Xylella, il killer degli ulivi avanza. Storia di un disastro ambientale sottovalutato

Gli ulivi nel Salento e in tutta la Puglia stanno scomparendo. Si ammalano da anni di un batterio pericoloso, infettivo e che non sembra voler cedere, Xylella Fastidiosa, che sta distruggendo secoli di natura e di storia, oltre che di cultura e di sostentamento per gli agricoltori locali

Gli ulivi nel Salento e in tutta la Puglia stanno scomparendo. Si ammalano da anni di un batterio pericoloso, infettivo e che non sembra voler cedere, Xylella Fastidiosa, che sta distruggendo secoli di natura e di storia, oltre che di cultura e di sostentamento per gli agricoltori locali.

Era ottobre 2013 quando si scoprì che, dietro a quei disseccamenti anomali iniziati tra il 2009 e il 2010, poteva esserci proprio Xylella, un batterio di difficile eradicazione e che dagli ulivi della Puglia non sembra proprio voler andare via.

L’agente patogeno si diffonde molto rapidamente a causa di alcuni insetti vettori (ovvero che trasportano l’agente patogeno da una pianta all’altra), succhiatori di linfa xilematica e, purtroppo, ha anche molte piante ospiti, tra cui diversi piuttosto comuni, sia coltivate che selvatiche.

Ora la situazione è gravissima e mette in pericolo tutto il Mediterraneo. La politica di abbattimenti imposta dall’Unione Europea non sembra dare molti risultati, e nel frattempo ulivi secolari sono stati tagliati, portandosi via la storia, il lavoro e la cultura di un intero territorio.

Cosa non è stato fatto? Cosa possiamo fare ora per fermare un disastro ambientale ed economico di proporzioni gigantesche?

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XYLELLA, QUAL È LA SITUAZIONE OGGI

Dove è oggi Xylella?

In un documento che abbiamo dato al Presidente Emiliano in occasione dell’ultima manifestazione – risponde il Presidente della Coldiretti Puglia Giovanni Cantele – ho diviso la Regione Puglia in 3 aree: a nord la fascia tampone, dove il monitoraggio serve a far in modo che le piante malate vengano individuate il prima possibile e che quindi vengano applicate tutte le misure necessarie per mettere in sicurezza le aree stesse; poi abbiamo una fascia più a sud, che io definisco ‘il cratere del problema’, rappresentato dalla quasi totalità della provincia di Lecce, dove la presenza di disseccamenti è talmente elevata da aver reso improduttivi migliaia di ettari di uliveto, che invece fornivano una quantità enorme di olive e quindi di olio, mettendo in crisi non solo le aziende agricole, ma anche le cooperative di trasformazione a cui gli agricoltori fanno riferimento, e i frantoi privati che molto verisimilmente già dalla prossima campagna, quella del 2017, avranno grossissime difficoltà a lavorare, in assenza di prodotto; e poi c’è la terza fascia, quella più a nord, l’area della Puglia che guarda a tutto quello che si sta facendo con grande tensione, perché, molto tardivamente, si è ormai capita la portata epocale di quello che sta avvenendo”.

Tutto il Mediterraneo è potenzialmente in pericolo dunque?

“Il Mediterraneo è già in pericolo, e non necessariamente dal fronte italiano – ci spiega Cantele – Il livello di guardia del sistema fitosanitario europeo ha presentato in passato delle falle molto grosse. Questo ha portato un suo innalzamento, portando all’individuazione nel sud della Francia, in Corsica, e nelle isole Baleari, di altri focolai di Xylella, di ceppi diversi”.

“Questo significa che l’intero bacino del Mediterraneo non può ritenersi al sicuro, soprattutto se non si pone un argine importante all’importazione di piante da dove il batterio è endemico, dai quali è probabile che anche noi abbiamo ricevuto questo “regalo”.

“Oggi c’è un fronte interno, quello Mediterraneo, che presenta già il batterio. Uno dei pericoli della globalizzazione è l’importazione di organismi alieni, ovvero provenienti da aeree esterne, lì dove non c’erano mai stati”.

“Il pericolo è oggettivamente elevato per il sistema agroalimentare europeo, ed è dovuto ad una batteriosi molto difficile da curare, conosciuta fin dalla fine dell’ ‘800 negli Stati Uniti e per la quale non è ancora stata trovata una cura.

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COME SIAMO ARRIVATI FINO A QUESTO PUNTO?

“Il batterio è definito polifago, perché attacca una varietà di specie botaniche elevatissima. In particolare il ceppo che noi abbiamo in Puglia, ne attacca più di 25. La realtà storico-culturale e ambientale di cui l’ulivo è protagonista è stato l’elemento che ha portato una grandissima confusione, incluse teorie alternative a quelle scientifiche, contrarie alle misure che la Comunità Europea richiedeva”.

