L’orrore che non ti aspetti negli allevamenti intensivi di pesce

Rinchiusi e ammucchiati in gabbie in mare, blitz in Liguria contro le terribili condizioni negli allevamenti intensivi di pesci

A pochi chilometri dalla costa ligure centinaia di migliaia di pesci trascorrono un’intera vita prigionieri in spazi senza stimoli, dove vivono in forte stress all’interno di gabbie marine sovraffollate. Sono “Rinchiusi in mare aperto” e oggi ce lo ricorda lo striscione di trenta metri quadrati catturato dal drone che gli attivisti di Essere Animali hanno srotolato vicino all’impresa ittica che gestisce una trentina di gabbie situate a largo di La Spezia.

I pesci, per raggiungere il peso commerciali di 300-500 g, trascorrono dai 16 ai 22 mesi in questi impianti in mare dove avviene la fase di ingrasso, l’ultima del ciclo produttivo in allevamento per poi passare alla grande distribuzione organizzata.

“Rinchiusi in gabbie in mare o stipati in vasche a terra, questi animali vivono in condizioni tali da non poter esprimere i loro comportamenti naturali. La loro è una vita di privazioni, trascorsa in ambienti insalubri con altissime densità dove spesso vengono alimentati con mangimi medicati per contenere l’inevitabile diffusione di virus e batteri”, afferma Brenda Ferretti, Outreach Manager di Essere Animali. “Inoltre, rispetto agli animali terrestri, i pesci allevati a scopo alimentare passano molto più tempo in allevamento, e al momento dell’uccisione sono vittime di sofferenze atroci. Ma anche i pesci sono essere senzienti, in grado di provare paura e dolore, e perciò degni di essere difesi e protetti”.

Intervenire sulle condizioni critiche in cui versano i pesci nell’industria dell’acquacoltura, il settore alimentare con il più alto tasso di crescita degli ultimi decenni, è oggi più urgente che mai.

Secondo il nuovo rapporto FAO “Lo Stato Mondiale della Pesca e dell’Acquacoltura” (SOFIA), la produzione di acquacoltura oramai rappresenta il 52% del pesce destinato al consumo umano. Questo significa che metà del pesce che arriva sulle tavole dei consumatori proviene dagli allevamenti ittici, dove il modello di produzione predominante è quello industriale e intensivo.

 

I pesci vengono gettati ancora vivi in contenitori di acqua e ghiaccio dove si contorcono agonizzanti. La perdita di coscienza non è immediata e soffrono per decine di minuti prima di morire.

“Nonostante i pesci siano gli animali allevati in maggior numero nella filiera dell’industria alimentare, sono anche i meno tutelati dalla normativa nazionale e comunitaria. Questo, unito a pratiche di allevamento dannose, come l’assenza di procedure di stordimento efficaci in grado di ridurre la loro sofferenza al momento della macellazione, ci fa comprendere come sia necessario agire al più presto in difesa di questi animali”, conclude Brenda Ferretti di Essere Animali.

Per questo Essere Animali ha lanciato la campagna #AncheiPesci, lanciata dall’associazione per tutelare i pesci d’allevamento.

Per firmare la petizione clicca qui

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