Educazione alimentare: una didattica alternativa per formare piccoli consumatori consapevoli

Esistono diverse alternative per avvicinare i bambini ad una corretta educazione alimentare. Facendo loro riscoprire la natura e toccare con mano, anzi sporcarsi le mani per riscoprire l'importanza del cibo naturale e della Terra.

Se un giorno vostro figlio dovesse venire da voi e chiedervi “Mamma, questo è il periodo in cui si raccolgono i piselli. Perché non li compri freschi?” oppure “Papà, oggi voglio pane e olio perché nelle merendine ci sono troppi ingredienti che non conosco…” non dovete pensare che vostro figlio legga greenMe.it di nascosto (anche se, nel caso lo faccia, noi ne saremmo molto lieti!). Probabilmente la scuola in cui lo avete iscritto ha attivato delle attività didattiche che affrontano i temi dell’educazione al gusto e all’alimentazione.

Se invece vostro figlio chiede di mangiare solo patatine fritte e merendine, è il caso di porsi la domanda se questo comportamento, oltre che scarsamente salutare nel breve periodo, non sia foriero di passività nei confronti dell’alimentazione in futuro. Numerosi studi dimostrano infatti come nei primi anni di vita si concentrino la maggior parte dei ricordi di natura olfattiva e gustativa. Quello è il periodo in cui la bocca si abitua più facilmente alla reiterazione dei gusti o al contrario apprezza la sperimentazione di nuovi sapori e aromi.

Rita Tieppo è formatrice Slow Food e responsabile di un orto scolastico in una scuola per l’infanzia di Moncalieri (Torino). Raccontando la sua esperienza ci dice: “Fin dall’inizio ci siamo resi conto che i bambini si aspettavano di mangiare quello che avevano coltivato durante l’anno. Anche se si trattava della stessa insalata che a casa non avrebbero mai toccato. Il fatto di aver custodito la piantina, di averla innaffiata e vista crescere provoca un enorme senso di motivazione, curiosità e anche appartenenza che la fa preferire a tutto il resto ”.

L’esperienza degli orti scolastici è un progetto nato nell’alveo delle attività di Slow Food sei anni fa e cresciuto in fretta, anche nelle avversità economiche e strutturali in cui vive la scuola. “Nel nostro caso – continua la Dott.ssa Tiepposi è trattato di fare un uso alternativo di un pezzetto di giardino troppo piccolo per farci giocare i bambini. Ora è diventato un luogo in cui far crescere delle nuove coscienze.

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A differenza di come spesso si pensa, i bambini non sono naturalmente portati a rifiutare certi sapori amarognoli o aspri come quelli delle verdure. Spesso questo accade solo per pigrizia del palato. Rita Tieppo ci conferma che di fronte a un pomodoro coltivato nell’orto della scuola e a uno preso dalla confezione incellofanata del supermercato, i bambini sanno riconoscere la differenza di sapore e facilmente si affezionano al primo, percepito come più gustoso. “A quel punto è elevatissimo il livello di contagio che i bambini possono generare nei confronti della famiglia e spesso un corto circuito virtuoso di questo genere aiuta a portare avanti una piccola comunità a sua volta più consapevole .”

Alla fine del mese di ottobre, in occasione del biennale appuntamento di “Il Salone del Gusto”, Carlo Petrini, presidente di Slow Food, annuncerà l’ottimo risultato raggiunto dal progetto degli orti: 500 nel mondo, di cui 300 in Italia. Un numero che troppo spesso vive della buona volontà di maestri e presidi caparbi, ma che avrebbe bisogno anche di genitori e autorità maggiormente consapevoli per portare avanti un ormai inevitabile discorso di coscienza collettiva.

Un’alternativa alla didattica “di frontiera” compiuta a due passi dal traffico cittadino è rappresentata dagli agriasilo, delle vere e proprie oasi immerse nel verde. Qui i bambini non si limitano a veder crescere due piantine di insalata ma possono toccare mucche e galline senza confonderle con quelle dei cartoni animati, conoscere i cicli della natura e sporcarsi le mani di terra. Secondo i dati diffusi dalla Coldiretti, lo vogliono 3 genitori su 4 e ce ne sono un centinaio distribuiti specie nel Nord Italia.

Se, a causa di evidenti ostacoli cementizi, la scuola di vostro figlio non può permettersi di inaugurare un orto o la campagna non è proprio dietro l’angolo, si può sempre decidere di passare dal supermercato. L’educazione all’alimentazione non passa esclusivamente attraverso il recupero di pratiche abbandonate, ma anche attraverso il perseguimento efficace di pratiche quotidiane e abituali. Se l’orto rischia di essere un’avventura per minoranze (anche se ormai sappiamo quanti e quali possibilità ci siano di inaugurare un orto sul terrazzo!), nessuno può venir meno al sacro appuntamento della spesa nel grande supermercato. Capire come leggere un’etichetta, sapere individuare la provenienza dell’alimento, discernere in merito alle differenze e alle diverse composizioni degli alimenti sono insegnamenti che i bambini possono acquisire anche in tenera età.

