Marea nera in Sardegna: il punto della situazione a venti giorni dal disastro ambientale

A poche settimane dalla fuoriuscita di petrolio avvenuta a Porto Torres, il responsabile dell'impianto E.On di Fiume Santo sarebbe finito nel registro degli indagati. Il suo è il primo nome di quella che potrebbe diventare di qui a poco tempo una lista molto lunga, in cui gli accusati saranno chiamati a rispondere di un disastro ambientale gravissimo. Nel frattempo, l'oleodotto in causa è stato posto sotto sequestro, ma la marea nera non si è ancora fermata, e qualcuno ha già segnalato la presenza di catrame sulla spiaggia La Pelosa (Stintino). D'altra parte, i volontari non possono intervenire, mentre il Ministro per l'Ambiente Stefania Prestigiacomo assicura: spiagge ripulite entro un mese.

A poche settimane dalla fuoriuscita di petrolio avvenuta a Porto Torres, il responsabile dell’impianto E.On di Fiume Santo sarebbe finito nel registro degli indagati. Il suo è il primo nome di quella che potrebbe diventare di qui a poco tempo una lista molto lunga, in cui gli accusati saranno chiamati a rispondere di un disastro ambientale gravissimo. Nel frattempo, l’oleodotto in causa è stato posto sotto sequestro, ma la marea nera non si è ancora fermata, e qualcuno ha già segnalato la presenza di catrame sulla spiaggia La Pelosa (Stintino). D’altra parte, i volontari non possono intervenire, mentre il Ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo assicura: spiagge ripulite entro un mese.

Il tutto in un contesto surreale di silenzio. Alla rabbia del popolo sardo e all’amarezza di quanti italiani hanno ancora a cuore il bene di questo paese, si somma infatti lo sconcerto di fronte alla censura preventiva operata da giornali, radio e soprattutto tv. Sui media nazionali l’argomento principale è sempre lui, Silvio Berlusconi, e per avere qualche notizia di ciò che sta tuttora accadendo nel mare a Nord Ovest della Sardegna bisogna rimboccarsi le maniche e collegarsi a internet. Ma noi di greenMe.it, che abbiamo seguito la vicenda fin dall’inizio, non vogliamo abbassare la guardia, per cui torniamo ancora una volta sull’argomento e vediamo, nel dettaglio, i nuovi sviluppi.

Innanzitutto lui, mister x, indagato senza nome che però, secondo indiscrezioni, sembra essere il responsabile dell’impianto di Fiume Santo, dove l’11 gennaio è avvenuta la perdita di olio combustibile. Di sicuro il mister x indicato dal magistrato Paolo Piras – titolare dell’inchiesta – è un dipendente dell’azienda E.On Italia, e la sua iscrizione nel registro degli indagati è stata la premessa per il sequestro dell’impianto e della porzione di banchina adiacente. Nei prossimi giorni verranno effettuate perizie sul posto, e ulteriori indagini potranno chiarire meglio le dinamiche dell’incidente, se di incidente si tratta.

Ma il suo nome, con ogni probabilità, non sarà l’ultimo, nonostante l’E.On abbia già messo a disposizione una sorta di memoria con le valutazioni specifiche riferite alla struttura in concessione e al relativo collaudo (2002). A parte le responsabilità penali e civili, infatti, bisogna tenere conto dei molti lati oscuri della vicenda: perché la E.On ha aspettato più di dieci giorni per ammettere il disastro e organizzare le squadre per ripulire le zone contaminate? Perché l’offerta di aiuto da parte di associazioni ambientaliste è stata e continua ad essere ignorata? Perché il Ministro Prestigiacomo non ha ancora dichiarato lo stato di emergenza?

La risposta è che chi ha in mano il potere, come sempre, agisce secondo il proprio interesse: meglio rimandare il problema, depistare, impedire che qualcuno possa testimoniare, meglio confondere le acque e parlare d’altro… Lo hanno capito quelli di Sea Shepherd, associazione che lotta contro la caccia alle balene, i quali, dopo aver offerto il proprio aiuto, si sono sentiti dire che “la sostanza da maneggiare è altamente cancerogena”! In altre parole: lasciate fare a noi. Il bello (o il brutto) è che qualsiasi intervento dovrebbe essere coordinato dal governo, e cioè dal Ministro Prestigiacomo, fino a pochi anni fa socia maggioritaria dell’azienda di famiglia Ved, specializzata nella produzione della plastica e, come avevamo avuto modo di vedere, responsabile di vari crimini ai danni di essere umani (dipendenti e cittadini) e dell’ambiente in generale.

Possibile aspettarsi un intervento celere da chi si presenta con un simile curriculum? La risposta è no, visto che sono già passate tre settimane. Ma il problema è grave e ogni giorno che passa si fa sempre più serio. Come ha dichiarato uno dei biologi marini dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), l’olio combustibile non è un materiale come il diesel e la benzina che sono volatili ed evaporano facilmente. Questo invece persiste nell’acqua, quindi bisogna effettuare una bonifica quanto più puntuale possibile anche in considerazione del fatto che l’area è particolarmente sensibile.

Anche perché non bisogna dimenticare che l’olio combustibile è una sostanza considerata altamente tossica che provoca pericoli per la salute e per l’ambiente (leggi la scheda in pdf)

Dove per area sensibile si intendono porzioni di mare e di spiagge tra le più belle d’Italia: il Golfo dell’Asinara con le spiagge di Platamona e Stintino, e tra qualche giorno, forse, anche il Parco Nazionale dell’Asinara, appena più a nord. Nel frattempo l’azienda E.On, che nel proprio sito si vanta di aver totalizzato un fatturato di 81,8 miliardi di euro nel 2009, ha comunicato a mezzo stampa di aver ingaggiato “due aziende specializzate che impiegano circa 150 persone e i migliori mezzi e attrezzature disponibili”. Ha inoltre acqusitato “due macchine di ultima generazione per gli interventi sugli arenili”.

Benissimo. Se le cose stanno davvero così, il problema dovrebbe essere risolto entro poco tempo. In caso contrario, saremo i primi a farvelo sapere. Ma intanto il video del WWF Sardegna e il filmato sottostante, girati entrambi il 27 gennaio (subito dopo l’intervento del ministro e dell’E.on) non fanno sperare niente di buono.

Foto: Giovanni Boe

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