Acqua del rubinetto inquinata in Veneto, sversate per anni sostanze cancerogene

In Veneto, nuell’acqua che per anni moltissimi vicentini bevuto c'erano livelli troppo elevati di Pfas, sostanze cancerogene. Sotto accusa l'azienda Miteni.

Disastro ambientale in Veneto. Per anni l’azienda chimica Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza, avrebbe sversato nelle falde acquifere circostanti sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), note come cancerogene per l’uomo.

Già un anno fa un fascicolo sull’inquinamento da Pfas era stato aperto dalla Procura di Vicenza, ma rischiava di essere archiviato perché le sostanze incriminate – utilizzate in questo caso per impermeabilizzare pentole e tessuti – non rientravano nella tabella di quelle valutate inquinanti. Settimana scorsa però, Luigi di Maio, vicepresidente Cinque stelle della Camera, ha presentato un nuovo esposto con il presupposto che le Pfas siano state inserite in tabella così come recepito dalle normative europee. In questo modo, lo stesso fascicolo si attualizza e potrebbe diventare più voluminoso se si vanno aggiunti i risultati del biomonitoraggio eseguito dalla Regione con l’Istituto superiore di sanità.

Dal biomonitoraggio è di fatti emerso che nel sangue di 507 veneti esposti all’inquinamento delle falde acquifere da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) sono state trovate concentrazioni “significativamente superiori” rispetto al resto della popolazione, tanto che ora scatterà una maxi-campagna sanitaria dedicata a 250 mila residenti fra le province di Vicenza, Verona e Padova.

L’annuncio è stato dato mercoledì a Venezia, in seguito a un incontro tra Regione, Iss ed esponenti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La Regione Veneto ha così avviato due linee di sorveglianza: ambientale e sanitaria. Sul fronte ambientale, gli esperti hanno messo in sicurezza l’acqua potabile attraverso filtri a carboni attivi, promuovendo nel 2014 la mappatura dei pozzi privati a uso potabile. Quanto alla salute dei cittadini coinvolti, è stato avviato un monitoraggio sierologico sulla popolazione e uno studio epidemiologico che durerà 10 anni e che comincerà con le 60mila persone maggiormente esposte alle sostanze tossiche.

Acqua contaminata, gli esami

Per le indagini sono stati arruolati 257 residenti nei centri ad alto impatto (Montecchio Maggiore, Lonigo, Brendola, Creazzo, Altavilla Vicentina, Sovizzo e Sarego), 250 abitanti in località scelte per un confronto (Mozzecane, Dueville, Carmignano, Fontaniva, Loreggia, Resana e Treviso) e 120 dipendenti di aziende zootecniche. La ricerca di circa 12 biomarcatori, appartenenti alla famiglia delle Pfas, si è conclusa con risultati maggiori nel campione dei comuni a maggior impatto rispetto a quelli di confronto (con un rapporto di 10 a 1) e, nell’area più a rischio, con esiti più rilevanti nel territorio dell’Usl 5, quella dove si trova lo stabilimento Miteni, rispetto all’Usl 6.

I Pfas si legano alle proteine del plasma e del fegato e vengono eliminate dai reni ma con molta lentezza: tra le conseguenze di una loro alta concentrazione nel sangue ci si sono colesterolo alto, ipertensione, alterazione dei livelli del glucosio, effetti sui reni, patologie della tiroide e, nei soggetti più esposti, tumore del testicolo e del rene.

E l’azienda?

Intanto la Miteni si solleva da ogni responsabilità e precisa in una nota che “la presenza di Pfas nella vasta area non può essere dovuta alla falda dello stabilimento Miteni. Un’area così vasta va necessariamente riferita al sistema di scarichi consortili a cui sono collegate centinaia di aziende del territorio”.

La Miteni, inoltre, dichiara che non produce più Pfos e Pfoa dal 2011, e ancora prima i reflui delle lavorazioni erano inviati a sistemi di trattamento esterni. “Pfos e Pfoa vengono usati tutt’oggi da oltre duecento industrie del settore conciario e manifatturiero presenti nella zona che li acquistano sul mercato estero, imprese che sono allacciate agli stessi scarichi consortili a cui è allacciata Miteni. Le acque in uscita dallo stabilimento di Trissino sono sotto costante controllo, trattate con sistemi che rispondono pienamente alle indicazioni del Consorzio senza che vi sia mai stato alcun superamento dei limiti richiesti. L’azienda ha peraltro investito nel trattamento delle acque e in interventi ambientali negli ultimi anni oltre 15 milioni di Euro”.

Questa la posizione dell’azienda. Il solito scaricabile, ma noi, tra Miteni e le mille concerie lì presenti, non possiamo colpevolizzare nessuno. L’unica cosa che speriamo è presto chi di dovere metta in atto importanti azioni per porre una volta per tutte dei limiti di legge agli scarichi di acque inquinanti nell’ambiente, anche a tutela della popolazione. E faccia pagare ai colpevoli di questa ennesima sciagura ambientale il giusto prezzo.

AGGIORNAMENTO DEL 21 FEBBRAIO 2017

Dall’Ufficio Stampa dell’l’azienda Miteni di Trissino ci fanno sapere quanto segue:

Vogliamo confermare al presidente Luca Zaia che Miteni continuerà a collaborare con le istituzioni per ogni approfondimento o accertamento riguardante la caratterizzazione dei terreni. Dal 2014 l’azienda ha realizzato, sotto la supervisione e indicazione di Arpa Veneto, oltre 70 carotaggi per analizzare il terreno dello stabilimento e altri 16 carotaggi all’esterno dell’impianto secondo un piano di valutazione condiviso con l’agenzia regionale. Siamo a completa disposizione degli organi ambientali e di controllo per un pieno accesso ai nostri terreni nello spirito di collaborazione che ribadiamo“.

Germana Carillo

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