Ecco cosa si nasconde in un allevamento Amadori: come nasce l’antibiotico-resistenza (VIDEO)

Il servizio di Report della scorsa domenica ha scoperchiato il vaso di Pandora – a livello televisivo, si intende - sul tema dell’abuso di antibiotici negli allevamenti e ha mostrato gli orrori degli allevamenti Amadori.

Il servizio di Report della scorsa domenica ha scoperchiato il vaso di Pandora – a livello televisivo, si intende – sul tema dell’abuso di antibiotici negli allevamenti intensivi e ha mostrato gli orrori degli allevamenti Amadori.

Ovviamente il problema dell’abuso di antibiotici e delle condizioni igienico-sanitarie degli allevamenti intensivi non riguarda soltanto l’azienda citata da Report, dato che le inchieste condotte in Italia e nel mondo negli ultimi anni colpiscono diverse realtà coinvolte nell’allevamento intensivo di animali da carne o da latte.

Certo, chi non aveva mai avuto l’occasione di guardare un filmato o un documentario sugli orrori degli allevamenti intensivi, sarà rimasto scioccato dalle immagini mandate in onda in TV, che sono quelle che noi di greenMe.it documentiamo da anni, grazie al lavoro di tantissimi coraggiosi investigatori delle associazioni animaliste.

Nei filmati della trasmissione si ripropone lo scenario dell’orrore a cui, purtroppo, abbiamo da tempo abituato i nostri lettori: i topi circolano senza problemi tra gli animali, con qualche trappola piazzata qua e là. Ogni animale inquadrato presenta delle ferite e delle escoriazioni. Lo spazio vitale è al limite dell’assurdo. Dove sono dunque le tutele per la sicurezza e per la salute dei consumatori e degli animali stessi? Come ha spiegato Milena Gabanelli durante la puntata, questi spazi sono considerati adatti per il benessere degli animali dalla Commissione Europea, ma è evidente che non lo siano.

“Sono immagini distanti mille miglia dalla pubblicità di quel Made in Italy che deriva per gran parte dall’allevamento intensivo: 30 milioni di animali allevati da un lato e 1300 tonnellate di antibiotici dall’altro”.

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E chi mangia prodotti provenienti dagli allevamenti intensivi, secondo quanto emerge dal servizio di Report, rischia di fare il pieno di antibiotici. Ecco il sovradosaggio e la diffusione dell’antibiotico-resistenza.

La situazione degli animali negli allevamenti Amadori è la stessa di migliaia di altri che in Italia ogni anno vivono in condizioni ben lontane dall’essere sicure e salutari. Il modello alimentare attuale non solo non è rispettoso degli animali, ma mette a rischio la salute umana e potrebbe generare gravi conseguenze legate alla diffusione dei batteri super resistenti.

report allevamenti amadori 2

La risposta di Amadori al servizio di Report non si è fatta attendere. L’azienda sul proprio sito web parla di una visione assolutamente parziale e scorretta offerta dalla trasmissione.

“Le immagini all’interno dell’allevamento di suini sono state girate oltre 6 mesi fa, in una struttura datata compresa all’interno di un piano aziendale di ristrutturazione e che già oggi è completamente ristrutturata. Le riprese hanno in oggetto principalmente un locale isolato rispetto al resto della struttura, destinato al ricovero di animali che hanno manifestato dei problemi, come la legge prevede per ogni allevamento. Sono quindi immagini che non rappresentano in maniera veritiera il nostro sistema d’allevamento”.

E per quanto riguarda la presenza dei topi, Amadori ha spiegato che:

“La presenza di topi in allevamento, specialmente nelle ore notturne, come evidenziato dalle immagini, è certamente un problema che impegna tutti gli allevatori: la nostra azienda investe notevoli risorse per mettere in atto piani di derattizzazione concordati e verificati regolarmente dalle ASL, ma è evidente che all’interno degli allevamenti di suini in piena campagna è difficile riuscire ad eliminare completamente la presenza di topi, anche se questo non ci impedisce di andare alla ricerca di metodi sempre più efficaci per ridurre al minimo il problema”.

report allevamenti amadori
Inoltre, Amadori accusa Report di essere entrata negli allevamenti senza aver ottenuto il permesso. Secondo quanto emerso dalla trasmissione, l’azienda aveva negato a Report questa possibilità. Ecco allora che le irruzioni negli allevamenti diventano l’unico modo per capire cosa succede al loro interno.

Perché le aziende negano ai giornalisti e alla telecamere di fare ingresso nelle proprie strutture? Hanno qualcosa da nascondere?

Però diciamoci la verità: non bisogna concentrarsi soltanto sul caso Amadori e trasformare l’azienda in un capro espiatorio. Qui non si tratta solo di Amadori. “Solo in Italia centinaia di milioni di animali sono tenuti in condizioni estreme, costretti in piccoli spazi e selezionati per crescere rapidamente in pochissimo tempo. Gli antibiotici sono fondamentali per tenere in vita esseri viventi in condizioni altrimenti impossibili. E adesso vengono fuori anche conseguenze devastanti per gli umani, a riprova che il modello alimentare attuale non è sostenibile da nessun punto di vista: causa sofferenze, è crudele, genera malattie e adesso sappiamo anche che contribuisce a quella che potrebbe diventare una vera e propria pandemia”, ha spiegato Essere Animali.

Lo dimostrano i casi di cui abbiamo parlato negli anni, come dimostrarono già le immagini choc dell’inchiesta televisiva sull’industria suinicola in Italia mandate in onda AnnoUno. O l’investigazione di Essere Animali che documentava il grande bluff degli allevamenti all’aperto e biologici, seguita dalla testimonianza di Animal Equality sulle condizioni di vita delle galline all’interno dei capanni in una struttura certificata ‘biologica’ e sostenuta dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale secondo le direttive del Reg. (CE) n. 1698/2005. Un’ulteriore evidenza dell’errore che si commette se si reputa questa tipologia d’allevamento come etica e rispettosa.

La speranza è che la puntata di Report possa generare un cambiamento in chi ancora non era a conoscenza di simili realtà e spingere le autorità ad occuparsi in maniera più rapida sia del miglioramento del benessere degli animali sia della lotta all’antibiotico-resistenza.

Marta Albè

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