Eataly , il supermercato di prodotti di alta qualità, da diversi anni organizza percorsi didattici gratuiti per i bambini dagli 8 agli 11 anni. Simona Miglio, responsabile dell’area didattica ci racconta come una delle attività più efficaci è lasciar confrontare ai bambini il numero di ingredienti presenti nell’etichetta della merendina che si ritrovano in tasca e gli ingredienti di un normale pane e cioccolata.Faccio leggere a voce alta i nomi dei singoli componenti e nel frattempo qualcuno comincia a tenere il conto. Arrivati a superare i 15/16 sale l’entusiasmo e tutto si fa più concitato. A volte arriviamo a contarne 45. Poi passiamo a sommare quelli di una banale fetta di pane con del cioccolato sopra e ne vengono fuori 15”. L’obiettivo, come ci conferma la Dott.ssa Miglio, non è quello di vietare o obbligare a mangiare solo determinati alimenti, ma coltivare strumenti per saper orientarsi e discernere, anche in un ambiente fortemente invasivo e confuso come un supermercato.Ricordarsi che le fragole non esistono tutto l’anno ma solo a maggio o che le melanzane maturano d’estate e d’inverno ci sono piuttosto le patate novelle è un altro modo per fare un buon uso del supermercato. A volte i bambini restano stupiti del fatto che noi non vendiamo gelato alla fragola d’inverno, ma quando ne capiscono il motivo, lo accettano e provano altro.”

Anche la COOP è da anni impegnata su questo fronte e proprio in questi mesi festeggia i 30 anni di attività didattica e di collaborazione con il mondo della scuola. Solo nell’ a.s. 2009-2010 sono stati coinvolti 13.097 insegnanti che nelle loro 10.635 classi hanno promosso 10.602 percorsi e progetti in ben 778 Comuni. Anche qui l’obiettivo è insegnare a vivere il supermercato come un luogo in cui promuovere un consumatore attivo e consapevole.apprendimento bambini in cucina con la mamma Tanti sono i progetti messi in atto nelle aree territoriali Coop sparse per il Paese. Si va dal percorso che sfrutta la pasta per raccontare la legalità ai ragazzi delle classi medie e superiori (Le mani in pasta), a quello rivolto ai soli genitori e docenti per fornire loro strumenti utili a elaborare percorsi di educazione al consumo consapevole in maniera autonoma (In bocca al lupo ), fino a quelli compiuti in parte in aula e in parte al supermercato con i genitori per promuovere un uso consapevole dell’acqua (Viaggio in bottiglia).

Se la vostra famiglia invece è tra quelle che “piuttosto che andare al supermercato mi faccio 50 km e vado a comprarmi il cibo dal contadino”, a quel punto potreste scegliere di unire l’utile al dilettevole e dirigervi verso una delle innumerevoli fattorie didattiche aperte in tutto il Paese. O convincere la maestra della classe di vostra figlia a organizzare un’uscita fuori porta più utile dell’ennesima visita alla casa di Giacomo Leopardi (il saggio poeta saprà farsene una ragione!). A questo proposito potete farvi scudo anche del fatto che la Coldiretti ha promosso il programma “Educazione alla campagna amica per sensibilizzare l’amministrazione scolastica a questo genere di attività. Al momento esistono 1700 fattorie preparate ad accogliere scolaresche urlanti e offrono la possibilità di avvicinare i bambini all’orto, agli animali e alle pratiche agricole in modo leggero e giocoso.

Infine, nella malaugurata eventualità che non riusciate a far accedere i vostri figli alle precedenti opportunità, c’è sempre la chance di passare attraverso un corso di cucina da compiere con loro o da far fare in assoluta autonomia. Li propongono quelli del Gambero Rosso, la nota guida dei ristoranti, che nella loro sede romana organizzano corsi per affiatate coppie di mamme con bambino pronte a impastrocchiare cucine altrui per tirare fuori dal forno semplici manicaretti a base di pane e pizza. Si svolgono tutto l’anno, prendono 3 ore del sabato mattina al prezzo di 30 euro a lezione.

Se abitate invece a Milano, ci sono le nastroteche de La Cucina Italiana, già nota per i suoi corsi per adulti, che organizza percorsi di gioco per bambini a base di farina, acqua e pomodoro al posto dei soliti giochi domestici o della televisione.

Se non altro permetteranno ai bimbi di prendere coscienza della materia e del suo gusto mentre si leccano le dita! E chissà che non possano diventare uomini e donne di valore come Marie Curie che una volta disse: “niente nella vita va temuto, deve essere solamente compreso“.

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