Dal Po alla Dorea Baltea, fiumi a secco e morenti: istantanea di un inverno senza piogge

Il Nord Italia è sempre più a secco a causa della poca neve e delle scarse piogge. Ora si temono le conseguenze della siccità anche al Centro e al Sud

È stato un inverno strano, quello che stiamo ancora vivendo, caratterizzato da temperature insolitamente miti e, soprattutto, dall’assenza quasi totale di pioggia – soprattutto nelle regioni settentrionali del nostro Paese. Questo ha dato origine ad un preoccupante deficit idrico che minaccia le colture nonché la sopravvivenza degli animali acquatici e degli stessi corsi d’acqua: impressionano le immagini recenti di Po e Dora Baltea, irriconoscibili e quasi completamente a secco.

È un quadro allarmante, quello che emerge dal report settimanale del nostro Osservatorio sulle Risorse Idriche – commenta Francesco Vincenzi, Presidente ANBI. – A fronte di tale quadro, il cui futuro è affidato alla magnanimità del fato meteorologico, è fondamentale che il recente inserimento della tutela ambientale fra gli obbiettivi della Costituzione non sia solo una mera affermazione di principio, ma piuttosto l’avvio di un nuovo, urgente paradigma operativo per il Paese.

La situazione è particolarmente drammatica soprattutto al Nord, dove gli ultimi due mesi sono stati caratterizzati dalla quasi totale assenza di piogge e da una condizione di innevamento dei rilievi montuosi alpini ai minimi storici. In Valle d’Aosta non piove in maniera significativa da circa un mese, e il fiume Dora Baltea ha visto quasi dimezzata la propria portata idrica.

In Piemonte, invece, le precipitazioni del 2022 sono inferiori del 93% rispetto alla media (mentre le temperature registrate hanno toccato massimi storici): si pensi che nella città di Torino la portata idrica del Po è stata di soli 29,2 metri cubi al secondo – valori che non si registrano neanche nei mesi estivi! Anche nel Nord-Est del Paese si registrano le gravi conseguenze della siccità, con i fiumi Adige e Natisone che registrano portata minima (sono praticamente “in secca” secondo gli esperti), mentre in Liguria si registra un aumento delle temperature superiore al grado e mezzo rispetto a trent’anni fa.

Anche l’osservatorio satellitare europeo, Copernicus, lancia l’allarme siccità nella Pianura Padana attraverso la condivisione delle immagini acquisite dal satellite Sentinel2 nel gennaio del 2021 e nel febbraio di quest’anno:

(Leggi anche: Allarme siccità nel Nord Italia: il livello del Po è ancora più basso di Ferragosto)

Non va meglio nelle regioni centrali: in Emilia Romagna, i fiumi registrano portate tipiche del mese di agosto, poiché su più di metà del territorio regionale non piove da mesi; anche i corsi d’acqua delle Marche e del Lazio iniziano a mostrare segnali di sofferenza, con livelli minimi che non si registravano dal 2007. Ma è la Toscana la regione più colpita dalla siccità, con il fiume Arno che ha visto crollare la propria portata da 110,82 metri cubi al secondo (media di febbraio) a sili 13,80 metri cubi al secondo (dati di febbraio 2022).

Per quanto riguarda il Meridione, anche i fiumi campani Garigliano, Volturno e Sele mostrano una portata inferiore alle medie del periodo, e portando la regione in una condizione di siccità, mentre i principali bacini idrici della Basilicata trattengono oltre 20 milioni di metri cubi di acqua in meno rispetto allo scorso anno. Sui territori della Puglia, invece, nel primo mese e mezzo del 2022 è caduta metà della pioggia rispetto allo stesso periodo del 2021.

Solo la Calabria, l’Abruzzo e la Sardegna sembrano uscire indenni da questa ondata di siccità che ha invaso il Paese: in queste regioni, i volumi idrici registrati a gennaio 2022 sono uguali o superiori alla media degli anni passati.

Ma cosa significa questo nel concreto? Certamente, l’assenza di acqua nei fiumi rappresenta un danno innanzitutto per gli agricoltori, che non hanno come sostenere le proprie colture. Tuttavia, ci sono conseguenze gravi sugli ecosistemi, non ancora del tutto conosciute: il mutamento dell’habitat dovuto alla siccità provocherebbe la scomparsa di specie animali e vegetali autoctone e favorirebbe l’arrivo di nuove specie aliene che meglio si adattano alle nuove condizioni ambientali.

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Fonti: AMBI / Copernicus UE

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