Antibiotici per il bestiame, scoperto effetto collaterale terribile sui terreni

Diversi fattori contribuiscono alla distruzione delle comunità microbiche nel terreno, inficiando la loro capacità di intrappolare CO2

Diversi fattori contribuiscono alla distruzione delle comunità microbiche presenti nel terreno, inficiando la loro capacità di intrappolare anidride carbonica

Il terreno è casa di diverse comunità microbiche che svolgono funzioni importantissime: veicolano nutrienti, supportano l’agricoltura, intrappolano l’anidride carbonica presente nell’atmosfera (contrastando così l’aumento delle temperature). Si stima che, globalmente, circa l’80% delle riserve di diossido di carbonio della Terra siano stoccate nel terreno: a causa del cambiamento climatico e di altre attività antropiche che condizionano le comunità microbiche, questo importante deposito di carbonio è a rischio.

Un team di ecologi statunitensi ha provato ad investigare in modo simultaneo gli effetti dell’aumento delle temperature e dell’uso di un comune antibiotico sui microbi che vivono nel suolo: è emerso che calore eccessivo e antibiotici distruggono le comunità microbiche, danneggiando l’efficienza del suolo, la resilienza allo sfruttamento ma, soprattutto, l’abilità del terreno di intrappolare CO2. L’antibiotico preso in considerazione dagli scienziati è il Monensin, selezionato perché molto comune, economico, facile da usare e largamente utilizzato negli allevamenti intensivi di bovini, dove non necessita neppure di autorizzazione veterinaria. Come la maggior parte degli antibiotici, anche il Monenesin è scarsamente metabolizzato dagli animali: buona parte del farmaco è ancora biologicamente attiva quando viene rilasciata nell’ambiente grazie al letame.

I ricercatori hanno raccolto campioni di terreno da un’area protetta nel nord dell’Idaho, lontano da allevamenti intensivi: l’area è ricoperta da vegetazione incolta, che cresce in modo spontaneo senza bisogno di utilizzare il letame come fertilizzante. I campioni sono stati poi trattati con dosi diverse di antibiotico (dosi elevate, dosi minime e assenza totale di antibiotici) e tenuti in incubazione per 21 giorni a tre diverse temperature (15°C, 20°C e 30°C, a simulare la variazione delle temperature dovuta alle stagioni, con in aggiunta una temperatura limite ipotizzata in conseguenza del riscaldamento globale). Per ogni campione raccolto e sottoposto al test, il team ha monitorato diversi parametri – quali la respirazione del suolo, l’acidità, la composizione della comunità microbica, la presenza di nutrienti nel terreno, l’interazione fra i microbi.  

È emerso che, all’aumentare della temperatura e in presenza di maggiori quantità di antibiotici, i microbi muoiono, sostituiti dai funghi. La sola presenza di antibiotici aumenta la disponibilità di carbonio nel suolo e riduce l’efficienza microbica, mentre il solo aumento delle temperature aumenta la respirazione del suolo ma diminuisce la presenza di carbonio (questo potrebbe portare, nel lungo periodo) ad una riduzione nella capacità del terreno di trattenere CO2). L’aumento delle temperature esaspera gli effetti degli antibiotici, con l’emergere di diverse comunità microbiche a seconda delle temperature testate: più alte sono le temperature, meno saranno le comunità di microrganismi presenti.

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Fonte: Soil Biology and Biochemistry

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