“Si è sicuramente tardato ad operare – conferma Cantele – quindi ad eliminare i focolai puntiformi di malattia nella fase iniziale, determinando l’allargamento di un’infezione che è molto veloce, molto più veloce di quello che ci si sarebbe aspettato. Ed oggi, come è risaputo, la zona colpita abbraccia tutta la provincia di Lecce, la province di Brindisi e di Taranto. E, oggettivamente, l’avanzamento della fascia infetta non sembra avere dei rallentamenti”.

È una storia che sembra assurda. La scoperta di disseccamenti anomali, le denunce, le richieste di aiuto dei contadini, seguite, alla fine del 2013, dall’individuazione di una grave causa: Xylella. Da allora però sono passati quasi altri 4 anni e nulla è cambiato, anzi, gli ulivi, anche secolari, sono stati abbattuti, molti contadini sono senza reddito e l’infezione si è propagata.

“La notizia positiva è che almeno ora si è fatto un monitoraggio estremamente capillare, che ha fornito la perimetrazione esatta del confine. Almeno quindi, oggi, sappiamo quali sono le zone che devono essere difese meglio” ci spiega Cantele.

Oggi? Sì, il monitoraggio è iniziato solo qualche mese fa, come ci conferma il Presidente, che sottolinea: “Gli abbattimenti del 2014 e 2015 sono stati esclusivamente funzionali alle richieste della Comunità Europea, ma non di certo mirati a fare qualcosa consapevolmente. Questo lo posso dire con certezza. […] “Già a giugno dell’anno scorso, attraverso una lettera al Quotidiano di Lecce, avevo dichiarato che tagliare gli alberi nei focolai non è servito perché non sapevamo con esattezza fin dove era la Xylella” denuncia il Presidente di Coldiretti, che aveva chiesto il monitoraggio alla fine del 2014, e ottenuto solo alla fine del 2016.

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XYLELLA, LE POSSIBILI SOLUZIONI

“Io penso che la messa in pratica della misure di contenimento debba essere imprescindibile – dichiara Cantele – Oggi noi dobbiamo arrivare ad una situazione nella quale la velocità di propagazione di Xylella possa rallentare in maniera importante: questo renderebbe tutto più facile e darebbe tempo alla scienza di fornire risposte.

“Poi è chiaro che le risorse alla ricerca scientifica che negli ultimi due anni sono diventate importanti, devono crescere ancora. Guardiamo alla ricerca speranzosi, visto che può rappresentare il futuro olivicolo salentino, pugliese e nazionale.

Una cura definitiva e sicura, purtroppo, non è stata ancora trovata, ma alcune ricerche sembrano dare speranza. Attualmente, però, la Commissione Europea vieta di fare nuovi impianti nelle aree considerate a rischio Xylella, anche quelle che risultano essere tolleranti, misure che stanno soffocando la natura e la vita di un territorio, in nome del principio di precauzione ma, almeno fino a poco tempo fa, senza un’indagine seria effettuata anche sulle piante ancora asintomatiche.

“Noi crediamo molto nelle risorse che la biodiversità locale può darci. Nei progetti di ricerca che la stessa Coldiretti ha patrocinato, sono state ritrovate delle piante selvatiche ottenute da incroci naturali, quindi da semi caduti dalle piante, che hanno generato degli individui tolleranti, quindi resistenti”.

Ma non solo. “Si è visto che è possibile tentare di recuperare piante considerate praticamente morte sovrainnestandole con varietà tolleranti. E questo potrebbe essere importante anche per salvaguardare l’aspetto paesaggistico di questo territorio” ci conferma Cantele.

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La natura quindi lotta per sopravvivere, ma gli interventi per ora sembrano solo distruttivi, e per giunta fino a poco tempo fa nemmeno con una piena consapevolezza della geografia e dell’estensione del problema.

“Da responsabile di un’associazione di produttori, non possono non menzionare i danni che l’olivicoltura del Salento ha subito e quindi la necessità di risorse che devono essere messe in campo – continua Cantele – Ora, finalmente, la Regione Puglia ci ha dato prova di volersi mettere a lavorare in questa direzione, e quindi dovremmo cercare di fare in modo di evitare il collasso di un vasto territorio, che rischia di allargarsi sempre di più”.

LE PIANTE MUOIONO: SOLO COLPA DI XYLELLA?

