Pesca illegale di cetrioli di mare, scattano 17 arresti a Taranto

Maxi operazione condotta dalla Guardia Costiera di Taranto: 17 arresti per pesca abusiva di cetrioli di mare, specie a rischio estinzione

Sferrato duro colpo ai pescatori abusivi di oloturie, comunemente note come “cetrioli di mare”. Questa mattina la Guardia Costiera di Taranto ha portato a termine una maxi operazione, smantellando un’organizzazione criminale che pescava illegalmente le oloturie nelle acque pugliesi per rivenderle a caro prezzo. In totale sono 17 le ordinanze di custodia cautelare disposte dal Gip del Tribunale di Taranto.

Agli indagati viene contestato anche il reato di disastro ambientale (con l’aggravante dell’associazione), dato che la specie – il cui nome scientifico è Holothuroidea – pescata abusivamente riveste un ruolo centrale per l’equilibrio del nostro delicato ecosistema marino.

Il business delle oloturie (preziose per gli ecosistemi marini)

Purtroppo il commercio di cetrioli di mare è un’attività (vietata nel nostro Paese) che fa gola a tanti. Sul mercato, infatti, il valore di questa specie può arrivare anche alla cifra di 300 euro al chilo e il giro d’affari appena scoperto era di ben 4.500.000 di euro. I cetrioli di mare sono ricercatissimi in diversi Paesi esteri, in particolare in Cina dove vengono venduti a cifre da capogiro (oltre 500 euro al chilo) e vengono impiegate anche nell’industria cosmetica.

Con la crescente richiesta del mercato asiatico sono aumentati i casi di pesca abusiva che hanno impoverito i nostri mari. Le oloturie vivono sui fondali marini e agiscono come dei veri e propri “spazzini”. Questi piccoli organismi invertebrati, infatti, riciclano le sostanze nutritive presenti nei sedimenti e nella materia organica di cui si nutrono, distruggendola e scomponendola proprio come fanno i lombrichi sulla terra. Una volta espulsa dall’apparato digerente questa materia “trattata” si trasforma in nutrimento per le alghe e i coralli.

La pesca abusiva delle oloturie comporta un gravissimo danno alla biodiversità presente nei tratti di mare interessati, nonché l’alterazione grave ed irreversibile dell’ecosistema marino – ha sottolineato qualche tempo fa la presidente Rosalba Giugni dell’associazione Marevivo – Ricordiamo che l’ecosistema marino produce più del 60% dell’ossigeno che respiriamo, assorbe un terzo dell’anidride carbonica, uno dei gas responsabili dei cambiamenti climatici, e rappresenta il 98% del territorio dove è presente la vita. Ma perché tutto ciò avvenga è necessario preservare l’equilibrio dell’ecosistema marino tutelando dal più grande cetaceo al più piccolo essere vivente.

La tutela di questi straordinari animali marini è stata fortemente voluta dall’associazione nazionale Marevivo, grazie al cui impegno è stato approvato un decreto che ne vieta la pesca nel nostro Paese, divieto rinnovato anche quest’anno.

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Fonti: Ansa/Marevivo Onlus

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