La Teoria di Charles Darwin compie 165 anni, cosa afferma la teoria sull’evoluzione

Il 24 novembre del 1859 il naturalista inglese Charles Darwin pubblica il celebre saggio ‘L’origine delle specie’, la teoria sull’evoluzione che porta da allora il suo nome e che, sfidando le concezioni metafisiche e scientifiche dell’epoca, afferma che le specie viventi non sono immutabili, ma si evolvono con un meccanismo di selezione naturale che dipende dalla loro capacità di adattarsi all’ambiente circostante

165 anni fa, esattamente il 24 novembre del 1865, Charles Darwin, naturalista inglese, dopo anni e anni di osservazioni, pubblica il saggio ‘L’origine delle specie’, con il quale sostiene che le specie viventi non sono immutabili, ma si evolvono con un meccanismo di selezione naturale che dipende dalla loro capacità di adattarsi all’ambiente circostante. 165 anni nasce quindi la più importante teoria sull’evoluzione, che ha sfidato le concezioni metafisiche e scientifiche di quel tempo.

Cosa afferma la Teoria dell’evoluzione di Darwin

Siamo in un’epoca ove è ancora piuttosto radicato il concetto metafisico secondo cui la vita sulla Terra è stata creata da un essere superiore, che ha anche il potere di interromperla. Per cui le specie sono “immutabili” fino a contrordine dell’alto.

Tuttavia iniziano ad affacciarsi alcune teorie scientifiche, la più famosa è di certo quella di Jean-Baptiste de Lamarck, nota come la prima teoria evoluzionista della storia: lo studioso pubblica la sua ‘Philosophie zoologique’ nel 1809, sostenendo come piante e animali siano sotto pressioni ambientali e abbiano un certo ruolo attivo nelle loro modificazioni.

Lamark sostiene in altre parole che alcune condizioni ambientali “impongono” agli organi di trasformarsi per sopravvivere, trasmettendo poi tali trasformazioni alle generazioni successive, che quindi sono sempre più adatte all’ambiente circostante.

Ma a Darwin probabilmente tutto questo non convince, tanto che, dopo anni e anni di osservazioni (le più famose presso le isole Galapagos), sostiene un concetto per alcuni aspetti simile, ma in realtà profondamente diverso.

Le specie viventi – afferma infatti il naturalista inglese – vivono in ambienti che influenzano la loro sopravvivenza, e quindi in certo senso sono sotto pressioni ambientali. Ma – e questa è la grande differenza – non “decidono” se e come modificarsi per sopravvivere.

Durante la riproduzione, infatti, possono avvenire mutazioni casuali e sono queste a determinare l’adattamento della specie: in altre parole, se ad un certo punto nasce un individuo con qualche caratteristica che si adatta meglio all’ambiente circostante in cui vive, sarà più probabile che sopravviva e quindi che trasmetta tale caratteristica alla progenie.

È la teoria della selezione naturale che, nonostante ogni tanto qualcuno sostenga la sua non veridicità, è in realtà ancora oggi la teoria fondamentale dell’evoluzione.

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Nel suo testo Darwin, contrariamente a quanto si pensi, ha portato moltissime prove scientifiche a sostegno di questa teoria. Ma soprattutto, gli studi successivi sul DNA, anche molto recenti, continuano a confermare quanto lui scritto 165 anni fa.

La selezione naturale e l’impatto dell’uomo sull’ambiente

La teoria di Darwin, soprattutto in questi tempi, porta ad una profonda riflessione sull’impatto dell’uomo sull’ambiente. Siamo infatti una specie come moltissime altre sulla Terra, ma siamo in grado di condizionare l’ambiente più di ogni altra.

Potremmo fare moltissimi esempi, dal rinoceronte bianco settentrionale, dichiarato estinto nel 2018 con l’ultimo esemplare in cattività, alla tigre di Giava, scomparsa nel ’79, come moltissimi altri esempi tipici di un condizionamento ambientale imposto dall’uomo.

Il quale, tra cambiamenti climatici dovuti alle sue attività, nonché ad azioni proprio dirette alle specie (come pesca eccessiva, bracconaggio, distruzione di habitat a proprio vantaggio), modifica l’ambiente in modo devastante.

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Un recente studio condotto dall’Università Nazionale Autonoma del Messico e dall’Università di Stanford (Usa) ha rivelato l’impatto disastroso dell’attività umana sulla biodiversità terrestre, dimostrando che l’uomo ha provocato un vero e proprio sterminio biologico, portando all’estinzione di ben 73 generi di animali vertebrati dal 1500 ad oggi, che avrebbe richiesto 18.000 anni per verificarsi senza l’intervento umano.

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Se questa è selezione naturale.

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