Xylella uccide, questo è un dato di fatto. Ma non tutti concordano che sia Xylella l’unica responsabile. “Numerose piante presentano segni evidenti di malattia senza che il batterio sia presente e, viceversa, alcuni ulivi sono particolarmente resistenti all’infezioneci aveva spiegato Agostino Di Ciaula, del Comitato Scientifico Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE) Italia. “Sarebbe semplicistico e sbagliato attribuire la responsabilità del CoDiRO (Complesso del disseccamento rapido dell’olivo, N.d.R.), la vera emergenza, alla sola Xylella e voler agire solo su questa senza correggere ciò che ha reso vulnerabile l’ecosistema: pessima qualità del suolo (impoverimento in sostanza organica), abuso di pesticidi (elevatissimo nelle aree interessate), errate o insostenibili pratiche colturali, inquinamento atmosferico (particolarmente rilevante in quell’area)”.

Per cui il batterio arriva, trova terreno “fertile”, il problema viene palesemente sottovalutato. E poi che si fa? Si abbattono gli ulivi solo per rispondere agli ordini della Commissione europea, senza criterio alcuno se non quello dei sintomi evidenti di malattia, rischiando di distruggere un intero ecosistema, nonché l’economia di un territorio.

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LE RISPOSTE DELLA REGIONE PUGLIA

Coldiretti sostiene che la Regione Puglia ha dato prova di volersi mettere a lavorare in per contrastare l’emergenza.

Per questo ne abbiamo parlato con il Presidente Michele Emiliano.

Perché nonostante gli allarmi iniziati a Ottobre 2013, la Xylella continua ad avanzare e sarà presto un problema per tutto il bacino del Mediterraneo.

Come si è arrivati a questo punto?

Dopo anni di dichiarazioni di stato di emergenza da parte dei governi nazionali, che purtroppo non avevano portato a risultati, io posso parlarle di ciò che sta facendo la Regione Puglia, che guido solo da un anno e mezzo. Ci siamo rimboccati le maniche e, praticamente da soli, stiamo fronteggiando questa malattia non guaribile.

Come? Prima di tutto attraverso il monitoraggio, avviato da maggio 2016 inizialmente con gli ispettori fitosanitari e tecnici dei consorzi di difesa di Brindisi e Lecce, e proseguito successivamente con Arif (Agenzia regionale) che ha contrattualizzato 172 tecnici nominati agenti fitosanitari.

Sono state controllate per intero la ‘zona cuscinetto’ e la ‘zona di contenimento’, per un totale di superficie di 156.758 ettari e 159.516 campioni vegetali totali da 34 specie diverse, con prevalenza per le specie ospiti e in particolare per l’olivo (oltre il 90% dei campioni). I campioni sono stati analizzati da 5 laboratori accreditati localizzati nell’intero territorio pugliese. Il tutto per un costo complessivo, interamente a carico del bilancio regionale, di circa 4 milioni di Euro.

Le eradicazioni fatte finora non hanno portato i risultati sperati: cosa non ha funzionato?

Non direi, la Regione Puglia è riuscita grazie alle azioni di contrasto attuate nel 2016 a difendere il territorio pugliese ancora indenne da un’eventuale diffusione della batteriosi. Proprio queste attività hanno fatto cadere la minaccia della procedura di infrazione da parte della UE, il che avrebbe aggiunto una beffa al rilevante danno subito.

Invece la positiva valutazione da parte delle autorità europee dell’attività condotta dalla Regione Puglia ha consentito di rilanciare sul tavolo della Commissione proposte di interesse strategico per la comunità pugliese. Tra queste, la richiesta di eliminazione del divieto di impianto dell’olivo nell’area infetta per le varietà maggiormente tolleranti e la deroga all’estirpazione degli ulivi secolari non infetti.

Accanto a queste misure, e ad altre mirate soprattutto ai vivai, la Regione Puglia ha riaperto un canale di dialogo per il finanziamento da parte dell’UE di attività di monitoraggio, contrasto e compensazione delle imprese danneggiate.

Oltre ad un supporto economico immediato per gli agricoltori rimati senza reddito, quali misure a lungo termine ha intenzione di intraprendere la Regione Puglia?

Abbiamo approvato una Legge regionale (consultabile a questo link, N.d.R.) che consentirà di attuare misure fitosanitarie per prevenire e contenere la diffusione del batterio e che individua la strategia della Regione Puglia ai fini di tutelare il paesaggio, l’ambiente, la salute, l’identità e l’economia delle aree colpite, con misure per il ripristino del potenziale economico e produttivo delle aziende colpite.

Ricordo che non esiste ancora al mondo una cura per la Xylella, per questo in Puglia investiamo in ricerca scientifica e abbiamo già avviato attività per circa 2 milioni di euro in sinergia con enti e istituzioni di tutta Italia.

Quello che emerge è un quadro desolante, generato da superficialità e miopia che ora rischiano di distruggere un ecosistema, nonché l’economia di un intero territorio.

Un disastro ambientale che chiede giustizia e che deve averla presto, prima che sia troppo tardi.

Ci auguriamo che le misure della Regione Puglia, ora, portino realmente in questa direzione.

Roberta De Carolis

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