Le microplastiche stanno devastando le specie che fertilizzano il suolo (e il loro divieto è ancora lontano)

Le microplastiche inquinano gravemente anche il suolo contaminando anche gli esseri viventi che lo popolano e la rete alimentare

Non solo l’acqua. Le microplastiche inquinano gravemente anche il suolo contaminando anche gli esseri viventi che lo popolano. Un nuovo studio condotto in Cina ha rivelato un altro inquietante aspetto legato ai rifiuti in plastica. L’inquinamento da microplastiche provoca danni significativi alle popolazioni di acari, larve e altre minuscole creature che garantiscono la fertilità della terra.

Le microplastiche sono davvero ovunque. Sebbene sia stato dimostrato che influenzino fortemente gli organismi negli ambienti acquatici, si sa meno su come possano colpire altre specie non marine, ad esempio nel suolo. Non è chiaro se questi effetti possano ricadere nelle reti alimentari del suolo ma conducendo un esperimento di manipolazione della microplastica, cioè aggiungendo frammenti di polietilene nel suolo, gli scienziati hanno scoperto che l’aggiunta di microplastica influenzava in modo significativo la composizione e l’abbondanza delle comunità di microartropodi e nematodi.

La ricerca conferma i timori avanzati già da altri studi sulla perdita di fertilità del suolo:

Lo studio

Lo studio rileva che buste, bicchieri, cannucce e altre tipologie di rifiuti di plastica che finiscono nell’ambiente sono concentrati più nella terra che negli oceani, con conseguenze altrettanto disastrose per l’abbondanza di specie che vivono nel suolo. Acari, nematodi e altre forme di microartropodiappena visibili all’occhio umano, svolgono un ruolo essenziale nel riciclaggio del carbonio e dell’azoto e nella scomposizione della materia organica in batteri utili.

Ma essi sono sempre più minacciati dai rifiuti sintetici a base di petrolio. Il nuovo documento, pubblicato su Proceedings of the Royal Society, ha rilevato che l’umanità ha prodotto 6,3 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica dal 1950, di cui il 79% si è accumulato nelle discariche o si è riversato nell’ambiente naturale.

Gli autori hanno condotto il primo studio sul campo su come ciò possa influenzare la presenza di microartropodi, nematodi e microrganismi come funghi e batteri.

Per la ricerca hanno diviso un appezzamento di terreno subtropicale a Jinfoshan, in Cina in sei blocchi, ciascuno contenente quattro aree di prova. Ogni area è stata deliberatamente contaminata con quattro diverse densità di frammenti di polietilene: 0, 5, 10 e 15 grammi per metro quadrato. Dopo aver lasciato la plastica penetrare nel terreno per 287 giorni, i ricercatori hanno raccolto 5 campioni e ha contato le specie trovate all’interno.

Al livello più alto di contaminazione da plastica, hanno notato una diminuzione significativa delle specie più comuni, gli acari oribatidi (in calo del 15%) e un calo ancora maggiore di altri tre artropodi: larve di ditteri (mosche) (meno del 30%), lepidotteri (falena e farfalla) larve (meno del 41%) e imenotteri (meno del 62%) – rispetto al gruppo di controllo. Anche tra i nematodi è stata riscontrata una riduzione del 20%.

Tutte queste creature, piccole e apparentemente insignificanti, svolgono un ruolo fondamentale per la vita sulla Terra ma secondo gli scienziati le conseguenze sono molto gravi anche sulla catena alimentare:

“Gli effetti delle microplastiche si propagano fortemente attraverso le reti alimentari del suolo, portando alla modifica del funzionamento microbico con ulteriori potenziali conseguenze sul ciclo del carbonio e dei nutrienti nel suolo. I nostri risultati evidenziano che tenere conto degli effetti delle microplastiche a diversi livelli trofici è importante per chiarire i meccanismi alla base degli impatti ecologici dell’inquinamento microplastico sul funzionamento del suolo” spiegano gli autodi dello studio.

Anche se saranno necessari ulteriori studi a diverse profondità e in altri ambienti, gli autori dalla ricerca hanno lanciato comunque un messaggio chiaro ai responsabili politici e a noi consumatori: occorre ridurre l’uso della plastica ed evitarne la dispersione perché ciò potrebbe provocare conseguenze ecologiche sulle comunità del suolo e sul ciclo biogeochimico negli ecosistemi terrestri.

Microplastiche Ue: si allungano i tempi per il divieto

Politica che sembra proprio andare verso tutt’altra direzione. Si teme infatti che il divieto di utilizzo delle microplastiche in cosmetici e detergenti non sia valido prima del 2030 in Europa nonostante l’annuncio nel 2018 e la possibile conversione in legge nel 2022. Si è appeni è conclusa la consultazione sul parere dell’agenzia Ue, che ha visto coinvolte associazioni di categoria dell’industria chimica e cosmetica.

L’Agenzia europea per le sostanze chimiche ha proposto di vietare tutte le microplastiche aggiunte a cosmetici, vernici, detergenti e quasi tutti gli altri prodotti di consumo e commerciali. Il divieto impedirebbe a 10.000-60.000 tonnellate di plastica di fuoriuscire nell’ambiente ogni anno. Rispetto alla plastica che si frantuma su spiagge, fiumi, terra o vomita dalle nostre lavatrici, si tratta della punta dell’iceberg ma 60.000 tonnellate all’anno non sono poche. Ma secondo l’European Environmental Bureau, l’Agenzia ha escluso dal divieto molti settori, senza contare che con i tempi lunghi, anche se la legge entrerà in vigore nel 2022 in alcuni casi serviranno anni prima di vedere un reale cambiamento.

A questi ritmi lenti,

“l’iniziativa dell’UE ridurrà l’inquinamento da microplastica solo della metà nel 2028 e del 90% entro il 2030.”

L’ultimo ciclo di consultazione pubblica sul divieto delle microplastiche si è appena concluso. Ora toccherà ai governi degli Stati membri votare nel 2021 e dare il via libera alla legge che dovrebbe entrare in vigore all’inizio del 2022.

Fonti di riferimento: Proceedings of the Royal Society, Echa, The Guardian

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