Hollywood costretta a pagare i danni inflitti all’ecosistema di Maya Bay, distrutto con le riprese di “The Beach”

Dopo vent'anni di controversie legali, la 20th Century Fox sarà costretta a pagare per i danni inflitti alla spiaggia di Maya Bay, dove nel 1999 fu girato il film "The Beach"

Era il lontano 1999 quando un giovane Leonardo DiCaprio interpretava il ruolo di protagonista in The Beach, un thriller ad alta tensione ambientato su un’isola deserta popolata da palme e altri alberi tropicali: Maya Bay, in Thailandia.

Un vero e proprio paradiso naturale che, per essere trasformato in set cinematografico e adattato alle esigenze della produzione hollywoodiana, fu completamente distrutto. Furono sradicati cespugli spontanei che rendevano la spiaggia antiestetica, ma che svolgevano un importantissimo ruolo nel contrastare l’erosione costiera.

I cespugli furono sostituiti da palme portate lì apposta per il film – del resto, su una spiaggia tropicali il pubblico si aspettava di vedere delle palme. Infine, l’intera spiaggia fu livellata e allargata attraverso l’appiattimento di dune naturali e lo sradicamento di alberi.

Alla fine delle riprese, la produzione ha cercato di riportare la spiaggia al suo stadio originario ma, si sa, ripristinare un ecosistema non è come rimettere apposto i soprammobili sulla libreria. Dopo mesi trascorsi nelle serre, gli arbusti spontanei erano ormai morti e non svolgevano più la loro funzione protettiva.

Anche le dune sono state “ricostruite” e punteggiate con recinsioni in bambù, ma si è trattato anche in questo caso di un intervento posticcio praticamente inutile. In pochi mesi, la spiaggia priva di protezioni naturali è stata erosa dalla furia del mare e la sabbia bianchissima di un tempo è semplicemente sparita.

Oltre ai danni provocati direttamente dalla produzione del film, si sono aggiunti quelli connessi al turismo: in questi anni, centinaia di migliaia di cinefili e appassionati si sono recati a Maya Bay per visitare il set del film – facendo il bagno nel mare antistante la spiaggia, portandosi a casa manciate di sabbia come souvenir, arrivando con gommoni e imbarcazioni. La situazione non ha fatto altro che peggiorare.

Al di là delle controversie legali che nel frattempo sono sorte fra la 20th Century Fox (casa produttrice del film) e il governo thailandese per i danni inflitti a Maya Bay, nel 2018 la spiaggia è stata definitivamente chiusa ai turisti perché l’ecosistema era troppo compromesso e non era più in grado di sostenere il peso di un turismo così sconsiderato.

Meno di sei mesi dopo la chiusura della spiaggia, sono tornati a farsi vedere nelle acque antistanti gli squali pinna nera, fino ad allora troppo spaventati per farsi avanti. Gli attivisti ambientali hanno ripiantato i coralli nella barriera e questo ha attirato nuovamente nutriti banchi di pesci – e anche animali rari, come il granchio Puu Kai.

Dopo quasi quattro anni di “pausa” (complice anche la pandemia che ha limitato la possibilità di viaggiare) in cui la spiaggia ha avuto la possibilità di rigenerarsi e l’ecosistema si è ripristinato, Maya Bay ha riaperto ai turisti all’inizio di quest’anno – ma con nuove regole molto più stringenti, per evitare che il disastro ambientale potesse ripetersi.

Non è più possibile arrivare con la barca direttamente sulla spiaggia, ma è stato disposto un apposito molo di attracco in cui non potranno sostare più di otto imbarcazioni contemporaneamente (che non possono rimanere per più di un’ora).

Sulla spiaggia l’afflusso di persone è limitato ad un massimo di 375 presenze: sono comunque tante, ma certamente meno delle 6.000 che si registravano prima della chiusura – e le autorità affermano che un tale numero è sostenibile per l’ecosistema. Infine, non ci si potrà immergere nelle acque cristalline di Maya Bay né tantomeno nuotare.

Ma non solo: proprio nei giorni scorsi è arrivata la sentenza che il Governo thailandese stava attendendo da due decenni, che obbliga la casa produttrice del film The Beach a pagare un risarcimento di 10 milioni di baht (circa 273.000 dollari) per i danni inflitti alla spiaggia e dal turismo derivante dal film.

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Fonte: The Guardian

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