Ediciclo: la casa editrice che fa pedalare

Alla luce delle recenti confessioni sul suo passato da cicloamatore, probabilmente anche il Presidente del Consiglio Mario Monti sarebbe passato a dare un'occhiata allo stand di Ediciclo al cinquantesimo Salone del Libro di Torino.

Alla luce delle recenti confessioni sul suo passato da cicloamatore, probabilmente anche il Presidente del Consiglio Mario Monti sarebbe passato a dare un’occhiata allo stand di Ediciclo al cinquantesimo Salone del Libro di Torino.

Non è difficile notarlo. A un certo punto, vedi apparire una breve successione di biciclette appese sopra la testa dei visitatori. Sposti lo sguardo e in corrispondenza di quella strana visione noti i nasi all’insù di coloro che si fermano a guardare. La maggior parte inizia a sfogliare un libro, scorre con gli occhi il centinaio di titoli affastellato in quei pochi metri di bancone espositivo e commenta con il vicino.

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Una scelta allestitiva azzeccata, conferma Lorenza Stroppa, responsabile dell’ufficio stampa di questa piccola casa editrice con sede a Portogruaro che proprio quest’anno compie venticinque anni. Era il 1987 quando tre amici accomunati dalla passione per le scalate in bici decidono di intraprendere questa inedita avventura imprenditoriale. Erano appena arrivati in cima allo Stelvio, la fatica alle spalle e di fronte l’orizzonte. Armati della stessa arditezza e della voglia di trasmettere ad altri le informazioni e le sensazioni legate all’uso della bicicletta, partono in volata.

Una casa editrice indipendente, che si rivolge a un pubblico di lettori amanti della bicicletta in un Paese in cui la maggioranza delle persone non legge libri e men che meno va in bicicletta. Viene da domandarsi come abbia fatto a sopravvivere in acque tanto mosse, tutti questi anni: una sequenza di buone intuizioni e ottime convergenze con le evoluzioni della società.

La prima collana va sul sicuro: si intitola Grimpeur ed è dedicata alle salite del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e del Trentino. Giocano in casa ma fanno un ottimo lavoro. Negli anni Novanta nasce la moda della mountain bike, poi esplode il fenomeno Paolo Rumiz che nell’estate del 2001 racconta sulle pagine di La Repubblica il suo viaggio da Trieste a Istanbul, nel frattempo il prezzo della benzina aumenta, la slow economy fa breccia nella società e infine il movimento #salvaiciclisti porta centinaia di migliaia di persone a Roma scatenando il plauso dello stesso Presidente del Consiglio.

Non di sola fortuna si parla in questa storia. Fin dalla sua nascita, la bicicletta ha sempre mosso un rapporto sentimentale con l’uomo. Le sono state dedicate poesie, libri, competizioni, film. La memoria individuale è piena di fotografie in cui compaiono le biciclette della nostra vita: la prima, quella che si usava al mare, quella con la quale si è caduti, quella che qualche sciagurato ci ha rubato e si potrebbe andare avanti a lungo. E così come esistono lettori che vanno in bici, esistono numerosi scrittori che sulla bici hanno riflettuto, immaginato, sognato e preparato le frasi che una volta tornati a casa hanno messo sulla pagina bianca.

A partire dal Duemila, la casa editrice amplia l’orizzonte della propria offerta. Dalle prime guide dedicate ai percorsi ciclabili di mezza Europa ai manuali per muoversi nelle grandi città guardandole dall’altezza del sellino, si passa all’esplorazione di altre forme di mobilità alternativa. Enrico Brizzi scrive delle sue camminate lungo la via Franchigena e a Gerusalemme, Wu Ming 2 pubblica il resoconto della sua traversata da Piazza Maggiore a Piazza della Signoria , Emilio Rigatti ordina una serie di pratiche di viaggio lente per godere del Nordest italiano.

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Alla fine arriva anche il best seller. Fa parte della collana Ossigeno dedicata alle pratiche sostenibili e a quelle vite esemplari che le mettono in atto. La prima a farsi carico della responsabilità di raccontarsi è Margherita Hack.

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Invece di immortalare pagine alla storia della fisica, si lascia andare al ricordo della fanciullezza e scrive “La mia vita in bicicletta” dove, con leggerezza e ironia, svela il lato pedalante della sua vita di scienziata. È boom di vendite e di successo.

Anche al Salone del Libro, il volume della Hack va a ruba. Segue a ruota il compendio “Pedalo dunque sono” una fenomenologia alternativa dell’essere, visto attraverso il sudore e la fatica di una passeggiata in bicicletta. “Quello che notiamo di più però – dice Lorenza Strozzaè la presenza sempre più massiccia di famiglie: si prendono le ciclo guide, quelle in cui illustriamo i percorsi da fare in sicurezza, per ipotizzare vacanze alternative con bambini al seguito”. Chissà che quest’anno, il bollettino del traffico estivo non includa anche le piste ciclabili oltre alle solite autostrade.

Pamela Pelatelli

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