Dichiarato stato di emergenza dopo la fuoriuscita di tonnellate di petrolio nell’Artico

Nuovo disastro ambientale nell'Artico. Si è verificata una grossa fuoriuscita di petrolio da una centrale elettrica nella città industriale di Norilsk

Nuovo disastro ambientale nel delicato ecosistema dell’Artico. Si è verificata una grossa fuoriuscita di petrolio da una centrale elettrica nella città industriale di Norilsk. Putin ieri ha dichiarato lo stato d’emergenza ma alla base del disastro potrebbero esserci anche i cambiamenti climatici.

E’ corsa contro il tempo per limitare i danni, tentando di arginare il petrolio che si sta disperdendo nelle acque del fiume Ambarnaya. Purtroppo la notizia è trapelata solo vari giorni dopo l’incidente, per questo la situazione è ancora più grave.

Secondo quanto ha riferito il comitato investigativo e confermato dai proprietari dell’impianto, uno dei serbatoi di carburante di una centrale elettrica nella remota regione industriale ha perso pressione il 29 maggio provocando la fuoriuscita di oltre 20.000 tonnellate di carburante e lubrificanti. Gran parte di essi sono finiti nel fiume Ambarnaya.

In una riunione del governo per discutere della fuoriuscita, Putin ha dichiarato di essere scioccato nello scoprire che le autorità locali avevano appreso dell’incidente dai social media solo due giorni dopo che era successo e ha rimproverato il governatore della regione Alexander Uss in diretta televisiva, come riportato dalla BBC. Ieri Putin ha dichiarato lo stato di emergenza nella città artica di Norilsk ma spera di estenderlo a tutto il territorio nazionale per facilitare e velocizzare le operazioni di pulizia.

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Purtroppo ci vorranno anni prima che il fiume dell’Artico possa riprendersi dalla fuoriuscita. Si parla di 15.000 tonnellate di prodotti petroliferi penetrati nel sistema fluviale di cui 6.000 nel sottosuolo.

Come mostrano le immagini, il fiume è diventato una distesa di acqua cremisi. Norilsk, una remota città di 180.000 abitanti situata a 300 chilometri all’interno del circolo polare artico, è costruita attorno a Norilsk Nickel, il principale produttore mondiale di nichel e palladio. La compagnia si è difesa spiegando che sta facendo tutto il possibile per chiarire le cause della fuoriuscita e ha portato alcuni specialisti di Mosca sul fiume per impedire che il petrolio si diffonda ulteriormente.

fiume artico

@ttelegraf

“Il 3 giugno sono stati rimossi 800 m3 di terreno contaminato e 262 tonnellate di gasolio sono state pompate nel distretto di TPP-3. Gli specialisti della filiale settentrionale del Marine Rescue Service hanno raccolto 78 tonnellate di gasolio dalla superficie del fiume Ambarnaya” spiega la società.

Secondo quanto riferito dai media, a essere contaminata è un’area di 350 kmq. Non è la prima volta che Norilsk Nickel è coinvolta in fuoriuscite di petrolio. Nel 2016, ha ammesso che un incidente in uno dei suoi impianti è stato responsabile dell’inquinamento di un fiume nelle vicinanze.

Non solo il fiume Ambarnaya. A  rischio è tutta la rete dei fiumi siberiani e si teme che sia stato il permafrost all’origine dell’incidente. Secondo alcune ipotesi, lo scioglimento dei ghiacci dovuto ai cambiamenti climatici avrebbe favorito il cedimenti dei pilastri che avevano resistito per decenni secondo Norilsk Nickel.

Come ha detto da Sergey Dyachenko, top manager dell’azienda, tra le potenzialo cause dell’incidente potrebbe esserci un disgelo del suolo.

“Possiamo supporre che il permafrost potrebbe essersi scongelato a causa di temperature anormalmente miti, che hanno portato a una parziale subsidenza dei supporti su cui si trova il serbatoio”.

Fonti di riferimento: BBC, Nornickel

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