L’Artico si sta sciogliendo, rilasciando in mare alte concentrazioni di PFAS

I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) sono sostanza chimiche tanto pericolose quanto comuni: si trovano infatti in moltissimi oggetti di uso quotidiano – come prodotti per la cura del corpo, stoviglie e padelle (ne conferiscono la caratteristica antiaderenza), packaging per il cibo, tessuti e prodotti di abbigliamento. Sono conosciuti anche come sostanze chimiche ‘permanenti’, che resistono nell’ambiente anche per anni e che non si decompongono naturalmente.

Ora un nuovo studio rivela che il ritmo sempre più veloce di scioglimento del ghiacciaio artico sta introducendo quantità sempre maggiori di queste sostanze chimiche nell’ambiente. I PFAS, ovviamente, non hanno origine naturalmente dai ghiacciai: una volta immessi nell’atmosfera grazie ai prodotti realizzati dall’uomo, questi finiscono per contaminare l’aria e le falde acquifere – e rimangono intrappolate nei ghiacciai artici. Secondo un’altra ricerca, i PFAS arriverebbero sulla superficie dei ghiacciai anche sotto forma di neve.

(Leggi anche: La Danimarca è il primo paese a vietare l’uso di PFAS nei contenitori per il cibo (ma non nelle padelle))

Non si tratta di una novità ma, secondo i ricercatori dell’Università di Lancaster che hanno curato questo studio, sembra che le concentrazioni di PFAS nei ghiacci disciolti siano strettamente connesse alla salinità dell’acqua: in pratica, più le acque sono salmastre, più saranno alte le concentrazioni di sostanze chimiche. A questo si aggiunge il problema del riscaldamento globale, che provoca lo scioglimento dei ghiacciai e la loro dispersione nelle acque oceaniche dalle alte concentrazioni di sale, che attirano pericolose concentrazioni di PFAS.

Per capire meglio come queste sostanze vengono rilasciate nell’atmosfera, il team ha utilizzato una sezione di ghiaccio marino ricreata artificialmente per condurre esperimenti che hanno misurato i movimenti delle sostanze chimiche fra ghiaccio e acqua durante i passaggi di stato. In un primo momento, quando il ghiaccio si scioglie, l’acqua porta con sé un’ampia percentuale di sali in essa disciolti: in quest’acqua sono contenute grandi quantità di PFAS dalle catene brevi. Successivamente, quando l’acqua torna a ghiacciarsi, le catene di PFAS sono diventate più lunghe.

Gli PFAS sono tossici sia per gli animali che per l’uomo: la loro presenza negli oceani e la conseguente contaminazione dei pesci e degli altri animali marini rappresenta un problema anche per la nostra alimentazione. Gli animali maggiormente vittime di queste contaminazioni sono quelli alla base della catena alimentare della regione artica, che spesso si nutrono nei canali di acqua salata che nascono dai ghiacciai e che saranno sempre più esposti a queste sostanze chimiche.

pfas nel mare

Credits: Environ. Sci. Technol. 2021, 55, 14, 9601-9608

Questo studio è parte di un progetto dell’EISPAC (Effects of Ice Stressors and Pollutants on the Arctic marine Cryosphere), di cui fanno parte diverse associazioni nel Regno Unito e in Germania: con questi nuovi allarmanti risultati, i ricercatori chiedono ai governi provvedimenti urgenti per bloccare l’utilizzo dei PFAS nel futuro.

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Fonte: Environmental Science & Technology

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