Ha ripulito laghetti e ruscelli per salvare specie a rischio in Abruzzo, ma è finito sotto processo per non aver seguito la burocrazia

La sua battaglia si chiama Resistenza rurale, lui è Fabrizio Sulli, una guida ambientale che da tempo pianta alberi e ripulisce ruscelli e laghetti per ridare a salamandre e rane, il loro habitat naturale, ma per questo, finisce sotto processo. Abruzzese di Pescara, il trentatreenne, da dieci anni vive ai piedi del Gran Sasso in una contrada isolata, senza strade, ma solo sentieri.

La sua battaglia si chiama Resistenza rurale, lui è Fabrizio Sulli, una guida ambientale che da tempo pianta alberi e ripulisce ruscelli e laghetti per ridare a salamandre e rane, il loro habitat naturale, ma per questo, finisce sotto processo. Abruzzese di Pescara, il trentatreenne, da dieci anni vive ai piedi del Gran Sasso in una contrada isolata, senza strade, ma solo sentieri.

“Ho scelto proprio questo luogo, all’incrocio di due torrenti e con sorgenti perenni, perché è come se mi avesse chiamato. Lo trovai quasi per caso, facendo un’escursione sul versante teramano del Gran Sasso, fuori sentiero. E così scelsi di trasferirmi qui, sotto i monti Camicia e Prena del Gruppo del Gran Sasso, due montagne che sfiorano i 2600 metri di altitudine, ricche di risorse naturali per l la sopravvivenza, quali legna dal bosco per l’inverno, acqua per bere, allevare animali e irrigare l’orto”, scrive sui social.

Appassionato di fotografia, naturalista, da tempo ha un unico obiettivo, quello di rimboscare tutta la zona e ripristinare l’habitat naturale di specie a rischio.

“Ho scelto di vivere in montagna perché le zone montane rappresentano uno degli ultimi luoghi dove praticare veramente agricoltura biologica, dove l’equilibrio con l’ambiente non è andato distrutto, e dove l’inquinamento è molto ridotto”, scrive ancora.

Così Fabrizio in solitaria si mette all’opera: a mani nude scava e pulisce ruscelli e laghetti, ma quella è una zona protetta, il naturalista non segue l’iter burocratico, e finisce sotto processo.

“Oggi riflettiamo brevemente, riguardo i laghetti per anfibi per cui sono stato denunciato dal parco, e , parallelamente, sui soldi che invece vengono stanziati per identici progetti life della comunità europea. Perché anche la tutela ed il ripristino ambientale, è normato e regolamentato, ovvero deve fruttare soldi. Mentre le azioni dirette sono represse, perché non portano profitti, se non quelli diretti alla piccola fauna. Ma gli anfibi, per riprodursi, guardano l’ufficialità e la burocrazia?”, scrive in uno dei suoi tanti video di denuncia.

“La burocrazia attuale è così stringente che, se non sei abbastanza ricco da fare tutto in regola, l’eco-sostenibilità diventa una scelta illegale e di conseguenza una vita da fuorilegge. E se scegli di vivere in un’area protetta i vincoli sono così restrittivi che provare a viverci diventa appannaggio di pochi che possono permetterselo, escludendo migliaia di giovani desiderosi di questo ritorno consapevole alla natura. A questo si aggiungono i crescenti prezzi di case e terreni, a tagliare fuori intere fasce sociali dal rinnovamento generazionale”, scrive ancora.

In una lunga lettera Fabrizio racconta cioè che ha fatto in questi anni con il solo scopo di salvaguardare la natura. Ha recuperato frutteti, piantato alberi, si è dedicato al vivaismo forestale, pulito zone pic-nic.

“Ho volutamente scelto una casa antica, senza strada né allacci ad eccezione della corrente, proprio per cercare di evitare tutto il superfluo ed impattare il meno possibile sull’ambiente circostante”, scrive ancora.

Ad oggi però al naturalista vengono contestati diversi reati perché vivendo in un’area protetta avrebbe dovuto seguire iter burocratici già stabiliti.

“Da subito ho capito che per poter di vivere qui c’era da affrontare una inevitabile e lunga trafila burocratica, che sebbene mi avrebbe evitato problemi, dall’altra parte mi avrebbe lasciato senza soldi per sopravvivere. Le mie azioni sono sempre state fatte come risposta ad esigenze primarie per vivere qui”, scrive su Facebook.

Dall’uso dell’acqua della sorgente fino al ripristino dei laghetti per gli anfibi, queste solo alcune delle contestazioni da parte dei forestali.

“Io non sono (e non mi ritengo) un “nemico” del Parco, ed ho sempre cercato di mettermi in gioco in prima persona per l’area protetta, facendo una precisa scelta di vita del tutto ecologica, priva di comodità”, chiosa Fabrizio.

E lancia un personale appello: “Contro le vessazioni della burocrazia, e che dia risposta sociale alle disuguaglianze, affinché la terra sia un diritto, non un’esclusiva radical chic. Una risposta per gli ultimi”.

Chi volesse sostenere la sua battaglia può contattarlo QUI

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