Altro che Black Friday, oggi è il Buy Nothing Day

Quando è stata l’ultima volta che siete usciti di casa e per un giorno intero, non avete acquistato nulla? L’occasione giusta potrebbe essere oggi che si celebra il 'Buy Nothing Day', ovvero una protesta contro il consumismo sfrenato, che ci spinge a comprare cose di cui non abbiamo bisogno.

Quando è stata l’ultima volta che siete usciti di casa e per un giorno intero, non avete acquistato nulla? L’occasione giusta potrebbe essere oggi che si celebra il ‘Buy Nothing Day’, ovvero una protesta contro il consumismo sfrenato, che ci spinge a comprare cose di cui non abbiamo bisogno.

In questi giorni, siamo bombardati dalla pubblicità sul Black Friday, la giornata che negli Stati Uniti, segna l’inizio dello shopping natalizio.

In risposta a questo, dal settembre del ’92 esiste il Buy Nothing Day , una giornata promossa dall’artista Ted Dave che si celebra il venerdì dopo il ringraziamento americano, noto appunto come il venerdì nero.

Da Vancouver, la giornata ‘del non comprare nulla’, è arrivata anche nel Regno Unito, Israele, Austria, Germania, Nuova Zelanda, Giappone, Paesi Bassi, Francia e Norvegia e attualmente 65 nazioni si impegnano concretamente in tal senso.

“Non si tratta solo di cambiare le vostre abitudini per un giorno, ma di assumere stili di vita diversi con meno consumismo e meno produzione dei rifiuti”, è uno degli slogan della giornata.

Chi decide di aderire al ‘Buy Nothing Day’ deve semplicemente non comprare nulla per un’intera giornata e impiegare il tempo in maniera più costruttiva come ad esempio fare una passeggiata, rimanere a casa con gli amici, visitare gratuitamente uno dei tanti luoghi che la nostra Italia ci offre.

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Negli Stati Uniti si organizzano anche eventi simpatici come lo Zombie walk che consiste nel visitare negozi guardando gli oggetti senza acquistarli. È un gesto simbolico ovviamente, che va però a sensibilizzare sulla possibilità di cambiare il proprio stile di vita.

24 ore di disintossicazione dallo shopping lontano soprattutto dalle multinazionali che di certo non fanno bene né al portafoglio né all’ambiente.

Una ricerca pubblicata da Greenpeace Germania evidenzia le gravi conseguenze sull’ambiente dell’eccessivo consumo, in particolare di capi d’abbigliamento.

“Difficile resistere alla tentazione di un buon affare, ma l’offerta di prodotti a basso costo fa sì che consumiamo e produciamo rifiuti a un ritmo più elevato di quello che il nostro pianeta può sostenere” afferma Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace che partecipa al Buy Nothing Day.

Gli acquisti d’impulso spesso poi finiscono in un angolo dell’armadio e dopo qualche tempo nella discarica.

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In media una persona acquista il 60% in più di prodotti d’abbigliamento ogni anno e la loro durata media si è dimezzata rispetto a 15 anni fa producendo montagne di rifiuti tessili. La produzione di vestiti è raddoppiata dal 2000 al 2014, con le vendite che sono passate da un miliardo di miliardi di dollari nel 2002 a 1,8 miliardi di miliardi nel 2015. Si prevede che nel 2025 arrivino a 2,1 miliardi di dollari.

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“L’impatto ambientale deriva da veri fattori quali le sostanze chimiche usate dall’industria tessile che inquinano fiumi e oceani e le elevate quantità di pesticidi impiegati nelle piantagioni di cotone che contaminano le terre agricole o le sottraggono alla produzione di alimenti. Uno dei costi maggiori per il Pianeta viene però dal crescente uso di fibre sintetiche: il poliestere, in particolare, emette quasi tre volte più CO2 nel suo ciclo di vita rispetto al cotone. Presente già nel 60 per cento dell’abbigliamento, questo materiale può impiegare decenni a degradarsi e contaminare l’ambiente marino sotto forma di microfibre in plastica”, si legge nella ricerca.

Validi motivi per chiederci prima di acquistare: “ne ho realmente bisogno?”.

Dominella Trunfio

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