In Francia si dimette il Ministro dell’Ecologia: l’ambiente è solo. E in Italia?

Si chiama Ministero della transizione ecologia e solidale ma l’ambiente è isolato, lasciato a se stesso. Il Ministro francese Nicolas Hulot si dimette dopo 14 mesi di mandato, affermando di essersi sentito “solo” proprio sui temi ecologici. Ma può un ministero così lavorare “per sé”?

Si chiama Ministero della transizione ecologia e solidale ma l’ambiente è isolato, lasciato a se stesso. Il Ministro francese Nicolas Hulot si dimette dopo 14 mesi di mandato, affermando di essersi sentito “solo” proprio sui temi ecologici. Ma può un ministero così lavorare “per sé”?

L’ambiente non è solo riduzione dell’inquinamento, contenimento delle emissioni, utilizzo di fonti rinnovabili. O meglio, queste scelte non possono e non devono essere catalogate solo come “decisioni ambientali”. Il messaggio non funziona, e nemmeno l’economia.

A prescindere dalle specifiche motivazioni che hanno portato Hulot a lasciare il ministero, il sentimento di solitudine non appare essere solo il suo. È l’ambiente ad essere solo, ovunque, anche in Italia, dove mille parole non hanno avuto molto riscontro, a prescindere dai governi.

Sembra una contraddizione eppure l’ambiente, che è dappertutto, è solo. Il Ministero ai tempi dell’economia circolare non ha potere sulle decisioni economiche, che infatti vanno in ben altra direzione: il nostro Paese ha concesso deroghe all’Ilva, alla TAV, agli inceneritori, alle trivelle, e qualche piccola decisione a favore dell’ambiente è sembrata un dovere “costoso”. Quando i costi invece li paghiamo noi, e alti, proprio a causa di quelle scellerate decisioni.

Green economy come strumento di rilancio del Paese: questo era il messaggio lanciato agli altoparlanti. E che poi è diventata anche superata, perché oggi la sfida è l’economia circolare: riciclare certo, ma anche progettare tutto con l’ottica del riutilizzo, con durata della vita dei prodotti superiore e assemblaggio tale da rendere il recupero dei pezzi semplice ed economicamente sostenibile.

Così come trovare altre vie per non buttare, ad esempio creando dei meccanismi di scambio di risorse tra imprese (simbiosi industriale) o introducendo il concetto di utilizzo del prodotto invece che di possesso (sharing economy).

E tutto questo chi lo fa? E con quali scopi? Ambientali o economici? Ecco uno dei più grandi limiti delle politiche di tutti i governi: l’ambiente è un costo, l’economia va altrove. Perché non si può generare lavoro e soldi dall’ambiente. Chissà perché invece molti nuovi lavori nascono proprio da scelte più sensate, investendo in tecnologie e risorse non a scadenza, in virtù di un’economia, quella circolare, che per sua stessa natura è strategia più sostenibile a lungo termine.

Ma nulla di fatto, prevalgono altre logiche (e altri interessi, miopi). La solitudine dell’ambiente si vede anche nella scelta dell’organizzazione delle deleghe governative: il ministero è da sempre “solo”, quando forse dovrebbe essere accoppiato, o quanto meno lavorare in sinergia, almeno con il Ministero dello Sviluppo economico. Ma non è così, perché la strategia, dichiarata spesso a parole, nei fatti manca.

Tra l’altro il nostro nuovo ministro, forse l’unico tra molti altri precedenti, ha un ottimo curriculum ambientalista. Ma se sarà solo anche lui potrà fare molto poco. L’unione fa la forza resta, tristemente, ancora un lontano miraggio.

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Redazione greenMe.it

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