Comprare pasta biologica ci mette al riparo da glifosato e pesticidi?

Solo quando il bio diventerà un'abitudine, potremo liberarci dai pesticidi, anche come contaminazione ambientale

“Solo quando il bio diventerà un’abitudine, potremo liberarci dai pesticidi, non solo nel cibo, ma anche come contaminazione ambientale”.

Giovanni Battista Girolomoni, presidente dell’omonima azienda pioniera del biologico in Italia

Una domanda che viene fatta spesso nei molti convegni in giro per l’Italia in cui da quasi 50 anni siamo chiamati.

“Ma se il vicino di campo fa trattamenti, come posso stare tranquillo nel comprare un prodotto bio?”.

Innanzitutto grazie alle Regole Europee dell’Agricoltura Biologica, che prevedono delle distanze precise dai campi confinanti e/o la predisposizione di siepi e arbusti per la gestione e la mitigazione del rischio di contaminazione. Il rispetto di queste regole è controllato e certificato dagli Organismi di Controllo.

Spesso ci dimentichiamo che l’agricoltura biologica è un sistema di coltivazione in cui la presa di responsabilità da parte degli operatori significa accettare molte regole e fornire tutte le opportune garanzie. L’agricoltura è l’espressione di una sinergia positiva tra le dinamiche ambientali e le richieste mosse dei coltivatori. Tutto si svolge in un ambiente che è il luogo dove le colture trovano spazio e vita.

È altrettanto indubbio che nonostante il rispetto delle regole (soprattutto quelle del biologico), possano avvenire delle micro-contaminazioni accidentali (che anche le autorità deputate al controllo devono considerare prima di emettere un giudizio). Unica eccezione in Europa, per i prodotti biologici prodotti e venduti in Italia, è addirittura previsto da Decreto Ministeriale il declassamento automatico in caso di contaminazioni accidentali superiori allo 0,01 mg/kg. Questa è di fatto una garanzia ulteriore per il consumatore.

Sotto la soglia di 0,01 mg/kg si parla di tracce infinitesimali, di difficilissima rilevazione e accertamento da parte dei laboratori. Basti muovere il parallelo sul baby food, il cui limite sui contaminanti è appunto 0,01 mg/kg, limite condiviso per un cibo destinato all’alimentazione dei bambini che certamente deve fornire ogni garanzia, ovvero “l’assenza di residui”, “privo di prodotti fitosanitari”.

Nessuna normativa può chiedere agli agricoltori biologici di stare dentro una campana di vetro, può diversamente richiedere il rispetto delle regole e la fornitura delle opportune garanzie. È necessario che si abbia la consapevolezza che solo il 16% delle superfici italiane è condotto in biologico e veniamo da decenni di uso massiccio e indiscriminato di sostanze di sintesi in agricoltura, che gli agricoltori fuori dal regime di Agricoltura Biologica possono utilizzare.

Nelle acque superficiali e di falda si continuano a trovare principi attivi vietati da 30 anni! E’ forse opportuno riflettere sulla natura accidentale delle contaminazioni?

Per evitare il più possibile anche eventuali contaminazioni accidentali l’impegno deve essere profuso su diversi fronti:

  • fare controlli serrati su chi continua ad utilizzare i prodotti fitosanitari, per limitare l’effetto deriva, particolarmente importante in presenza di vento, ma che troppo spesso avviene per la mancanza del rispetto delle regole da parte degli agricoltori convenzionali, a danno degli agricoltori biologici e soprattutto di chi vive nelle zone rurali;
  • rivedere le distanze tra agricoltori bio e convenzionali, costringendo quest’ultimi al rispetto delle distanze secondo quanto contenuto nelle norme di settore (Dlgs 150/12) e in caso di deriva prevedere delle forme di risarcimento da parte di chi inquina il vicino;
  • favorire e promuovere i distretti del bio, non tanto con l’obiettivo di creare delle riserve, ma con la consapevolezza che convertendo interi territori al bio si creano dei meccanismi sinergici di sostenibilità ambientale, sociale ed economica;
  • infine incentivare conversione al bio. La commissione europea punta ad arrivare entro il 2030 al 25% di superfici bio in Europa. E’ un buon segnale, ma mio padre sognava che già da diversi anni in Italia fossero diventati bio i due/terzi delle superfici.

In tutto questo il consumatore ha un ruolo fondamentale, è attore protagonista della velocità di questo cambiamento. Solo quando il bio diventerà un’abitudine di consumo tra i consumatori, potremo liberarci pian piano dai pesticidi non solo come residuo nel cibo, ma anche come contaminazione ambientale. In questo senso l’agricoltura bio va sempre più incentivata, per liberare dai pesticidi sempre più terreni.

Perché acquistare bio non è solo una scelta dei singoli, ma è una scelta collettiva di tutela dei beni comuni.

Giovanni Battista Girolomoni, Presidente Gino Girolomoni Cooperativa Agricola

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