Il villaggio che ha sconfitto Monsanto (FOTO)

Dopo quattro anni di proteste da parte della popolazione, Monsanto ha deciso di abbandonare il sito di Malvinas Argentinas, nella zona di Cordoba, dove stava costruendo una struttura per la produzione e la coltivazione di sementi di mais Ogm.

Dopo quattro anni di proteste da parte della popolazione, Monsanto ha deciso di abbandonare il sito di Malvinas Argentinas, nella zona di Cordoba, dove stava costruendo una struttura per la produzione e la coltivazione di sementi di mais Ogm.

Dal 2012 la popolazione locale ha organizzato con costanza manifestazioni di protesta che hanno impedito a Monsanto di procedere con i lavori a un ritmo sostenuto.

Monsanto ha annunciato di voler rinunciare al proprio progetto multimilionario non soltanto a causa delle proteste della popolazione ma anche perché la struttura si sta rivelando inutile. Nel 2014 i cittadini hanno cercato di fermare Monsanto protestando direttamente nel cantiere di costruzione.

Secondo la stampa locale, il progetto è già stato disattivato e Monsanto ha negoziato la vendita della proprietà.

Le proteste di cittadini e ambientalisti provenienti da tutta l’Argentina hanno impedito l’ingresso dei materiali da costruzione nel cantiere di Monsanto negli ultimi anni. Proseguire con i lavori per la multinazionale era diventato impossibile.

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Un portavoce di Monsanto ha spiegato alla stampa argentina che la struttura era stata progettata per trattare 3,5 milioni di ettari di mais, ma lo scorso anno sono stati seminati soltanto 2,5 milioni di ettari. Dunque la costruzione della struttura è diventata inutile e un investimento milionario risulta ormai senza senso.

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Dal 2012 a Malvinas Argentinas erano state presentate numerose cause contro l’illegalità dell’attività di Monsanto, in particolare per quanto riguarda i permessi di costruzione e l’impatto ambientale del progetto. Le cause al momento starebbero proseguendo.

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Secondo gli attivisti locali, per ben tre anni Monsanto non ha potuto posare nemmeno un mattone in cantiere grazie alle proteste e dallo scorso agosto la multinazionale ha iniziato ad abbandonare il sito di costruzione, pur non avendo riconosciuto pienamente la sconfitta.

Ora gli attivisti si impegneranno a seguire lo smantellamento del sito e faranno attenzione a ciò che accadrà.

Vogliono che il terreno venga destinato all’agricoltura biologica e sostenibile, contro la diffusione degli Ogm.

Marta Albè

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