Sprechi zero: esci dal ristorante con la Doggy Bag

Se vi trovate dalle parti di Milano, non stupitevi a veder uscire da un ristorante un cliente con in mano una busta di carta. Potrebbe essere che a fine pasto abbia chiesto al cameriere di portare via ciò che gli era rimasto nel piatto. Anche il veto sull’intoccabilità del cibo avanzato al ristorante sembra cominciare a vacillare. Operazione non facile in un Paese come l’Italia che ha fatto dell’opulenza “mangereccia” uno dei simboli del proprio benessere.

Se vi trovate dalle parti di Milano, non stupitevi a veder uscire da un ristorante un cliente con in mano una busta di carta. Potrebbe essere che a fine pasto abbia chiesto al cameriere di portare via ciò che gli era rimasto nel piatto. Anche il veto sull’intoccabilità del cibo avanzato al ristorante sembra cominciare a vacillare. Operazione non facile in un Paese come l’Italia che ha fatto dell’opulenza “mangereccia” uno dei simboli del proprio benessere.

Se, fino a quarant’anni fa il pranzo della domenica al ristorante si traduceva spesso in un’abbuffata collettiva, oggi si rivela una semplice alternativa al pasto casalingo. Eppure persiste quella sottile vergogna che non consente di chiedere di portare gli avanzi a casa così come conserveremmo il cibo non consumato in frigo.

Ogni anno la quantità di cibo che va sprecata corrisponde a trentasette miliardi di euro. Una cifra con cui si potrebbero nutrire 44 milioni di persone, la popolazione della Spagna, secondo quanto stimato dall’Università Bicocca di Milano. I dati recentemente raccolti dall’ADOC, l’Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori testimoniano un leggero cambio di rotta in materia di spreco alimentare. Nel 2010 sono stati ‘buttati’ nel cassonetto 454 euro contro i 515 euro del 2009, per un risparmio di 61 euro e un calo complessivo del 13,4%, con punte del 17,6% durante le Feste. Nel 2009 lo spreco mensile era pari a 33 euro, nel 2010 è sceso a 29 euro.

Dati incoraggianti che fanno ben sperare anche per l’iniziativa “il buono che avanzaideata dalla Onlus La Cena dell’Amicizia con il sostegno di Slow Food Milano, Legambiente Lombardia e Comieco, e con il patrocinio del Comune di Milano-assessorato alla Salute. “Il nostro intentoc i racconta Massimo Acanfora, portavoce dell’Associazioneè innanzitutto quello di sensibilizzare sul fatto che lo spreco è cibo e che nel continuare a sprecare perpetuiamo la condizione di fame di una grossa parte della popolazione mondiale. Passare questo messaggio attraverso i ristoranti ha significato per noi usare uno strumento vicino alle persone che ci permettesse di parlare alla gente lì dove lo spreco spesso viene messo in atto”.

La Cena dell’Amicizia nasce nel 1968 per favorire il reinserimento di persone senza dimora o emarginate e da sempre fa della tavola un luogo di ritrovo e di integrazione. Con lo stesso spirito di legittimazione, ha deciso di condurre una battaglia contro la percezione del cibo avanzato. “È una questione di mentalità – continua Acanfora – e molti dei ristoratori che hanno aderito, lo hanno fatto per dare il buon esempio”. Tra essi ci sono anche alcuni tra i più noti e rinomati chef del territorio. Come Davide Oldani. Fino ad oggi i locali che hanno aderito sono stati circa 20 ma l’iniziativa sta velocemente ampliandosi sul territorio.

Ristoranti e trattorie ma anche mense aziendali, catering e altre imprese di ristorazione possono partecipare in modo libero e gratuito. È possibile riconoscerli dalla locandina esposta sulle vetrine e su cui campeggia il logo di “Il buono che avanza” mentre nel menù o sui tavoli i clienti trovano un volantino che spiega il progetto.

Non è facile mettere in circolazione un comportamento che fino ad oggi la società ha banalmente “mal visto”. L’America, dal canto suo, conduce questa pratica da diversi anni e in molti casi sono stati proprio i personaggi noti a fare da testa di ponte. Da quelle parti, se ricordate, è famoso il doggy bag della first lady Michelle ma anche quello di Denzel Washington, per esempio.

doggy_Bag

Da questo lato si accumulano invece le iniziative dal basso. Come quella che vede protagonisti i volontari milanesi o quella che un anno fa ha coinvolto l’Ascom di Parma sul doggy bag del vino. La speranza è che l’espressione ”sprechi zero” faccia sempre più parte di un codice comune e sia sempre meno la bandiera di un’ elite.

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