell’equipaggio filippino, invece, sono stati trasferiti in un luogo segreto per timore di rappresaglie da parte della popolazione locale infuriata.

Ora però bisogna agire in fretta, perché se attualmente le condizioni meteo sono favorevoli, i venti potrebbero ben presto aumentare, costringendo le squadre di soccorso a lasciare la nave.

Roberta Ragni

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