Carne: come è crollato il consumo (e sono diminuiti gli allevamenti) dagli anni ’60 ad oggi

Dagli anni '60 ad oggi si è registrato un vero e proprio crollo degli allevamenti di bovini (- 90%) e anche il consumo di carne pro capite è più basso. È quanto emerge da uno studio di Assocarni e Coldiretti

Il settore della carne bovina è ben lontano dai successi degli anni del boom economico italiano (e non possiamo dire che la cosa ci dispiaccia, considerando che parliamo il più delle volte di allevamenti intensivi dove gli animali vivono in condizioni terribili).

Negli anni ’50 e fino ai primi anni ’60, l’Italia ha vissuto un momento di splendore che ha portato anche ad un aumento del consumo pro capite di carne, ma la tendenza sembra essersi presto invertita.

Da allora ci sono molti meno allevamenti e si consuma meno carne. È quanto emerge dai dati di uno studio presentato al simposio internazionale “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile”, organizzato da Assocarni in collaborazione con Coldiretti.

Come ha dichiarato Luigi Scordamaglia, Presidente di Assocarni:

Parliamo di un comparto che dagli anni ’60 ad oggi ha visto crollare drasticamente il numero dei suoi allevamenti, registrando un calo del 91%: 60 anni fa erano 1 milione e mezzo, così come è diminuito il numero di capi allevati, con un calo del 35%, passando da quasi 10 milioni di unità a poco più di 6 milioni.

Ci sono meno allevamenti, anche perchè si consuma meno carne rispetto al passato. Per giustificare questo calo, l’associazione di settore tira in ballo alcune campagne (definite di disinformazione) e politiche europee che non hanno certo appoggiato il comparto.

Ma come poteva essere altrimenti, considerato quanto inquinano gli allevamenti intensivi? Leggi anche: Allevamenti intensivi: perché anche l’Italia dovrebbe avere il coraggio di ridurli come sta facendo l’Olanda 

Comunque tornando ai dati riportati da Assocarni:

Oggi in Italia mangiamo 8,54 chili di carne bovina pro capite all’anno, sono questi infatti i consumi reali, cioè quelli valutati al netto delle parti non edibili (ossa, cartilagini e grasso).

Pensate che durante il boom economico, in un momento in cui il settore della carne era particolarmente fiorente (così come molti altri), si consumavano ben 14 chili a persona!

Le nuove regole Ue e come si difende il settore della carne

Secondo Assocarni, a mettere a rischio la filiera bovina italiana, come già preannunciavamo, sono in particolare le nuove regole Ue:

Le politiche che arrivano da Bruxelles, sembrano voler andare inesorabilmente verso lo smantellamento della produzione delle nostre eccellenze, e dell’allevamento in primis, con rischi non solo per chi oggi lavora in quelle filiere, ma anche in termini di sicurezza alimentare, condannando l’Italia alla dipendenza da paesi terzi che producono con standard meno elevati dei nostri anche dal punto di vista ambientale.

Leggi anche: Allevamenti intensivi: dall’UE in arrivo regole più ferree per ridurre le emissioni industriali

Coldiretti, invece, per voce del suo presidente Ettore Prandini, ci ha tenuto a sottolineare che gli allevamenti italiani sono tra i migliori al mondo in quanto a sostenibilità ambientale. E Giuseppe Pulina, Ordinario di Etica e sostenibilità delle produzioni animali all’Università di Sassari, addirittura ha dichiarato che:

Il settore dell’allevamento bovino in Italia è già net zero per quel che riguarda i gas climalteranti. Dobbiamo cominciare a guardare a questa filiera come parte integrante di un’economia circolare, in un’ottica di bilancio di emissioni. Questo significa che oltre a considerare la riduzione degli impatti – secondo ISPRA le emissioni dell’allevamento pesano il 5% del totale, calate di oltre 14 punti percentuali in 30 anni (e del 10% solo negli ultimi 10) – va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento. Addirittura con le nuove metriche (GWP*), il saldo dell’allevamento bovino è in negativo: il settore, cioè, ha contribuito maggiormente al sequestro che all’emissione.

Al di là dell’inquinamento, però, c’è un altro fattore da considerare e che a noi di greenMe sta molto a cuore: il benessere animale. Gli allevamenti intensivi in questo senso sono dei veri e propri lager, dove gli animali vivono spesso in condizioni disumane. Nessuno mai ci convincerà che siano un qualcosa da tutelare.

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Fonte: Assocarni

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