Oggi è la Giornata internazionale degli animali nei laboratori: ogni anno solo in Italia sono 600mila le vittime dei test

Oggi 24 aprile è la Giornata degli animali nei laboratori. Solo in Italia sono 600mila all'anno gli animali usati nei laboratori.

Oggi 24 aprile è la Giornata internazionale degli animali nei laboratori. Solo in Italia ogni anno sono 600 mila gli animali usati nei laboratori, in un sistema basato su procedure non sempre trasparenti in fase di autorizzazione e finanziamento dei progetti, su controlli non efficaci negli stabulari e su una pressoché totale assenza di fondi per mettere a punto dei metodi alternativi.

Sono passati 7 anni dall’entrata in vigore della legge che regolamenta il benessere degli animali nella sperimentazione, se di benessere si può parlare, ma di fatto non sono state effettuate azioni concrete che ne abbiano migliorato sensibilmente le condizioni.  

Il Ministero, ad esempio, non ha ancora emanato il decreto che stabilisce i criteri per formare il personale dedicato, “ma questo non ci sorprende, se consideriamo che a Parma il responsabile degli interventi chirurgici sui macachi è uno psicologo, il cui codice deontologico, oltretutto, lo obbligherebbe a non recare dolore nemmeno agli animali (con violazione dell’art.10 di tale codice)”, commenta Michela Kuan, biologa e responsabile LAV Area Ricerca senza animali. 

Competenze specifiche che dovrebbe avere anche chi valuta le condizioni degli animali negli stabulari: proprio nello stabulario di Parma secondo le ispezioni, gli animali stavano bene (perché avevano anche una TV per vedere i cartoni animati!), e gli ispettori non hanno reso noto che due animali erano talmente malati da dover essere restituiti. 

Animali di cui, ancora oggi, non si conosce la fine, e che potevano essere liberati e messi in un centro di recupero senza dover affrontare un viaggio di molte ore in uno stato di salute precario, come ha confermato anche il Consiglio di Stato, accogliendo quanto sostenevamo nel ricorso per liberare i macachi di Parma, “purtroppo anche il decreto sulla dismissione degli animali è fermo in un cassetto, e a pagarne le conseguenze sono sempre gli animali”, aggiunge Kuan. 

Non è possibile accettare che il benessere degli animali tenuti nei laboratori sia un aspetto di secondaria importanza: sempre il Consiglio di Stato ha accolto le istanze della LAV confermando come lo stato di salute fisico e psicologico degli animali del progetto Light-up, detenuti nello stabulario dell’Università di Parma, non fosse adeguatamente garantito.  

Chiediamo che sia personale competente a valutare il protocollo farmacologico, e la necessaria prevenzione del dolore; che sia rispettata la legge che prevede la possibilità per gli animali di potersi esprimere con comportamenti tipici della loro specie, (come conferma anche la vittoria contro il famigerato allevamento Green Hill) con spazi per il movimento e non semplici gabbie in cui l’animale praticamente gira solo su sé stesso. – prosegue Michela Kuan. È fondamentale, inoltre, che vengano verificati di tutti i parametri ambientali, ci siano degli arricchimenti (le gabbie, nonostante linee guida internazionali e le direttive, continuano ad essere ambienti vuoti dove, ad esempio, un animale notturno non trova nemmeno riparo dalla luce, di giorno), alimentazione adeguata e specie specifica. Siamo stanchi di sentirci dire che i laboratori sono posti perfetti da chi usa gli animali negli esperimenti: tutte le volte che le telecamere sono riuscite ad entrare di nascosto negli stabulari hanno dimostrato esattamente il contrario!”. 

È un diritto dei cittadini sapere quello che succede nei laboratori, il cui lavoro è finanziato dalle tasse di tutti.  Secondo quanto prevedono le norme, il ricorso all’animale dovrebbe essere l’ultima possibilità da prendere in considerazione, nell’applicazione di una procedura, ma chi concepisce l’esperimento e lo esegue troppo spesso non ha radicate e comprovate competenze nei metodi alternativi. Inoltre, chi ha il compito di valutate i progetti di ricerca, nella maggior parte dei casi è interno all’istituto a cui appartiene la ricerca, dando luogo a con un chiaro conflitto di interessi; il rispetto degli standard di benessere degli animali, inoltre, è garantito dagli stessi sperimentatori che eseguono le procedure, in un totale sistema autoreferenziale, mentre per quanto riguarda i fondi, questi arrivano prima, persino, che il Ministero autorizzi il progetto.  

In questa situazione di piena emergenza sanitaria, poi, l’Italia butta via 2 milioni di euro destinati alla ricerca: si tratta dei fondi del 2020 previsti nello stanziamento di 6 milioni di euro per la ricerca alternativa, per il triennio 2020-22; fondi essenziali per lo sviluppo di sistemi innovativi NAT – non animal technologies – la perdita dei quali rischia di tagliare le gambe al futuro dei Paese e alla salute dei cittadini italiani. 

Ma ci sono ancora nel cassetto 4 milioni di euro, previsti per il 2021/2022: davvero poco rispetto ai finanziamenti per la ricerca che fa uso di animali, che superano il miliardo e 300 milioni, che chiediamo vengano resi subito spendibili. 

“La giornata simbolica del 24 aprile deve diventare il simbolo del cambiamento necessario, in risposta alle aspettative dei cittadini verso il Governo e le Istituzioni, con un appello al Ministro Speranza a cui sono state presentate 25 richieste col fine di ottenere trasparenza, investimenti etici e sicuri, maggiori controlli e rispetto della legge”, concludono dalla LAV. 

Fonte: LAV

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