Paul Watson resterà in carcere fino al 5 settembre per aver difeso le balene (ma rischia ancora l’estradizione in Giappone)

Dopo quasi un mese di detenzione a Nuuk, è stato deciso che Paul Watson rimarrà in carcere fino al 5 settembre, in attesa della decisione sull'eventuale estradizione in Giappone

Paul Watson, il noto fondatore di Sea Shepherd, si trova ancora in una situazione critica dopo essere stato arrestato in Groenlandia. Ricordiamo che sull’attivista già da anni pendeva un mandato di cattura internazionale emesso dal Giappone. Il motivo? La sua instancabile lotta contro la caccia alle balene.

L’arresto di Watson è avvenuto mentre la sua nave faceva tappa per rifornimenti a Nuuk il 21 luglio scorso e ieri, 15 agosto, dopo quasi un mese di detenzione, il capitano è comparso di nuovo in tribunale. Questo doveva decidere se rilasciarlo, prolungare la sua detenzione o avviare la procedura di estradizione verso il Giappone.

La decisione presa stabilisce che l’attivista rimarrà in carcere fino al 5 settembre, in attesa della decisione del Ministero della Giustizia danese riguardo alla sua possibile estradizione.

A far sapere la novità è Sea Shepherd che in un messaggio sui social specifica anche ulteriori dettagli della questione:

La Corte ha rifiutato di vedere le prove video della serie Whale Wars che dimostrano che i giapponesi hanno fabbricato prove. Il giudice dice che le dichiarazioni di Paul oggi non cambiano la situazione.

Questa decisione è stata presa nonostante le proteste della difesa di Watson, che ha evidenziato la sproporzione della detenzione e ha richiesto la sua immediata liberazione. Gli avvocati dell’attivista sostengono che il mandato di arresto sia basato su informazioni false e hanno cercato di dimostrarlo durante l’udienza con la presentazione di estratti video degli eventi contestati.

La controversia attorno a questo caso è ulteriormente amplificata dalle circostanze dell’arresto. I sostenitori di Watson hanno denunciato irregolarità procedurali, inclusa l’assenza di un traduttore durante l’udienza iniziale, in violazione della legge danese.

Dal canto suo, il Giappone accusa Watson di aver ostacolato l’attività di una nave baleniera giapponese nell’Oceano Antartico, un atto che avrebbe causato danni materiali e lesioni all’equipaggio. Tuttavia, la difesa di Watson sostiene che le prove contro di lui siano fabbricate e di possedere video provenienti dalla serie documentaristica Whale Wars che dimostrerebbero la falsità delle accuse.

La situazione ha scatenato una forte reazione da parte dei sostenitori di Watson, tra cui politici di alto profilo e celebrità internazionali che hanno espresso solidarietà e chiesto la sua immediata liberazione. Manifestazioni di sostegno si sono tenute anche di fronte alle ambasciate danesi in diverse capitali europee, inclusa Bruxelles, evidenziando l’indignazione globale per il trattamento riservato a Watson.

Leggi anche: L’arresto di Paul Watson è già un caso: da Brigitte Bardot a Macron, 200.000 persone in mobilitazione (con una petizione)

Al momento, il destino del capitano Watson rimane incerto, mentre la sua difesa continua a lottare per garantirgli un processo giusto ed equo e soprattutto la libertà.

Resta il fatto che viviamo in un mondo al contrario: non dovrebbero forse essere i cacciatori di balene ad essere fermati e processati? È una vergogna per il Giappone, disposto a tutto pur di proseguire il massacro di queste creature, e una vergogna anche per la Danimarca, che invece di opporsi a questa ingiustizia, sta collaborando.

Vogliamo Paul Watson libero! Continuiamo a firmare la petizione lanciata dalla Fondazione Paul Watson che ne chiede l’immediato rilascio.

Non vuoi perdere le nostre notizie?

Fonte: Sea Shepherd France

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook