Dagli allevamenti di suini un nuovo ceppo di super-batteri resistenti agli antibiotici che può infettare anche l’uomo

Uno nuovo studio ha scoperto che il ceppo di superbatteri MRSA (Stafilococco Resistente alla Meticillina) è probabilmente nato negli allevamenti di suini e - altamente resistente agli antibiotici - può diffondersi anche all'uomo 

Sono tanti i problemi che dobbiamo affrontare in questo periodo storico, prima che sia troppo tardi. Spesso parliamo della crisi climatica ma un’altra questione molto seria è l’antibiotico resistenza che, secondo uno studio, è già una delle principali cause di morte nel mondo (anche se al 2050 la situazione potrebbe essere peggiorata e di molto).

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La ricerca sta cercando di trovare soluzioni alternative ai comuni antibiotici per quei batteri che, con il tempo, sono diventati resistenti ma c’è anche un’altra parte di studi che ancora cerca di capire come siano nati e si siano diffusi i nuovi ceppi pericolosi.

È il caso di una ricerca recente, condotta presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Cambridge nel Regno Unito, secondo cui l’uso estensivo di antibiotici negli allevamenti intensivi di suini ha probabilmente contribuito all’emergere di un ceppo altamente resistente del superbatterio MRSA, o Staphylococcus aureus meticillino-resistente.

Negli ultimi cinquant’anni, il ceppo, noto come CC398, ha superato altri ceppi di MRSA negli animali in tutta Europa ed il problema è estremamente serio in quanto può arrivare ad infettare anche gli esseri umani e un aumento di questo fenomeno è già stato registrato.

Secondo lo studio, pubblicato su eLife, il CC398 è rimasto resistente agli antibiotici nei maiali e in altri animali per molti anni ma si è poi adattato rapidamente anche all’organismo umano, preservando la sua caratteristica più pericolosa, ovvero la resistenza agli antibiotici.

I risultati mostrano insomma il possibile rischio che questo ceppo di MRSA presenta per la salute pubblica.

La diffusione del CC398 nel bestiame (oltre che la sua capacità di infettare anche gli esseri umani) è legata a tre elementi genetici mobili nel genoma dell’MRSA. Questi sono frammenti di materiale genetico che gli conferiscono alcune caratteristiche, inclusa proprio la resistenza agli antibiotici e il fatto che sia in grado di eludere il sistema immunitario umano.

L’MRSA è stato identificato per la prima volta in pazienti umani nel 1960 e proprio a causa della sua capacità di resistere agli antibiotici, è molto più difficile da trattare rispetto ad altre infezioni batteriche. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo considera, non a caso, una delle maggiori minacce al mondo per la salute umana.

Come ha dichiarato Lucy Weinert, del Dipartimento di medicina veterinaria dell’Università di Cambridge, autrice dello studio, però:

I casi di MRSA associati al bestiame negli esseri umani sono ancora solo una piccola frazione di tutti i casi di MRSA nelle popolazioni umane, ma il fatto che stiano aumentando è un segnale preoccupante.

L’aumento dei casi all’interno degli allevamenti, invece, è stato particolarmente evidente nei suini danesi, dove la percentuale di animali positivi all’MRSA è aumentata da meno del 5% nel 2008 al 90% nel 2018.

Ancora una volta sotto accusa per questa situazione sono gli antibiotici usati negli allevamenti, o meglio l’uso smodato che è stato fatto di questi farmaci in passato. Come ha dichiarato Gemma Murray, autrice principale dello studio:

Livelli storicamente elevati di uso di antibiotici potrebbero aver portato all’evoluzione di questo ceppo di MRSA altamente resistente agli antibiotici negli allevamenti di suini. Abbiamo scoperto che la resistenza agli antibiotici in questo MRSA associato al bestiame è estremamente stabile: è persistita per diversi decenni, anche perché i batteri si sono diffusi tra diverse specie di bestiame.

L’uso di antibiotici nel bestiame in Europa è oggi di gran lunga inferiore rispetto al passato ma gli esperti ritengono che il danno ormai sia stato fatto. I ricercatori sono infatti convinti che la continua diminuzione dell’uso di antibiotici negli allevamenti di suini – a seguito di recenti modifiche normative – potrà avere un’influenza minima sull’esistenza di questo ceppo nei maiali.

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Fonte: eLife

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