I pesticidi killer delle api sono vietati ma continuano a contaminare i campi europei

Vietati, ma ancora in circolazione. Parliamo dei neonicotinoidi clothianidin, imidacloprid e thiametoxam, pesticidi che, secondo l'EFSA, rappresentano un rischio per le api selvatiche e quelle mellifere. Lo stabilisce un nuovo studio pubblicato su Science of the Total Environment, condotto da ricercatori del CNRS, dell’INRA e dell’Institut de l’Abeille (ITSAP).

Vietati, ma ancora in circolazione. Parliamo dei neonicotinoidi clothianidin, imidacloprid e thiametoxam, pesticidi che, secondo l’EFSA, rappresentano un rischio per le api selvatiche e quelle mellifere. Lo stabilisce un nuovo studio pubblicato su Science of the Total Environment, condotto da ricercatori del CNRS, dell’INRA e dell’Institut de l’Abeille (ITSAP).

Come sappiamo, questi pesticidi erano già stati soggetti nel 2013 a una moratoria europea e poi vietati nel 2018, anche se qualche tempo fa, Greenpeace aveva espresso preoccupazione, pensando appunto che le lobby potessero trovare qualche escamotage per aggirare le restrizioni.

E proprio oggi, arrivano le cattive notizie perché i ricercatori hanno trovato le sostanze incriminate in circa un campione su due, soprattutto in Francia che ricordiamolo era stato il  primo paese europeo a vietare cinque pesticidi che uccidono le api accogliendo l’allarme delle Nazioni Unite che annunciavano che, il 40% degli impollinatori, rischia l’estinzione globale per diversi fattori, tra cui l’uso smodato di queste sostanze.

Lo studio

Durante la ricerca sono stati raccolti 536 campioni in 292 campi europei di colza invernale per cinque anni a partire proprio dall’inizio della moratoria, tra il 2014 e il 2018. E le sorprese sono arrivate subito. Infatti, l’ imidacloprid è stato trovato nel 43% dei campioni in una tendenza in crescita: nel 2015 c’era nel 5% dei campioni e nel 2016 nel 90%. In alcuni terreni, spiegano i ricercatori, la quantità era molto bassa, tra 0,1 e 1 nanogrammo per millilitro, in altri era di 70 ng/ml, dato molto elevato.

Ciò non rassicura per niente, anzi. Api, insetti e farfalle si nutrono di questi raccolti trattati con i pesticidi e rischiano, dunque, di essere esposti a livelli nocivi di neonicotinoidi. C’è poi da dire che finiscono per essere intaccati anche polline e nettare, così come le piante vicine alla zona in cui i pesticidi vengono spruzzati.

I pesticidi neonicotinoidi sono da tempo sul banco degli imputati perché diversi studi hanno dimostrato che attaccano il sistema nervoso centrale degli insetti, portando alla perdita di memoria e alla riduzione della loro fertilità. E così, le api che non riescono a trovare la via per tornare all’alveare muoiono rapidamente.

Tornando alla ricerca, gli scienziati hanno poi analizzato il rischio di mortalità delle api che vivono e si nutrono nei campi contaminati. È stato individuata una moria più elevata tra il 2014 e il 2016, quando il 12% dei campi aveva pesticidi tali da poter causare la morte del 50% delle api e dei bombi.

Insomma, concludono i ricercatori, bisognerebbe fare controlli più severi per proteggere l’ecosistema; e pensare che la strada intrapresa sembrava buona, proprio nei giorni scorsi, la Commissione europea aveva annunciato che non rinnoverà l’autorizzazione d’uso per il thiacloprid, insetticida “ammazza api” che potrà essere usato fino ad aprile 2020 dopodiché il suo impiego in agricoltura sarà vietato in tutta Europa.

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