Sprechi alimentari: comincia a cadere il mito della data di scadenza

Quanto spreco generano le etichette con la data di scadenza? E quanto sono attendibili tale date? In America la soluzione potrebbe essere la close dating

Da consumare preferibilmente entro il...” Ma quanto è reale tale dicitura? Davvero dobbiamo gettare via gli alimenti superata la data di scadenza segnalata sulla confezione? A quanto pare, proprio tale indicazione è causa di errori e di sprechi alimentari, poiché in un certo senso invita a gettare qualcosa, nel dubbio che non sia più buona da mangiare.

Secondo una ricerca condotta nel Regno Unito dalla WRAP, un numero variabile tra il 45 e il 49 dei consumatori fraintende il significato delle date nelle etichette, generando una quantità enorme di cibo scartato prematuramente.

E il problema, secondo l’organizzazione, sarebbe a monte visto che ancora oggi il 20 per cento delle etichette creano confusione. Non a caso, naturalmente. Perché se non comprendiamo l’etichetta e abbiamo il dubbio che ciò che stiamo per mangiare non è buono, lo gettiamo via e andiamo a comprarlo nuovamente. Il discorso non fa una grinza, a tutto vantaggio dei soliti.

Ma qualche mese fa, sempre in Gran Bretagna, il governo ha deciso di eliminare l’avvertenza “sell by” ossia “vendere entro” una determinata data, presente su tutti i di prodotti alimentaria al fine di limitare tale spreco. Secondo gli esperti, infatti, anche la datazione potrebbe creare confusione visto che un alimento, non scaduto, potrebbe danneggiarsi anche per un cattiva conservazione da parte dell’utente finale, il quale si ritroverebbe comunque a consumarlo, valutando esclusivamente la data di scadenza.

Ed è per questo che al più perentorio “vendere entro” si sono sostituite le diciture “use by” che riguardano la data entro cui consumare gli alimenti e “best by” ossia il periodo in cui il prodotto è nelle condizioni migliori (un po’ come successo in Italia quando si è aggiunta la dicitura “preferibilmente” sulla data di scadenza.

Anche perché solo per il latte la scadenza è prevista per legge. Per tutti gli altri prodotti la data di scadenza o il tempo medio di conservazione è indicato dal produttore.

Secondo gli esperti, duplice è il danno legato alla confusione sulle etichette. In primo luogo è economico, visto che sono 5 milioni le tonnellate di alimenti che vengono gettate via ogni anno in Gran Bretagna, la cui data di vendita è scaduta ma che in realtà sono ancora perfettamente commestibili. Si parla di un danno economico di 12 miliardi di sterline, circa 14 miliardi di euro, solo in Gran Bretagna, che incide nella spesa annua di ogni famiglia inglese per 700 sterline (850 euro). In secondo luogo, si crea una grossa quantità di rifiuti che potrebbe essere eliminata tranquillamente, consumando gli alimenti in buono stato.

data_scadenza

Come ovviare al problema? La soluzione dell’eliminazione del “sell by” potrebbe essere utile ma non basta, come abbiamo visto anche in Italia, a risolvere la questione. Una proposta arriva dagli Stati Uniti ed è rappresentata dal Close dating. Datazione chiusa, letteralmente. E in queste due parole potrebbe essere racchiusa una delle possibili soluzioni al problema degli sprechi legati alle date sulle etichette. Ma in cosa consiste? La proposta americana consiste in un sistema che utilizza un codice per comunicare informazioni sulla freschezza del prodotto ai negozi senza confondere i consumatori. Si eliminerebbe dunque l’origine della confusione sulle date. Ma in questo caso il consumatore come potrà regolarsi?

In Italia, una delle iniziative più valide per recuperare il cibo ancora in buono stato è rappresentata, sicuramente dai last minute market, che accumulano gli alimenti scartati dalla grande distribuzione per via della data di scadenza, ma ancora in buono stato e commestibili donandoli a persone in condizioni di disagio economico o sociale.

Francesca Mancuso

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