Il grido disperato (e ignorato) degli orsi polari: i loro ghiacciai stanno sparendo a ritmi velocissimi 

L'esistenza del re dell'Artico si è trasformata in un incubo a causa del menefreghismo dell'uomo. Entro i prossimi 35 anni rischiamo di perdere fino al 30% degli orsi polari. La loro sopravvivenza dipende da noi

Sempre più denutriti e senza forze, costretti a nutrirsi di uova di uccelli e a spingersi in aree abitate alla ricerca disperata di cibo: è il triste destino riservato agli orsi polari. Oggi si celebra la Giornata internazionale dedicata al più grande carnivoro terrestre, ma per il re dell’Artico non c’è proprio nulla da festeggiare. Anzi, per questi giganti bianchi va sempre peggio, visto che il loro habitat sta sparendo a vista d’occhio.

L’habitat degli orsi polari sempre più a rischio

Gli orsi polari rischiano quindi di restare senza “casa” e la responsabilità di questa situazione drammatica è da attribuire all’uomo. I ghiacciai del Polo Nord si stanno riducendo del 13% ogni dieci anni. Nella regione artica l’aumento delle temperature è divenuto una minaccia enorme: quest’area, infatti, si sta riscaldando quasi quattro volte più velocemente di qualsiasi altra parte del Pianeta.

Negli ultimi 40 anni abbiamo già detto addio circa 2 milioni di km2 di ghiaccio marino: un’area più estesa delle superfici di Alaska e California messe insieme. Ciò significa che entro il 2050 ci saranno estati artiche completamente prive di ghiaccio marino.

Leggi anche: La terribile immagine dell’orso polare costretto a cacciare tra i rifiuti

In 35 anni rischiamo di perdere il 30% dei giganti dell’Artico

La fusione dei ghiacciai rappresenta al momento il più grande pericolo per questi iconici predato, visto che hanno bisogno del ghiaccio marino per riprodursi e cacciare. Se non saremo in grado di rallentare il riscaldamento globale, secondo diversi studi in soli 35 anni andremo incontro alla perdita del 30% della popolazione di questa specie.

orso polare

@WWF

Ma la crisi climatica non è l’unico fattore che minaccia i giganti dell’Artico. Infatti, a causa dell’espansione dell’industria petrolifera e del gas, sempre più spesso i  loro habitat vengono avvelenati da fuoriuscite di petrolio e altre sostanze tossiche. Sempre più spesso vengono a contatto anche con i pesticidi che finiscono nella catena alimentare al cui vertice si trova proprio l’orso polare, con conseguenze negative sulla loro riproduzione.

Negli ultimi anni si è assistito poi ad una crescita delle occasioni di conflitto fra essere umano e orsi. Ciò accade perché questi esemplari si ritrovano a fare i conti con la carenza di prede (per loro diventa sta diventando più difficile ad esempio cacciare le foche), dunque si avvicinano ai villaggi abitati per rovistare fra i rifiuti alla ricerca di cibo, spaventando la popolazione. E questi episodi rischiano di diventare la consuetidine.

Dal 2015 il WWF ha creato delle pattuglie per sorvegliare e tutelare la sicurezza degli abitanti di Ittoqqortoormiit, il Paese più a nord della Groenlandia orientale, dall’intrusione di questi grandi carnivori; in appena 7 anni la pattuglia è riuscita a intervenire e allontanare più di 75 esemplari.

Inoltre, nei tempi più recenti sono stati documentati anche casi di cannibalismo. Garantire la sopravvivenza di una “specie ombrello” come l’orso polare significa tutelare non solo questi predatori simbolo dell’Artico ma anche tutti gli animali che si trovano ai livelli più bassi della stessa catena alimentare e che condividono con lui lo stesso habitat vulnerabile. Per salvarli bisogna innanzitutto tagliare lo sfruttamento dei combustibili fossili per combattere il riscaldamento globale. La la salvezza del re dell’Artico è nelle nostre mani.

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Fonti: WWF/International Polar Bear Day

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