Rifiuti: la Svezia ricicla troppo e importa l’immondizia dalla Danimarca

La Svezia ricicla troppi rifiuti e per far funzionare le macchine a pieno ritmo è costretta ad importare l'immondizia da altri Paesi europei.

La Svezia ricicla troppi rifiuti e per far funzionare le macchine a pieno ritmo è costretta ad importare l’immondizia da altri Paesi europei.

A dare la curiosa notizia è stata Catarina Ostlund, consigliera dell’agenzia svedese per la protezione dell’Ambiente – che ha rilasciato un’intervista alla “Public radio international”, ripresa poi sia dal giornale francese di ecologia “Terra Eco”, sia da Audrey Garric, autrice del “blog-ecolo di Le Monde“.

Secondo quanto riportato dal “Swedish Waste Management“, Stoccolma ricicla il 36% dei rifiuti domestici totali e a fare di più è solo la Danimarca fa con il 54%, a fronte di una media europea che si ferma al 22%. Grazie a questo massiccio smaltimento, la Svezia riesce a produrre energia sufficiente ad assicurare il 20% del riscaldamento urbano di tutto il Paese e a fornire elettricità a 250.000 famiglie (su un totale di 4,6 milioni).

E allora?

Il problema (si fa per dire) è che le capacità della Svezia di smaltire i rifiuti sono nettamente superiori alle quantità di materiali prodotti a livello domestico (ovvero circa 3 tonnellate) e per far funzionare le macchine a pieno ritmo ed evitare quindi di perdere dei soldi ogni anno, il Paese dovrà iniziare ad importare spazzatura da altre realtà europee. La prima nazione candidata è la Norvegia, dalla quale arriveranno ogni anno ben 800.000 tonnellate di rifiuti!

Valorizzare i rifiuti all’interno delle fabbriche gioca un ruolo importante dal punto di vista energetico, specie in un periodo storico in cui il prezzo dell’energia non accenna a diminuire – ha detto Catarina Ostlund – e in futuro potremmo andare incontro ad una penuria di combustibile. Tuttavia, per la Svezia è importante cercare nuovi mezzi per ridurre la produzione di immondizia e aumentare il riciclaggio, ma al momento la valorizzazione energetica è la soluzione migliore“.

Naturalmente, come spiega Audrey Garric sul suo blog, tutto questo processo di smaltimento porta ad una presenza costante e massiccia di polveri inquinanti prodotte dagli inceneritori.

Ma anche sotto questo aspetto la Svezia ha saputo fare passi da gigante!

Secondo l’agenzia svedese per la gestione dei rifiuti, il Paese ha rettificato e applicato nel tempo una stretta regolamentazione in termini di limitazione delle emissioni, arrivando così – dal 1980 ad oggi – ad una riduzione del 90% di sostanze inquinanti.

Il cloruro di idrogeno (HCI), un gas tossico incolore e altamente corrosivo è così passato da 8400 tonnellate emesse dal Paese nel 1985 alle 60 tonnellate nel 2007.

Stessa cosa per gli ossidi di zolfo (SOx), responsabili delle piogge acide, che si sono notevolmente ridotti, e per il piombo, che negli ultimi anni ha registrato un notevole decremento.

Ma la cosa non convince del tutto. Secondo il Centro Nazionale sui rifiuti (associazione francese di informazione indipendente), “l’istituto nazionale di monitoraggio insiste sul fatto che – per misurare gli effetti degli inceneritori attualmente attivi sul territorio e i risultati delle norme applicate– bisognerà attendere un periodo di almeno 5-10 anni e tuttavia i rischi non sono affatto evitati. Il rafforzamento di norme e divieti mostra che è impossibile garantire l’innocuità del processo di incenerimento, perché implica tantissime reazioni chimiche“.

E allora torna a farsi sentire la coperta troppo corta: in attesa che la raccolta differenziata raggiunga percentuali significative, meglio tenersi i rifiuti e l’emergenza discariche o l’inquinamento e l’impatto ambientale dei cosidetti “termovalorizzatori”?

Verdiana Amorosi

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