A Song of Oil, Ice and Fire: un video contro le trivellazioni di Shell nell’Artico

Un video per denunciare i piani di trivellazione di Shell nell’Artico. Si tratta di “A Song of Oil, Ice and Fire”. L’iniziativa fa parte della campagna Save The Arctic di Greenpeace e mira ad attirare l’attenzione sulla devastazione causata da trivellazioni e fuoriuscite di petrolio.

Un video per denunciare i piani di trivellazione di Shell nell’Artico. Si tratta di “A Song of Oil, Ice and Fire”. L’iniziativa fa parte della campagna Save The Arctic di Greenpeace e mira ad attirare l’attenzione sulla devastazione causata da trivellazioni e fuoriuscite di petrolio.

Nel video troviamo tre repliche di famose opere d’arte che vengono date alle fiamme per essere sostituite da tre nuove versioni realizzate da famosi artisti britannici. Il video fa capire come il paesaggio dell’Artico viene trasformato dalle trivellazioni di Shell.

Le opere a cui il video fa riferimento sono “Pearblossom Highway” di David Hockney, “Christina’s World” di Andrew Wyeth e “An Arctic Summer: Boring Through the Pack in Melville Bay” di William Bradford.

Greenpeace teme che entro sei settimane Shell inizierà le proprie ricerche di petrolio nell’Artico. In questo modo il rischio è che fauna e paesaggi meravigliosi vengano devastati in modo irrimediabile. Greenpeace afferma che è ormai dimostrato che non si può trivellare in modo sicuro nell’Artico. Dunque la questione non è se si verificherà uno sversamento di petrolio, ma quando accadrà.

Shell purtroppo sembra avere l’appoggio degli Stati Uniti per le trivellazioni nell’Artico. A marzo il Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti ha annunciato un primo via libera alle concessioni petrolifere nell’Artico. Una volta acquisiti i permessi definitivi, Shell prevede di avviare le perforazioni esplorative nel Mare Artico, vicino all’Alaska, entro il prossimo luglio.

Un movimento di circa sette milioni di persone da tutto il mondo si oppone ai piani di Shell. Solo una settimana fa, centinaia di attivisti in kayak hanno manifestato a Seattle – porto di partenza della piattaforma Polar Pioneer, di proprietà di Transocean (la stessa della Deepwater Horizon) e noleggiata da Shell per le trivellazioni in Alaska – e molte altre proteste sono previste nei prossimi mesi.

A causa dei cambiamenti climatici, l’Artico si sta sciogliendo a una velocità allarmante, ricorda Greenpeace. Lo scorso marzo è stato registrato il più basso livello di estensione invernale dei ghiacci artici mai rilevato. Le grandi compagnie petrolifere mondiali vorrebbero approfittare del ritiro dei ghiacci per estrarre le riserve di gas e petrolio presenti in questa fragile area.

Le estreme condizioni artiche, con giganteschi iceberg in movimento e mari tempestosi, rendono però estremamente rischiose le trivellazioni offshore. Lo stesso governo degli Stati Uniti stima che in conseguenza di queste attività ci sia il 75% di probabilità che avvenga un ingente sversamento di petrolio.

E come se non bastasse – così comunica Greenpeace – un altro studio finanziato proprio dal Governo statunitense solleva seri dubbi sulla possibilità di fronteggiare uno sversamento di grandi proporzioni in condizioni così proibitive. Perché dunque Shell potrebbe comunque ottenere il via libera per le trivellazioni nell’Artico?

Guarda il video di Greenpeace “A Song of Oil, Ice and Fire”.

Marta Albè

Fonte foto: politiken.dk

Leggi anche:

La Shell vuole trivellare l’Artico. Lo spot anti-petrolio per salvare gli orsi polari

Artico: tre compagnie petrolifere abbandonano le trivellazioni in Groenlandia (#SaveTheArctic)

Shell: stop alle trivellazioni nell’Artico, Mediterraneo ancora in pericolo

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook